Menu

Commissariare anche i comuni in pre-dissesto? No, grazie

In questi giorni è stata pubblicata (si veda “Italia Oggi” dello scorso 22/06, articolo di F. Cerisano) un’intervista del Presidente ANCI Antonio De Caro riguardante un incontro con la Vice-Ministra dell’Economia Laura Castelli in cui si fa il punto sulle richieste fatte dai Comuni al Governo;

Accanto a notizie positive – come il possibile sblocco degli avanzi liberi di bilancio oggi non utilizzabili per una delle tagliole del pareggio di bilancio – ce n’è una molto preoccupante: l’estensione dei Commissariamenti anche ai Comuni in pre-dissesto.

L’idea – si afferma nella citata intervista – è quella di realizzare una sorta di gestione separata, sul modello di quanto fatto a Roma con il Commissario Straordinario per la gestione del debito”.

Il progressivo peggioramento del presunto “modello romano” è sotto gli occhi di tutti e, spesso è oggetto della cronaca nazionale, quindi ci limiteremo soltanto ad alcuni specifici commenti di merito relativamente all’oggetto di questa nota.

Il “modello” in questione nasce nel 2008, ai tempi della sindacatura Alemanno e consiste nel separare la gestione pregressa del debito da quella corrente che è potuta ripartire da zero.

Se un tipo di proposta simile è comprensibile rispetto alla cultura amministrativa della destra (ricordiamo che i Commissariati Straordinari servono anche per dare indennità, fare comandi clientelari, ecc.) suscita perlomeno perplessità e stupore quando se ne fa portatore l’ANCI che, come si sa, è istituzionalmente deputata a difendere l’autonomia politica dei Comuni.

Al momento, si dispone di poche informazioni per cui è d’obbligo una certa cautela, tuttavia gli accenni contenuti nell’intervista e precedentemente riportati ci sembrano sufficienti per fare delle prime considerazioni anche perché chi scrive è attivista nel principale Comune in pre-dissesto (Napoli) per cui è più che legittimo pensare alle conseguenze dell’adozione di un simile “modello” in una città facente parte del già problematico contesto meridionale dove si concentrano la maggior parte degli Enti col piano di riequilibrio finanziario pluriennale.

Ad esempio: se, da un lato, si può ritenere positivo il fatto che nella disposizione istitutiva – art. 78 d-l n. 112/2008 – del “Commissario Straordinario del Governo per la ricognizione della situazione economico-finanziaria del Comune e delle Società da esso partecipate” sia previsto che per la durata del regime commissariale non possa essere dichiarato il dissesto, dall’altro esso viene equiparato all’Organo Straordinario di Liquidazione (OSL).

Pertanto, si evita il dissesto sotto il profilo formale ma sotto quello sostanziale se ne ripropongono criteri e finalità, a questo punto viene da pensare che, probabilmente, ad alcuni Amministratori interessi il modello romano per il diverso regime di responsabilità che si verrebbe a configurare rispetto alla normativa sul dissesto compreso il fatto che si eviterebbero le eventuali sanzioni politiche (divieto di presentarsi alle elezioni sia politiche che amministrative sia nazionali che europee).

Tuttavia, qualora fosse vera una simile ipotesi, non potrebbe essere sufficiente per fare una proposta che comprime l’autonomia locale.

L’esperienza, anche quella internazionale, avrebbe dovuto insegnare che non è con le strutture straordinarie che si risana la finanza se esse mantengono inalterati i meccanismi speculativi che hanno generato il debito e lo autoalimentano.

Ad esempio: nel caso della Campania ci sono ben tredici Comuni che sono andati in dissesto più di una volta (2 nella provincia di Avellino, due in quella di Benevento, otto in quella di Caserta, uno nella Città metropolitana di Napoli);

Inoltre ci sono Comuni attualmente col piano di riequilibrio finanziario che nel passato sono stati in dissesto (si vedano i casi di Eboli, Procida, Napoli e Roccamonfina).

Del resto, il fatto che il dissesto non giunga, spesso, ad un’effettiva risoluzione delle criticità finanziarie ha avuto una sorta di conferma normativa in quanto dal 2002 nel TUEL è stata introdotta la procedura “straordinaria” di risanamento, ossia l’inserimento di disposizioni riguardanti quegli Enti Locali che col dissesto hanno visto l’Organismo Straordinario di Liquidazione nell’impossibilità di chiudere la procedura a causa di adempimenti particolarmente onerosi nella determinazione della massa passiva ed attiva, o quando l’Ente non è pervenuto ad un reale risanamento o, ancora, c’è il ripresentarsi di disavanzo e debiti e fuori-bilancio.

Naturalmente, l’esperienza romana non fa eccezione, a tal proposito, illuminanti ci sembrano alcune riflessioni contenute nel 1° Report sul debito capitolino fatto dai compagni di “Decide Roma” rinvenibile sul loro sito web1: “…invece di ristrutturare il debito rendendo le rate di ammortamento annuali compatibili con i fondi a disposizione, si è deciso di contrarre nuovi prestiti sommando interessi a interessi. – Questa operazione, chiamata “attualizzazione” del debito, comporta alla collettività ulteriori due miliardi d’interessi. – Il risultato è l’erosione profonda dei fondi disponibili, tanto che il Commissario Straordinarioal debito, nell’audizione alla Camera del 5 aprile 2016, ha dichiarato che a partire dal 2022 non ci sarà più liquidità”.

Pertanto, le strutture straordinarie non soltanto non servono ad uscire dalla spirale del debito ma rendono la gestione dello stesso più opaca e meno democratica espropriando gli organi elettivi e rendendo pressocchè impossibile un audit indipendente e popolare sul debito.

Allora, come abbiamo accennato, occorre agire innanzitutto sui meccanismi speculativi e mirare ad una reale rinegoziazione del debito aspetto su cui l’ANCI ci sembra ancora troppo timida sebbene ne sia stato fatto cenno nel citato incontro con la Castelli.

In particolare, occorre cambiare la concezione della “rinegoziazione”: sinora, le proposte in tal senso sono state fatte soprattutto dalla Cassa Depositi e Prestiti l’istituto con cui la maggior parte dei Comuni ha contratto dei mutui e che da anni è diventata una Spa.

Quando le proposte di ristrutturazione del debito vengono da istituti finanziari – come ci ricordano ancora i compagni di “Decide Roma” – esse hanno “uno scopo preciso, profondamente diverso da quello che potrebbero avere i Comuni, ossia quello di rendere più sostenibili i propri crediti, riducendo l’incidenza del rischio d’insolvenza presso i suoi debitori”.

Infatti le “rinegoziazioni”, allo stato, hanno sempre significato una leggera diminuzione della rata annuale ampiamente controbilanciata da un allungamento della durata del mutuo e, quindi, da un aumento complessivo degli interessi pagati, ciò a scapito soprattutto delle giovani generazioni che si trovano nella classica situazione del “Più debito e meno diritti”, invece noi dobbiamo invertire questa tendenza e, quindi, da ciò la centralità di una battaglia per la ripubblicizzazione della Cassa DD.PP. per farne riprendere le caratteristiche di banca dei Comuni soprattutto ora che con la progressiva fine del Quantitative Easing ci si può trovare con un rialzo dei tassi.

Quindi, è bene sganciare il debito dal dissesto ma il risanamento va portato nell’ambito ordinario del Comune altrimenti si perde l’unitarietà della gestione finanziaria dell’Ente creando artificiose separazioni per cui, ad es., un medesimo creditore deve avere due interlocutori a seconda se si tratti di un debito pregresso oppure corrente con il concreto rischio di contenziosi e ulteriori lungaggini.

C’è da augurarsi che nel caso dell’Amministrazione napoletana, il cui Sindaco è anche uno dei Vice-presidenti ANCI, si sappia/si voglia ribadire la propria coerenza come ai tempi della lotta contro il commissariamento di Bagnoli o più recentemente contro il “partito del dissesto” dietro cui si nascondono i poteri forti della città.

Naturalmente l’auspicio che formuliamo, soprattutto nell’interesse delle fasce deboli dei Comuni in pre-dissesto, è che l’accenno contenuto nell’intervista di De Caro resti tale o che venga concretizzato superando i vistosi limiti del “modello” cui s’è fatto riferimento.

Nel frattempo, aspettiamo vigili gli eventi pronti a fare articolate controproposte che già sono parte della discussione ed elaborazione delle strutture di Movimento e della sinistra d’alternativa e su di esse chiamare alla mobilitazione qualora necessario.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *