Il campo di Cona che si trova in provincia di Venezia è diventato una discarica umana e un vero problema per i richiedenti asilo, le cui condizioni di vita sono molto precarie e che vivono Cona come un inferno.
Più di 1.400 richiedenti asilo vivono all’interno di 10 tendoni costruiti dalla cooperativa che gestisce il campo, in un numero che va dai 100 ai 150 per ogni tendone a seconda delle dimensioni.
Molti di noi sono qui da più di un anno in attesa di regolarizzazione e senza nessuna integrazione: non sono neppure 50 quelli che riescano a capire e parlare l’italiano.
La carenza di aule e di insegnanti è un problema reale che rallenta la nostra integrazione.
All’interno del centro ci sono troppi serpenti, insetti e zanzare e ci sono carenze igieniche a causa del sovraffollamento. Il numero di bagni è insufficiente e anche le condizioni sanitarie sono critiche per la presenza di una sola infermeria per oltre 1400 persone.
Va ricordato che fu in questo centro che Sandrine Bakayoko, una giovane ivoriana di 25 anni, venne ritrovata morta in una toilette, il 2 gennaio 2017. In quella data nel campo eravamo quasi 1.500, in una struttura in cui potevano essere ospitate, secondo diverse fonti, al massimo 542 persone.
Inoltre ci sono molte lentezze da parte della commissione che deve esaminare le richieste d’asilo e spesso il permesso di soggiorno di sei mesi scade prima dell’esame da parte della commissione, ma per rinnovarlo ci sono ulteriori lentezze, con il risultato che molti di noi sono privi di documenti validi. Tutto questo si traduce in un ulteriore ritardo nel trasferimento dei richiedenti asilo verso i centri urbani.
E’ anche da chiarire che il cosiddetto “pocket money” che percepiamo è di 2,50 euro al giorno. Questi soldi ci vengono dati ogni due settimane (35 euro le prime due settimane, 40 euro le seconde due) e nella maggior parte dei casi viene utilizzato per l’acquisto di vestiti e cibo di buona qualità.
Inoltre queste persone in fuga dai conflitti, dalle guerre, dall’ingiustizia, dall’insicurezza, che cercano di trovare rifugio in un Paese come l’Italia in cui vengono rispettati i diritti, si vedono invece ancora una volta private dei propri diritti da parte della cooperativa che gestisce il campo di Cona.
La cooperativa tenta di farci credere che noi non siamo benvoluti dalla popolazione italiana e soprattutto che la responsabilità della situazione sia tutta della Prefettura di Venezia, cosa che noi crediamo non sia vera.
Per tutti questi motivi abbiamo organizzato assieme a USB manifestazioni pacifiche , come quella del 20 giugno scorso a Venezia, per attirare l’attenzione dei cittadini e delle autorità sui molti problemi con cui ci confrontiamo.
Noi chiediamo con umiltà al governo italiano la chiusura di questa discarica di esseri umani che è il campo di Cona, non solo per dare una migliore accoglienza ai rifugiati, ma anche per mostrare una buona immagine dell’Italia che noi comunque pensiamo sia un Paese di diritto, di pace e di democrazia.
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