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“Da aprile, mobilitazione”. La Fiom rompe gli indugi?

Sì, va bene, ma dopo le elezioni che succede?
In altri termini, conclusa la sbornia delle promesse un tanto al chilo, quali problemi saliranno immediatamente alla ribalta?

Occupazione, welfare, sanità, istruzione, ricerca, pensioni… La lista è lunghissima e inesauribile, già nota e continuamente da aggiornare con new entry. Il comitato No Debito ha già iniziato a mettere in campo alcune iniziative di “sensibilizzazione” (volantinaggi, presìdi, ecc), in attesa di riaprire una stagione di mobilitazione all’altezza della crisi sociale.

E ieri, parlando davanti alla platea di 200 delegati dei grandi gruppi industriali, provenienti da tutta Italia, anche il segretario generale della Fiom – Maurizio Landini – ha annunciato da aprile «una mobilitazione nazionale per chiedere al nuovo governo di fare le cose che devono essere fatte per il lavoro e per uscire dalla crisi».

Al centro i tre punti classici dei metalmeccanici Cgil – contratto nazionale, legge sulla rappresentanza e politica industriale – su cui fin qui nessun governo (nemmeno il biennio di Prodi) ha dato risposte positive. Anzi…

Ma tra gli obiettivi c’è anche la cancellazione di molte delle leggi che hanno stravolto le relazioni tra capitale e lavoro in questi anni: la “modifica/cancellazione” dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, l’art. 8 della manovra d’agosto” targata Sacconi-Berlusconi che mette gli accordi aziendali al riparo sia dalla contrattazione nazionale che dalle leggi dello Stato, le “riforme Fornero”. Tutte cose di cui il centrosinistra, Vendola compreso, fa ormai orecchie da mercante dando per “acquisite” (alle imprese) queste “conquiste legislative” decisamente reazionarie.

È noto che la Fiom, in campagna elettorale, ha voluto un confronto con le coalizioni “progressiste”, decidendo di sostenre la lista Ingroia, nonostante l’ex segretario nazionale Giorgio Airaudo avesse deciso di candidarsi con Vendola, come capolista in Piemonte. Una contraddizione? Diciamo un’ambiguità che alla fine è stata sciolta dai fatti.

Ovviamente il sindacato in quanto tale non dà indicazioni di voto, come ha ricordato lo stessoLandini. «Mi interessa cosa farà il governo e che politiche metterà in campo. La Fiom non ha dato indicazioni di voto ai suoi iscritti: sono persone intelligenti, che hanno una testa e la sanno usare. Il nostro mestiere è fare il sindacato». «Abbiamo chiesto alle forze politiche che si candidano cosa intendono fare su punti che riteniamo decisivi. Fare una legge sulla rappresentanza che dia diritto di votare ai lavoratori, cancellare l’articolo 8 voluto dalla Fiat, incentivare la riduzione degli orari di lavoro e l’uso dei contratti di solidarietà. E vogliamo che si riprenda un piano straordinario di investimenti pubblici e privati per difendere e rilanciare l’economia, anche con l’intervento diretto dello Stato». «Ci auguriamo che questo voto determini le condizioni per un cambiamento vero, perché sia il giudizio sul governo Berlusconi che su quello Monti è molto negativo. Uscire dalla crisi vuol dire governare in modo alternativo rispetto a quanto fatto da Berlusconi e Monti».

Proprio l’opposizione a Monti, e quindi alla sua “agenda” che sarà certamente il programma della coalizione tra lo stesso Monti e il Pd (a meno di risultati elettorali “senza vinti né vincitori”), mette la stessa Fiom in una posizione molto diversa da quella della confederazione cui appartiene – la Cgil ­ e che invece si sbraccia da tempo nel mostrare la propria “disponibilità” a far passare altre e peggiori “riforme” sul lavoro. E che, non a caso, ha evitato in tutti i modi di attuare uno sciopero generale durante tutto il periodo del governo Monti, che ha potuto così smantellare parti costitutive delle relazioni industriali e del welfare “senza alcuna conflittualità consistente” (come ebbe a dire proprio Monti, ringraziando).

“La situazione oggi – ha spiegato Landini – sia per il quadro legislativo sia per i processi aperti, è che il contratto nazionale come lo abbiamo conosciuto non esiste più. Siamo di fronte a un processo di aziendalizzazione dei rapporti di lavoro e di deregolamentazione e dobbiamo farci i conti. E’ iniziato con Berlusconi, ma Monti non ha cambiato le cose”. Per cambiare “servono nuove leggi, bisogna contrastare l’affermazione di questo modello”. E serve “un’azione comune, coordinata, che metta insieme i lavoratori e le lavoratrici per provare a cambiare il quadro di riferimento”. Sulla legge di rappresentanza Landini ha ribadito che serve per scongiurare “gli accordi separati e comporre le diversita’ sindacali”. “C’è un attacco alla democrazia e una concentrazione del potere privato e finanziario senza precedenti”.

Le premesse e le condizioni per una stagione di conflitto molto ampio ci sono tutte. Riuscirà la dirigenza della Fiom a tener fede a questo impegno resistendo alla pressione per nulla amichevole della Cgil di Susanna Camusso?

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