Concetta lavorava per la “Befed Brew Up”, una catena di ristorazione, come addetta alle pulizie. Qualche mese fa, la direzione ha deciso di ridurre i costi e di appaltare le pulizie dei locali ad una cooperativa esterna (limitare le spese aziendali sulla pelle dei lavoratori è ormai pratica comune) e così, a gennaio, dopo circa dieci anni di servizio, la donna è stata licenziata.
Si trovava all’Inps perché, da tempo, era in attesa di alcuni arretrati della Naspi: per chi non lo sapesse, la “Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego” è l’indennità di disoccupazione che, in seguito alla legge Fornero, è andata a sostituire anche il trattamento di mobilità spettante ai lavoratori che hanno subito procedure di licenziamento collettivo.
Quest’indennità è erogabile per una durata di 24 mesi, e arriva ad un importo massimo di 1.300 euro, che si riduce del 3% mensile a partire dal quarto mese di erogazione.
È a causa delle difficoltà nell’ottenere questo sostegno al reddito necessario per vivere, che concetta ha cercato di uccidersi, dandosi fuoco in un ufficio dell’Inps di #torino. La donna, attualmente, è ricoverata presso il centro grandi ustionati del CTO.
In Italia perdere il lavoro significa essere condannati alla miseria, così come avere 46 anni, essere donna e disoccupata, vuol dire non avere quasi più speranze. Anni di “politiche sul lavoro”, con esaltazione della flessibilità, della competitività, l’emanazione del jobs-act che ha definitivamente cancellato ogni tutela e diritto a chi lavora, la legge Fornero, la totale mancanza di un aiuto reale e concreto verso quelle che vengono definite “fasce deboli”, termine dietro il quale vi sono persone che vivono, lavorano e sono le prime vittime del taglio degli ammortizzatori sociali, sono tutti fattori che stanno alla base di tragedie come quella accaduta a Torino.
I drammi causati dalla disoccupazione e dal crescente impoverimento della maggior parte delle persone nel nostro paese sono evidenti da tempo, non solo negli eventi più tragici.
Gli sfratti per morosità sono aumentati del 3,2 % e, secondo i dati rilasciati dal Ministero dell’Interno, ci sono state in Italia 158.720 richieste di esecuzione di sfratto. Essere disoccupati, oggi, vuol dire perdere, oltre il lavoro e il reddito, anche il diritto di avere un tetto sopra la testa. Nel comparto sanitario sono in costante crescita le persone che rinunciano alle cure per motivi economici – 12 milioni solo nell’ultimo anno – come è emerso dai dati presentati dal Censis.
La precarietà lavorativa, la perdita di una casa, le difficoltà di potersi curare in un paese in cui, da anni, è in corso una “macelleria sociale”, in un paese in cui è scomparsa la solidarietà e il legame tra le classi povere, molto (troppo spesso) sfociano in eventi tragici.
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