Relativamente al voto di ballottaggio del 24 giugno 2018 vorrei esprimere alcune brevi considerazioni, non certo per commentare i macro dati che ci parlano della rotta del PD in quelle che una volta erano le roccaforti del movimento operaio, ma per analizzare alcuni dati parziali che a me paiono di un certo interesse.
Innanzi tutto si andava al ballottaggio in 76 comuni, compresi il III Municipio del Comune di Roma e 8 comuni della Sicilia, tra cui Messina, Ragusa e Siracusa.
Il Centrosinistra vince in 19 comuni, in 2 vincono liste civiche di sinistra, mentre il centro destra vince in 22 comuni ed in 3 vincono liste civiche di destra o centro destra, emblematico che in queste tre situazioni vi siano Imperia, dove vince Scajola, e Messina, dove vanno al ballottaggio il vincitore, che è un Consigliere di Centro Destra alla Regione Sicilia ed il centro destra ufficiale. Il Movimento 5 Stelle vince 5 ballottaggi ed in 25 Comuni vincono aggregazioni civiche che è molto difficoltoso riportare ad un quadro nazionale.
Nei 5 ballottaggi in cui sono presenti i Cinque Stelle si rivelano comunque vincenti, battendo 2 volte il Centrosinistra (ad Imola e Avellino) e 3 volte il Centrodestra (a Pomezia – che confermano – ed a Acireale ed Assemini).
Nella “rotta” del PD ci sono però delle “eccezioni” che potrebbero avere un interesse per gli sviluppi futuri del dibattito interno e l’avvento di un quadro dirigente di certo non “nuovo”, ma sicuramente più presentabile e digeribile da parte dell’elettorato.
Iniziamo però con l’azzeramento del PD in Toscana (dove il Centrosinistra vince solo a Campi Bisenzio), Umbria, Liguria e Piemonte (dove ai ballottaggi non prende nulla); se ancora ce ne fosse bisogno il gruppo dirigente attuale ex renziano, esce massacrato da questo voto, non appare più procrastinabile all’interno del PD una seria discussione per mettere Renzi (il cui fantasma ha comunque aleggiato sia durante la crisi che nella campagna elettorale per le amministrative in questione) e quanti a lui vicino in condizione di non nuocere più alle prossime evoluzioni del PD, qualunque esse siano.
Vediamo ora invece di analizzare brevemente i risultati in quelle regioni o aree geografiche dove il PD ha avuto risultati “dignitosi”, innanzi tutto Roma città e la sua provincia, dove il Centrosinistra vince al III municipio del Comune di Roma e nei comuni di Fiumicino, Santa Marinella e Velletri (abbiamo già visto sopra che a Pomezia il M5S conferma la sua giuda del Comune), mentre nel resto della regione il Centrodestra vince tutti i ballottaggi; possiamo tranquillamente dire che si è ripetuto il voto delle scorse regionali, ovvero Roma e la sua provincia fortemente orientate al Centrosinistra che hanno permesso a Zingaretti di vincere, possiamo quindi dire che questo risultato incoraggia e rafforza Zingaretti nella prossima ridefinizione degli assetti interni del PD.
In Lombardia il Centrodestra non fa il pieno, su 9 ballottaggi ne vince 5, ci sono sacche di resistenza del Centrosinistra nelle province di Milano e Monza, un risultato che incoraggia le aspirazioni di Sala.
Da ultimo la Puglia di Emiliano, dove il centrodestra vince solo a San Nicandro Garganico, e per il resto vincono il Centrosinistra o espressioni civiche di difficile definizione sul piano nazionale, e quindi anche Emiliano in una certa maniera si rafforza.
Non sappiamo cosa diventerà il PD (al momento di fatto dal punto di vista politico non è più nulla), ma non ci sembra che possa divenire qualcosa di poi molto diverso da quello che era: il partito degli interessi di una parte delle élite capitalistiche pro-UE di questo paese, che però si stanno già riposizionando, e a cui non è detto che il PD – o quello che diventerà – serva ancora.
Salvini, che con le sue deliranti affermazioni dei giorni scorsi ha tirato la voltata a tutti i suoi nei ballottaggi, esce vincitore e rafforzato, le probabilità che dopo l’approvazione della legge di stabilità voglia far terminare anticipatamente la legislatura per andare alle elezioni anticipate non è per nulla campata in aria: non avrebbe seri competitor, assorbirebbe gran parte dell’elettorato di Berlusconi e della Meloni, ed anche una piccola parte dell’elettorato M5S, e governerebbe da premier per attuare un programma di fatto a favore delle classi ricche, come per altro sta già facendo con la Flax Tax e la proposta di non limitare più l’uso di contante per i pagamenti (quest’ultima più che altro a favore di evasori fiscali e delinquenza organizzata).
E noi?, noi dobbiamo andare avanti nella via che abbiamo intrapreso nel ricostruire un tessuto di militanti, lotte, insediamento sociale, analisi e studio della realtà, una strada difficile, irta e lunga, ma altre non ce ne sono, e non cedere alle lusinghe di elettoralistici futuri Comitati di Liberazione Nazionale, che sicuramente ci proporranno i responsabili dello sfacelo della sinistra in cerca di una nuova verginità.
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Franco Astengo
Occorre non limitarci a contare i Comuni dove si vince o si perde (nelle Amministrative naturalemente). Occorre andare in profondità, vedere gli spostamenti di voto posti in relazione alle diverse realtà sociali. Il PD, tanto per fare un solo esempio, è mortificato dal fatto che perde potere perdendo i Sindaci e non si accorge che, dal punto di vista dei voti, tr aun turno e l’altro ha recuperato più voti del centro destra. Centro destra che rispetto alla complesso di elettrici ed elettori non sfonda anzi. Certo i ballottaggi hanno dentro il gioco dello schierarsi “contro”, ed è questo anche un altro limite all’analisi. In ogni caso, se pensiamo che le elezioni corrispondano – nella loro espressione materiale – ad un complesso di fenomeni sociali e politici, non possiamo considerarle soltanto dentro al quadro delle vittorie e delle sconfitte del tutte apparenti. Salvini non esce rafforzato, semplicemente perchè a tutti è ignoto il rapporto di forza interno al centro destra. Al primo turno, per esempio, la forza maggiore del centrodestra è arrivato dalle liste civiche d’appoggio. In ogni caso, dal nostro punto di vista, se si pensa che la rappresentanza istituzionale serva a qualcosa e che quindi ne valga la pena (ma bisogna esserne intimammente convinti, sapendo anche che così si dà il via alla stura delle ambizioni personali) servono un”organizzazione politica con una sua linea complessiva ed un’espressione di gruppo dirigente diffuso. In sostanza, un partito autonomo e non un “rassemblement”. Fatto questo e disponendo di una forza sul territorio si può anche pensare ad una strategia delle alleanze.