La domanda del titolo è provocatoria, ma pertinente. In un’incredibile “opinione” pubblicata sul Corriere della Sera, il redattore economico Federico Fubini si lancia in un’analisi delle ragioni “strutturali” alla base dello stupro compiuto da due carabinieri in servizio ai danni di due studentesse americane, peraltro palesemente non in grado di intendere e volere.
Al contrario di quel che vanno dicendo i due carabinieri negli interrogatori davanti al magistrato (“non ci eravamo accorti che erano ubriache”), infatti, “quattro ore dopo il rapporto sessuale il loro tasso alcolemico era ancora di rilevante quantità” (sempre sul Corsera, a firma di Fiorenza Sarzanini).
Le modalità dell’avvicinamento e poi dello stupro lasciano addirittura la sensazione che il comportamento dei due carabinieri fosse una replica di un format abituale: “entrambi sono entrati nella discoteca Flo e si sono intrattenuti con le due ragazze. Poi le hanno accompagnate a casa”. E ovviamente ognuno sa che una pattuglia dell’Arma, con tanto di auto di servizio, entra in un locale pubblico sono in seguito a chiamate d’allarme specifiche (risse, aggressioni, rapine, spaccio, ecc). In pratica, erano “a caccia” di un’occasione, non di ronda per evitare reati.
Tutto questo per dire che Fubini, se avesse voluto davvero capire cosa era successo a Firenze e dunque le ragioni “strutturali” sullo sfondo di un evento inaspettato (uno stupro compiuto dalle “forze dell’ordine”, in teoria preposte ad evitarlo), avrebbe potuto facilmente saperlo dalla sua collega. Così, tanto per evitarsi di scrivere usando solo la fantasia o, peggio ancora, un pregiudizio da economisti neoliberisti.
Leggiamolo: “Le due ragazze americane hanno accettato il passaggio dei carabinieri per un semplice motivo: non avevano un altro modo per rientrare da sole. Firenze è una di quelle città italiane dove a volte trovare un taxi sembra impossibile e quella notte tutto è iniziato così”.
Non è iniziato così e un giornalista dovrebbe documentarsi bene. Ma a Fubini non interessa granché la dinamica di questo specifico stupro, giusto quanto basta per condurre la sua battaglia pro-privatizzazioni e liberalizzazioni (i taxi, sono già privati; l’unico intervento pubblico riguarda la concessione delle licenze, secondo criteri e quantitativi ovviamente variabili e sempre discutibili). Il suo bersaglio è la mobilità urbana, e in particolare il servizio taxi; e infatti non accenna neppure alla necessità di un trasporto pubblico notturno, come si usa o si usava fare in città vacanziere nei periodi di alta stagione, quando di notte gira più gente che di giorno. Va direttamente al “suggerimento” pro-liberalizzazioni.
“Forse perché i dirigenti dei due grandi sindacati dei tassisti vengono da Firenze (Claudio Giudici di Uritaxi, Roberto Cassigoli di Cgil Taxi), qui chi possiede una licenza appare particolarmente agguerrito. Uber aveva aperto a inizio 2016, ma dopo sei mesi ha gettato la spugna. Gli autisti lo stavano abbandonando: venivano continuamente denunciati dai tassisti alla polizia municipale, che li fermava in servizio, controllava i documenti loro e dei clienti, quasi fossero pericolosi sospetti.”
Sorvoliamo sul clima da caccia alle streghe descritto da Fubini, quasi che tutti i vigili urbani di Firenze, e dunque la giunta dell’orrido Nardella, fossero al servizio esclusivo di 780 tassisti (lo “strapotere delle corporazioni” difficilmente può aspirare a tanto…). Il punto è infatti un altro: “Uber a Firenze era sommerso di richieste dei turisti, ma non riusciva a farvi fronte. Avesse funzionato, alle due americane sarebbe bastato un tocco sullo smartphone per andare a dormire sane e salve.”
E’ noto che Uber è solo una piattaforma che collega persone che hanno bisogno di un passaggio pagato e altre persone disposte a darglielo. Persone registrate sulla piattaforma, dunque schedate e riconoscibili al momento dell’”offrirsi” per il passaggio. Chiunque può registrarsi e non gli viene chiesto il curriculum, tantomeno il certificato penale e i precedenti. Certo, l’idea di essere schedati dovrebbe dissuadere un malintenzionato dall’aggredire una o più donne accolte nella propria auto, ma ancor più questa consapevolezza avrebbe dovuto attraversare la testa di due carabinieri con una certa esperienza di servizio (il capopattuglia, Marco Camuffo, ha 50 anni…). Dunque l’esser registrati su Uber non è una garanzia maggiore dell’esser stati selezionati per fare il carabiniere, semmai molto minore.
A Fubini non interessa neppure questo. Lui deve solo suggerire all’incauto lettore che “privatizzare e liberalizzare è sempre la cosa migliore, anche per ridurre gli stupri”.
E’ un vero peccato che questa ossessione offuschi considerazioni invece molto interessanti sulle modificazioni strutturali – queste sì – del paesaggio urbano come conseguenza diretta di un’evoluzione del capitalismo attuale, che punta tra l’altro sulle piattaforme (AirBnb, Home to Go, ecc) che permettono di “mettere a valore” beni personali (casa, automobile, ecc). Ma contemporaneamente svuotano il panorama urbano eliminando piccoli esercizi commerciali, in sintonia involontaria con la massiccia invadenza della grande distribuzione.
Avesse sviluppato la sua riflessione, Fubini avrebbe magari potuto cogliere lampi illuminanti sulla “perdita di senso” che colpisce una larga fetta di quello che una volta era ceto medio per eccellenza – piccola borghesia urbana, artigiani, ecc – e ora si ritrova a tentare di far quadrare il bilancio familiare sfruttando il patrimonio “immobilizzato”. Nonché lo svuotamento della scala dei valori che colpisce tutti quanti, ridotti a singolarità smarrite in un mondo che sfugge alla comprensione dei singoli, tutti incollati agli schermi di un pc o di uno smartphone al punto da ignorare chiunque ci stia vicino.
Mutamenti davvero epocali, ma che discendono dalla libertà assoluta conquistata dal capitale (ogni capitale nella misura della propria dimensione…), non certo dai residui di “vecchio mondo” che ancora, inutilmente, persistono.
Se Fubini avesse voluto aiutare a riflettere davvero in grande, invece di usare uno stupro per un obbiettivo così triste, si sarebbe probabilmente risparmiato questa figuraccia da maggiordomo cinico, pro Uber o equivalenti.
Com’è ridotto male, il “grande giornalismo italiano”….
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Gaetano Bresci
Completamente pretestuoso il riferimento a Uber, e anche sinistramente fuori luogo, visto che in giro per il mondo gli autisti di Uber, schedati o meno, si sono spesso resi protagonisti di violenze sessuali nei confronti di passeggeri. Basta un giretto per il web per rendersi conto che e’ molto piu’ alta la probabilita’ di essere violentata da un autista di Uber che da un carabiniere.
* http://www.latimes.com/local/lanow/la-me-ln-uber-driver-charged-rape-passenger-20160317-story.html
* http://www.nydailynews.com/new-york/nyc-crime/uber-driver-rapes-manhattan-woman-falls-asleep-car-article-1.3423665
* http://www.huffingtonpost.com/2014/12/17/alejandro-done-boston-uber-driver-rapes-passenger_n_6344432.html
* https://www.nytimes.com/2017/06/15/technology/uber-india-rape-lawsuit.html
Paooo
Fortunatamente questo straccetto lo leggeranno solo i suoi parenti più intimi. Se deve sponsorizzare qualche società privata lo faccia con più stile, e qualche argomentazione con un minimo di pertinenza. Cordiali saluti
Mic
Ai lecca-padroni di professione come Fubini il concetto di vergogna risulta evidentemente incomprensibile…
Dambar
Che schifoso. Lui e i suoi committenti….
Manlio Padovan
Mai dare retta al corsera.
Ricordo che in Sicilia, dovrei rintracciare l’appunto che ho conservato ma richiederebbe tempo, i carabinieri portarono a spasso, forse a Palermo, l’ultimo rampollo dei delinquenti Savoia e allora nessuno proferì parola e nessuno si scandalizzò.
Anni fa; se non sbaglio dopo che permettemmo loro, meglio: permisero loro, di rientrare trionfalmente o quasi in Italia.