Gli esiti dei sondaggi politici sono sicuramente opinabili e vanno presi con assoluto beneficio d’inventario.
Stabilito questo punto fermo, è risultato sicuramente di un qualche interesse l’andamento dell’indagine svolta, per conto del “Corriere della Sera”, da Nando Pagnoncelli: Indagine pubblicata il 14 luglio nel merito del giudizio che, in questo momento, elettrici ed elettori stanno formulando sulla collocazione politica del PD.
Le risposte fornite nell’occasione sulle quali aspetti appuntare maggiormente la nostra attenzione possono essere considerate quelle che riguardano queste domande: la prima “ Secondo lei oggi il Partito Democratico sta facendo un’opposizione efficace al governo Conte.”; la seconda “Secondo lei oggi il Partito Democratico non sta facendo alcuna opposizione ed è sostanzialmente scomparso dalla scena politica?”.
A sorpresa, ma forse neppure troppo, prevale la risposta alla seconda domanda, quella riguardante l’assenza di opposizione e di sparizione del PD dalla scena politica: è d’accordo con quest’affermazione il 59% del totale degli interpellati.
Ancor più significativo l’esito se si restringe il campo delle risposte agli elettori del PD: anche in questo caso la maggioranza assoluta, il 53%, ritiene il PD assente dall’opposizione e inesistente sul piano politico. La maggioranza assoluta dei suoi stessi elettori giudica, dunque, il PD “inesistente sul piano politico” (risposta naturalmente interpretabile in diversi modi, ma comunque ben chiara nella sua sostanza complessiva).
Una percentuale alla stessa domanda che diventa plebiscitaria tra elettrici ed elettori della sinistra (LEU e Potere al Popolo, ma anche delle stesse liste alleate con il PD): in questo caso la dichiarazione di sostanziale scomparsa del PD dalla scena politica raggiunge la percentuale addirittura dell’83%. Quasi tutti gli elettori di sinistra concordano con questo dato e nel caso se ne può arguire più facilmente l’indirizzo politico fornito dalle loro risposte.
Concentriamo allora la nostra attenzione su quest’ultimo dato cercando di attribuirgli, sia pure con tutte le cautele del caso, il relativo significato – appunto – sul piano politico.
Gli elementi di giudizio, in questo caso, possono essere soprattutto due:
1) Il tipo di richiesta di opposizione a questo governo che emerge dalle elettrici e dagli elettori della sinistra chiude finalmente con l’equivoco del PD come appartenente a quell’area politica. Quanto al governo va comunque segnalato il clima parossistico nel quale sta operando. Si veda ad esempio il continuo richiamo a presunti “complotti” e l’idea di attuare “repulisti” nel personale dei Ministeri. Clima parossistico ed esasperato da non sottovalutare nell’analisi;
2) L’altra valutazione che emerge nel dato fornito dalle risposte di elettrici ed elettori della sinistra, riguardante la sostanziale scomparsa del PD dalla scena politica.
Tutto questo significa che:
a) Si evidenzia la necessità di riempire lo spazio politico che il PD ha lasciato dopo l’esaurimento del “rigonfiamento” arbitrario che si era verificato alle Europee 2014. Esistono sicuramente settori che non sono rifluiti nel M5S o addirittura nella Lega e che hanno accordato poca fiducia sia a LeU, sia a Potere al Popolo (si ricorda inoltre, ancora una volta, che tra le elezioni del 2013 e quelle del 2018 i voti validi sono diminuiti di 1.400.000 unità). Esiste, insomma, uno spazio politico lasciato vuoto che può essere occupato soltanto attraverso un’espressione di opposizione molto più incisiva dell’attuale. Opposizione da agire sia sul piano politico, sia – soprattutto – sul piano sociale, fuori e dentro il Parlamento;
b) L’opposizione necessita però di essere espressa da soggettività politiche poste all’altezza delle contraddizioni che pesantemente stanno esprimendosi in questa fase sia sul piano progettuale, sia su quello organizzativo. Il tema delle soggettività politiche (o della soggettività politica) della sinistra appare essere, ormai da diverso tempo, la questione dirimente. Una questione che è affrontata finora in maniera esitante, confusa, con inutili accenni conservativi da diversi dei soggetti in campo, sia sul versante di quella sinistra che potremmo definire “riformista”, sia di quella che mi permetto di giudicare come “alternativa” e non semplicisticamente “radicale”;
c) Sarebbe necessario uno sforzo di adeguamento del dibattito sul tema della soggettività politica da costruire. Una discussione da portare avanti senza forzature di alcun genere, partendo però da un dato che l’esito del sondaggio citato pone in evidente rilievo: i punti di partenza possono essere due, quello dell’opposizione senza tentennamenti verso questo governo alimentandone soprattutto con l’azione sociale gli evidenti limiti e contraddizioni e quello dell’impossibilità (ormai acclarata) di ricostituzione di un’alternativa di governo nel senso del ritorno al bipolarismo “classico” e al centro sinistra. Uno schema quello del bipolarismo fondato sul maggioritario del quale non è possibile conservare alcuna nostalgia. Centro sinistra e centro destra così come si sono evidenziati nel sistema politico italiano nei primi 15 anni del nuovo secolo, si sono definitivamente “bruciati” e il processo di riallineamento del sistema politico italiano si trova ancora agli inizi di una nuova fase di transizione. Da parte delle esistenti forze di sinistra, allora, chiusure improprie nei rapporti politici e affrettate appropriazioni di identità potrebbero rappresentare errori esiziali per una parte politica, quella della sinistra, che, nelle elezioni del 4 marzo 2018, ha toccato il proprio minimo storico in entrambe le versioni nelle quali si è presentata al giudizio del voto.
Per ovvie ragioni di economia del discorso sono state qui tralasciate possibili analisi sulle “forme politiche” che in questo momento potrebbero risultare utili per fronteggiare il difficile stato di cose in atto.
Si rimanda, per affrontare quest’ulteriore argomento, alla prossima occasione.
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