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Tortura o strumento contro la mafia? Una discussione sul 41bis

Un giovane compagno, Gennaro, ha inviato una lettera nella quale esprime perplessità su uno dei punti di programma di Potere al Popolo (quello sulla giustizia), in particolare sulla richiesta di abolizione dell’art.41 bis, cioè di quella misura di sospensione delle normali regole di trattamento dei detenuti introdotte con le leggi antimafia nel 1992.

La lettera merita di essere discussa per almeno due motivi:

  1. Almeno due generazioni, soprattutto nel Meridione, si sono avvicinate alla politica attraverso la lotta alla mafia. E’ evidente che nella cultura antimafia l’art.41bis sia stato sempre presentato come un architrave o quantomeno un “male necessario”.

  2. Diversamente, altre generazioni o altre culture politiche dentro i movimenti e la sinistra di classe, combattono da sempre le misure di trattamento differenziato nelle carceri che tanto somigliano alla tortura verso i detenuti, magari a quella lenta fatta di isolamento totale, deprivazione, stillicidio di misure restrittive.

E’ evidente come i compagni della redazione di Contropiano si riconoscano più nelle seconde. Abbiamo combattuto contro le carceri speciali e il trattamento differenziato introdotti dall’allora gen. Dalla Chiesa, abbiamo fatto le campagne per la chiusura del lager dell’Asinara e per l’abolizione dell’art.90 e dei braccetti nelle carceri speciali. Non possiamo che sostenere l’abolizione di una misura detentiva che, come tutte le misure emergenziali, invece di essere temporanea (tesa cioè a tagliare le reti, i collegamenti e le possibilità di comando dei boss mafiosi dal carcere), è via via diventata permanente fino a configurarsi come un modello di detenzione afflittivo e punitivo sistematico e senza limiti di tempo. Una logica in contrasto con ogni civiltà giuridica che rifiuti la tortura.

Qualcuno obietterà che l’art.41 bis è stato efficace nella lotta contro la mafia. Potremmo obiettare che l’indebolimento della mafia più violenta è stato sì ottenuto attraverso l’eliminazione dei vecchi boss ma soprattutto con la cooptazione dei “nuovi” nel sistema economico-legale dei grandi appalti (perfino nel Nord). La “trattativa” tra Stato e mafia a nostro avviso c’è stata eccome ed ha prodotto il risultato della piena integrazione della mafia nel sistema degli affari. Quasi miracolosamente sono cessati attentati, omicidi etc. mentre sono cresciute le infiltrazioni mafiose nelle grandi opere in tutto il paese, senza più le limitazioni geografiche della vecchia mafia. In secondo luogo è tristemente noto come l’art.41bis non viene applicato solo ai boss mafiosi ma anche ai prigionieri politici con misure inutilmente vessatorie.

Ma non vogliamo sfuggire al problema di merito posto da Gennaro nella sua lettera. Dunque l’art.41bis va abolito o no? A nostro avviso sì e va sostituito con un sistema di detenzione attenzionata, funzionale alla rottura dei legami dei boss della criminalità con le loro reti esterne. Dopo cinque anni di stretta osservazione, nessun boss è in grado di mantenere la sua autorità in un mondo fetido dove ascese e cadute sono rapide, violente e repentine. Dunque siamo apertamente contrari ad un art.41 bis convertitosi in misura punitiva permanente e aggiuntiva alla detenzione (spesso senza alcun fine pena previsto). La morte, ad esempio, di Totò Riina non ci ha affatto commosso, ma uno Stato che pratica l’accanimento fino alla fine non è nelle nostre corde. Non sempre il fine giustifica i mezzi, a meno di non voler assomigliare all’obiettivo che si dichiara di combattere.

La redazione

Qui di seguito la lettera di Gennaro

Il programma di “Potere al Popolo” tratta con efficacia la questione meridionale e la lotta alla criminalità organizzata. Attenzione particolare viene rivolta alle scuole, giustamente individuate come primo presidio contro il dilagare del fenomeno mafioso. Si auspica anche maggior partecipazione dello Stato nella vita sociale ed economica, proprio lì dove la mafia sta riempiendo la lacuna lasciata dalle istituzioni riuscendo a proliferare e ottenere consensi.

Bene, anzi benissimo. E però vi è questa proposta,inerente alla Giustizia, che recita:

l’abolizione dell’ergastolo e del 41 bis, e un provvedimento di indulto e amnistia che risolva il problema del sovraffollamento carcerari;.” E subito mi è saltata agli occhi quella parola, “abolizione”, per quanto concerne il 41 bis.

Per abolizione non può non intendersi “abrogazione”.

Breve excursus: Il 41-bis attribuisce al ministro della Giustizia la“facoltà di sospendere nell’istituto interessato o in parte di esso l’applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti e degli internati. La sospensione deve essere motivata dalla necessità di ripristinare l’ordine e la sicurezza e ha la durata strettamente necessaria al conseguimento del fine suddetto. ” La norma ha assunto un ruolo cardinale nella lotta alla criminalità mafiosa solo con la riforma del 1992 in seguito alla Strage di Capaci, che ha allargato l’applicazione della norma alla criminalità mafiosa, mentre essa era prevista in misura limitata dalla Legge Gozzini del 1986, che la introdusse.

Il 41-bis rappresenta una risorsa importante nella lotta contro la mafia. In primo luogo impedisce ai mafiosi detenuti di continuare a fornire supporto all’organizzazione di appartenenza, elemento fondamentale a maggior ragione quando si parla di boss. Si ricordi che l’abolizione del 41-bis sarebbe stata prevista come richiesta da parte di Cosa Nostra nel celebre “Papello”, a segnalare l’importanza di tale misura.

Sostenere in contrario che i boss detenuti da anni sarebbero ormai usciti dagli schemi gerarchici è a parere di chi scrive un errore: è vero che le varie mafie sopravvivono all’assenza di un boss, facendone emergere altri automaticamente. Non si può però sottovalutare il valore morale e simbolico che un riduzione di pena ha o avrebbe.

Il recente caso di Riina può servire come esempio: è stato un gran bene che il tribunale di sorveglianza di Bologna abbia rigettato la richiesta di domiciliari al boss di Cosa Nostra (l’accoglimento di tale richiesta avrebbe causato la cessazione del regime di 41-bis cui lo stesso era sottoposto), non tanto per il timore che questa concessione avrebbe permesso al boss di riprendersi il ruolo di capo, ma per evitare che si diffondesse l’altrettanto pericolosa idea che porta a considerare il mafioso al di sopra della legge.

E si badi bene che la superiorità del mafioso rispetto alla legge era ed è un elemento cruciale, che comporta la non punibilità del mafioso stesso e quindi una superiorità in qualche modo riconosciuta al mafioso anche dal sistema giudiziario. Evidentemente in tale contesto è impossibile che il singolo cittadino possa da solo opporsi a un sistema di fatto non combattuto, ma accettato dallo Stato.

Tutto questo per dire che il 41-bis rappresenta una misura certamente molto afflittiva, al limite della costituzionalità, ma sicuramente necessaria a sradicare il fenomeno mafioso che si regge non solo sul denaro, ma anche su un fattore psicologico e morale non meno importante e su cui è forse ancora più difficile intervenire.

È vero che il 41-bis viene applicato talvolta in campi diversi da quelli della lotta alla criminalità organizzata. Avendo la finalità di recidere i rapporti con l’organizzazione di appartenenza, il 41-bis può ritenersi applicabile nei confronti di chi partecipa ad organizzazioni politiche eversive. Sarebbe meglio allora sostituire il termine “abolizione” con un più consono “revisione”o “superamento”, che prospetti l’obiettivo di limitare l’applicazione del carcere duro ai soli mafiosi, risolvendo il problema dell’ applicazione troppo estesa della norma.

La proposta di abolizione porterebbe poi una serie di conseguenze disastrose: essendo il nostro ordinamento improntato sull’irretroattività della norma penale dichiarata ormai abrogata (abolita), cosa accadrebbe ai detenuti per crimini di mafia qualora il 41-bis venisse abolito? E come si muoverà in merito la Corte EDU?

Nel programma si tratta anche il reato di tortura, e la legge che dovrebbe sanzionarlo. La legge che prevede il reato di tortura deve essere rivista, così come pure molte problematicità del sistema giudiziario italiano. Queste problematicità vengono affrontate efficacemente dal programma di Potere al Popolo, e proprio per questo sarebbe un peccato minare gli ottimi progetti del programma con un punto che esporrebbe lo stesso a critiche serrate e, sempre a parere di chi scrive, validissime.

Gennaro Chiappinelli, Segreteria FGCI Roma, Dipartimento naz.le Giustizia e Antimafia

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3 Commenti


  • ROBERTO

    La proposta di abolizione dell’ergastolo e del 41-bis mi sembra un valido motivo per tenermi lontanissimo da “Potere al popolo”.


  • andrea

    i comunisti di derivazione pci sono sempre gli stessi. D’altronde narra l’ex presidente Cossiga che fu Pecchioli a chiedere una “strizzatina” dei brigatisti arrestati che portò alla liberazione di Dozier dando l’avvio alla stagione delle torture


  • Lauro Amendola

    L’Italia, come Stato di Diritto pratica l’azione penale come soluzione non punitiva ma educativa. Eppure, il 41 B rappresenta quanto di meno educativo possa essere concepito in ambito penale, inquanto oltre alla riduzione coatta della libertà di movimento propria dell’azione carceraria, impedisce ipso facto altre libertà umane che sono per definizione inalienabili e protette da previsioni costituzionali e da Patti internazionali. Trovo disdicevole, se non pruriginoso, che ancora oggi ci si domandi se sia oppure non una forma di tortura una cosa che tutti (dico tutti) abbiamo da tempo accettato passivamente oggi in nome della lotta alla Mafia e ieri in nome della lotta agli Anni di Piombo. Del resto, giova ricordare, che i dispositivi di cui al 41 B nascono dalla ratio dell’altra simpatica legge che fu la “Reale”. Vero spartiacque fra lo Stato di Diritto Formale e lo Stato di Diritto Sostanziale. La cosa non meraviglia piu di tanto, perche comunque sia, lo Stato di Diritto, formale o sostanziale che sia, è e rimane uno stato borghese, inteso come strumento di mediazione e ricomposizione delle conflittualità di classe, per il quale ogni mutazione è concessa, anche quelle che negano se stesso, a difesa degli interessi della classe che rappresenta. In sintesi, il 41 B è si una tortura, una delle tante che lo stato borghese usa per affermare il proprio dominio. (Lauro Amendola, Napoli)

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