Un paese che scivola verso il fascismo lo si può monitorare in molti modi. Ci si può soffermare sulle sparate propagandistiche di un Salvini-Meloni-LaRussa, ai diktat di un ministro come Minniti e alle lamentele del capo della polizia perché un magistrato chiama “torturatori” gli agenti condannati per questo (con sentenza passata in giudicato e confermata dalla Corte Europea!); oppure guardare agli slittamenti progressivi della legislazione e della prassi giudiziaria.
Dovunque si guardi, però, la situazione appare disperata.
Prendiamo il caso, recentissimo, del giornalista e collega Davide Falcioni, condannato dal tribunale di Torino a quattro mesi per “violazione di domicilio”. Falcioni lavora ora con Fanpage, ma l’episodio per cui è stato condannato risale al 2012, quando – per AgoraVox – seguiva le iniziative del movimento No Tav.
IL 24 agosto di quell’anno seguì un gruppo di attivisti che entrarono nella sede della società Geovalsusa, a Torino, scrivendone per il portale. Fin qui tutto normale, nessuna contestazione. Il suo status giudiziario cambia quando viene chiamato a testimoniare nel processo contro i No Tav, in cui ripete quel che aveva visto (“nessuna tensione particolare, né episodi violenti”).
A questo punto viene fatto diventare imputato per lo stesso reato dei manifestanti (l’ingresso in una proprietà privata, ossia lo studio della società Geovalsusa). Già questo farebbe sussultare parecchi dei cronisti più navigati e l’Ordine professionale. In fondo, se fai il giornalista, vedi che gente entra in un posto, la porta è aperta, li segui per vedere e raccontare…
Ma quello che dà la misura della straordinarietà di questa condanna (rivedibile in appello, per fortuna) sono le domande che gli sono state rivolte dal pubblico ministero e soprattutto la pretesa che un giornalista debba riportare solo quanto riferisce la polizia. Che fra l’altro non era nemmeno presente.
Elenchiamo:
“Falcioni, perché è entrato? Non poteva farsi raccontare quello che era successo dalle Forze dell’Ordine?“
“Scusi, ma lei è marchigiano, cose le interessava della Tav?“
La prima domanda rivela una visione gerarchica precisa: la polizia ha il monopolio della verità, dunque i giornalisti non debbono andare a curiosare nei fatti, ma limitarsi a ricamare sulle veline che le questure emettono – quando le emettono – sui diversi fatti cronaca. In pratica, ogni giornalista dovrebbe trasformarsi in appendice dell’ufficio stampa della questura (o del ministero dell’interno, a seconda della fonte gerarchica che parla).
Se ciò diventasse la regola – come il pm torinese sembra auspicare – nessun abuso di polizia potrebbe più essere svelato, raccontato, messo sotto i riflettori. Il “quarto potere”, teoricamente controllore degli altri tre (esecutivo, legislativo, giudiziario), verrebbe subordinato al più esecutivo degli organi del potere esecutivo: la polizia.
In Italia, secondo questo schema, non avremmo avuto inchieste sulla strage di Piazza Fontana, i depistaggi, il coinvolgimento dei servizi segreti italiani e statunitensi, ecc. E su mille altre terribili tragedie che hanno avuto le varie polizie nazionali nell’osceno ruolo di “depistatori” o peggio.
La seconda domanda, invece, nega alla radice la possibilità di fare giornalismo oltre il cortile della propria casa. Se sei italiano – si fa per dire – che ci vai a fare in Turchia, Iraq, Somalia, America Latina, ecc? Stattene a casa tua, non rompere i coglioni in giro, accontentati dei report che arrivano dai governi o dai “servizi”… Razzi-Crozza sintetizzerebbe alla grande: “Amico caro, fatte li cazzi toi…”).
Questa condanna – ripetiamo: rivedibile in altri due gradi di giudizio – è di una gravità tale che anche la Federazione nazionale della Stampa italiana e l’Associazione Stampa Subalpina si sono sentite in dovere di intervenire al fianco di Falcioni.
Resta però il fatto che ci sono pezzi della magistratura che non ritengono più utile l’indipendenza dell’informazione. E’ un eterna tentazione del potere, quella di secretare ogni informazione. Sia per “difendersi” da scandali che ne compromettono l’autorevolezza, sia per meglio reprimere qualsiasi resistenza. E la Tav, di scandali, ne nasconde certo a bizzeffe (a cominciare dal perché e per conto di chi sia stata decisa…)
Ma bisogna aver chiaro che, se si afferma questa “cultura giuridica”, non ha più senso definire il sistema attuale come una “democrazia”.
Diciamo che l’avevamo sospettato, ma se lo affermano loro stessi così apertamente…
Fonti:
http://www.fnsi.it/racconto-irruzione-no-tav-condannato-il-giornalista-davide-falcioni-fnsi-e-subalpina-schiaffo-al-diritto-di-cronaca
https://www.fanpage.it/giornalista-condannato-per-aver-raccontato-le-proteste-dei-no-tav/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/04/09/no-tav-racconto-irruzione-di-manifestanti-nella-sede-di-una-societa-giornalista-condannato-per-violazione-di-domicilio/4281251/
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Piero
Assolutamente inadito ed incredibile