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Bipolarismo consociativo?

L’esito delle elezioni del 4 marzo scorso e la formazione del governo Lega–M5S hanno creato una situazione molto complessa e per certi versi inedita.

 L’interesse degli osservatori riguarda soprattutto un punto, riguardante la prospettiva politica del Paese nel breve–medio periodo: si profila, infatti, la possibilità di strutturazione di un nuovo bipolarismo dopo quello “temperato” e sostanzialmente omologante tra centrodestra e centrosinistra,  che vedrebbe a confronto per l’egemonia i due soggetti attualmente al governo.

L’alternativa al nuovo bipolarismo può essere invece configurata in questo interrogativo: gli stessi soggetti saranno costretti a un lungo periodo di convivenza al governo fino a formare una sorta di entità consociativa all’interno della quale dovrà essere costantemente esercitata un’attenta opera di mediazione?

Da tener conto, per definire meglio il quadro, come la Lega stia puntando sull’annessione della piccola formazione di Fratelli d’Italia (le cui caratteristiche di fondo si prestano sicuramente all’inglobamento) e di Forza Italia, scesa nei sondaggi a minimi storici francamente impensabili fino a qualche tempo fa, ma fortemente divisa su questa prospettiva.

In questo modo la Lega allargherebbe la propria dimensione di destra, in una visione tradizionalmente maggioritaria nel Paese almeno dalle elezioni del 1994 in avanti.

Da aggiungere che, nel caso di una stabilizzazione della formula di governo e dell’avvio di una pratica consociativa si aprirebbe oggettivamente uno spazio all’interno del sistema che, a prescindere da programmi e qualità dei soggetti politici e dei loro gruppi dirigenti, non potrà che essere occupato dall’opposizione.

Un’opposizione strutturata in forme articolate rispetto alle diverse progettualità e rappresentatività sociali e non necessariamente orientata a sinistra.

In più, nel caso della soluzione consociativa (della quale individuiamo già alcuni evidenti segnali fin dai primi atti del nuovo esecutivo: ad esempio nel “decreto dignità”), il piano di governo non potrà discostarsi di molto da quello definito, proprio sul piano dell’espressione di progettualità politica, da quello indicato dai precedenti governi di centrodestra, centrosinistra, “tecnici” e di solidarietà nazionale: le possibilità di utilizzo delle risorse, all’interno del quadro dato, indicano già con chiarezza questo recinto.

In sostanza si verificherebbe  un’occupazione sistematica del centro, sia sul piano sociale sia politico, con l’asse rivolto verso destra.

Lega e M5S si presenteranno comunque all’appuntamento di fase, che prevede come prima scadenza complessiva quella delle elezioni europee 2019, presentando una fondamentale diversità tra loro nel vincolo da affrontare tra “vincolo interno” e “vincolo esterno”.

Il M5S, infatti, si troverà a dover essenzialmente affrontare il “vincolo interno”: lo dimostra la composizione geografica del suo elettorato (prevalentemente meridionale) e le aspirazioni che questo esprime legate soprattutto alla concretizzazione del cosiddetto “reddito di cittadinanza”.

 Fatto salvo il giudizio sull’approccio sbagliato che il M5S mantiene al riguardo del tema del lavoro (approccio sbagliato che però è stato alla base di buona parte delle sue fortune elettorali), la tensione che dai più diversi settori sociali viene proprio in direzione del “reddito di cittadinanza” è indicativo del clima culturale che si respira in ampie parti del Paese, a dimostrazione anche (come fattore non secondario) del permanere di una profonda spaccatura sul piano geografico.

Quasi un’Italia ridotta, dalle “tre società” di Bagnasco, a una suddivisione “duale”, con la sparizione del centro assorbito dal Nord nella modificazione profonda del modello di sviluppo avvenuta nel corso degli ultimi 20 anni (i risultati elettorali di Emilia e Toscana non si sono verificati a caso).

La Lega dal canto suo, nonostante le iniezioni di sovranismo nazionalista, rimane Partito incentrato sul Nord, dove governa le due regioni fondamentali come Lombardia e Veneto, con in più la Liguria, regione nella quale esercita una forte azione di vera e propria “trazione” al limite dell’egemonia, in particolare rispetto al rapporto tra Regione e Comune di Genova.

Riferirsi al Nord significa rapportarsi a un certo tipo di borghesia produttiva sulla base dell’intensificazione dello sfruttamento del lavoro vivo.

Una borghesia per la quale è determinante il cosiddetto “vincolo esterno”, fattore decisivo per l’orientamento della produzione soprattutto verso l’export (da qui, tra le altre cose, nasce anche l’ostilità all’euro).

Sistemato l’incoraggiamento che la Lega rivolge all’evasione fiscale (mentre la flat–tax dovrà attendere tempi migliori) i punti decisivi sui quali la stessa Lega dovrà incentrare la sua azione di governo (svolta finora in funzione egemonica) riguardano la ristrutturazione che si sta verificando a livello europeo in coincidenza con l’esprimersi di un nuovo quadro globale (dazi, denuncia dei trattati commerciali, “shopping” cinese: perché su questo punto si risolverà la nuova “via della seta”).

Una situazione che sta portando a uno spostamento d’asse verso Est con un diverso ruolo della Germania rispetto al progetto dell’Europa carolingia.

Alla fine agitato lo spettro dell’uomo nero, l’utilizzo del tema dei migranti non si discosterà molto nella visione leghista in funzione di un nuovo “esercito di riserva” al fine di disporre di manodopera a basso costo (come tradizionalmente avvenuto nelle ferriere bresciane o nelle concerie vicentine).

Da tener conto, ai fini di un necessario compimento d’analisi, come risulti ben più solido l’insediamento leghista, sia sul piano sociale sia elettorale; mentre l’area elettorale che ha votato 5 stelle appare sottoposta a più rapidi processi di vero e proprio smottamento in un quadro di accresciuta volatilità del voto.

Le possibilità di un ulteriore riallineamento del sistema politico italiano sono quindi legate all’emergere di un confronto attorno ai temi proposti dai due differenti vincoli di riferimento al riguardo delle due formazioni di governo.

Se si arriverà a questo confronto ci troveremo di fronte ad un inedito schema bipolare, che non conterebbe più la previsione del dualismo destra/sinistra.

In caso diverso si proporrà una fase non breve di comunanza al governo e di formazione, com’è già stato accennato, di un quadro di tipo consociativo.

In un modo o nell’altro l’eventuale volontà di opposizione e la formazione di una soggettività politica che la rappresenti, sul versante di sinistra, non potrà che avviarsi analizzando con attenzione le priorità sociali emergenti (in specifico nel mondo del lavoro e nei settori che proprio dal mondo del lavoro risultano emarginati) e le possibilità di collegamento con le forze più radicalmente progressiste sul piano europeo, avviando da subito una verifica di possibilità attorno alla prospettiva di una presentazione comune nelle elezioni per il Parlamento europeo che si svolgeranno nella primavera del 2019.

Da sinistra è il caso di valutare una possibilità di ripresa partendo dalla condizione materiale di lavoratrici e lavoratori posta in relazione al fenomeno dell’allargarsi dello sfruttamento collettivo e individuale e della marginalizzazione che ha caratterizzato decisamente la fase apertasi dal 2007 in avanti, con l’innesto dei fenomeni migratori resisi particolarmente evidenti nei primi quindici anni del nuovo secolo.

Concludendo con una battuta servirebbe, a sinistra, un maggiore attenzione al fenomeno  emergente della “proletarizzazione collettiva”.

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