“Per me la moneta unica europea, come l’appartenenza alla Nato, non sono in discussione. E non lo sono anche per il governo da me presieduto”. A chiarirlo, per chi fino ad oggi non lo avesse voluto capire, è il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in una intervista con il Corriere della Sera.
Conte ci ha tenuto a smentire anche i contrasti con il ministro dell’Economia Giovanni Tria: “Non è così. Tria è il cerbero dei conti, il loro custode arcigno. Ma non esiste che lasci il governo. Attenzione, peraltro, a non considerarlo un corpo estraneo a questo esecutivo. È parte attiva e coinvolta nel tentativo di ottenere dall’Europa spazi di manovra che ci permettano di cambiare le cose”.
Ma pensando di poter fare e dire le stesse cose di quando stava all’opposizione e non al governo – un po’ come fa Salvini – anche Beppe Grillo ci ha messo del suo evocando lo spettro del Piano B: “Devi avere un piano B. Sono sicuro che la Germania e la Francia hanno un piano B. Non dico di lasciare l’Euro cosi, ma di lasciar decidere al popolo italiano con un referendum. Sarò sempre a favore di un referendum”, ha affermato Beppe Grillo in una intervista ad un programma statunitense.
Prevedibili gli effetti della “grillata” con una immediata conseguenza sul mercato dei titoli di stato con il Btp che ha visto un balzo dei rendimenti con un contestuale ampliamento dello spread, mentre Piazza Affari ha visto annullarsi il precedente rialzo, certo poco roba rispetto a botti come quelli di Zuckeberg a Wall Street, ma sono comunque segnali.
Ma quello sull’economia e il perverso rapporto di subalternità verso i diktat dell’Unione Europea, non è il solo tema di contrasto all’interno del governo “a tre attori” (i professori, i fascistoidi e gli honestisti”). Sul tavolo è infatti piombata anche la questione della Tav. Come noto il M5S in passato si è sempre detto contrario al suo proseguimento ottenendo consensi anche tra i No Tav della Val di Susa.
Adesso da Palazzo Chigi fanno notare che il dossier sulla Tav “al momento non è ancora giunto sul tavolo del Presidente del Consiglio, dunque nessuna decisione è stata ancora presa e soprattutto non ci sono state valutazioni al riguardo”. Il dossier, sottolineano le stesse fonti, “è in fase istruttoria presso il ministro competente Toninelli, il quale è impegnato in una valutazione costi-benefici, che poi sarà sottoposta e condivisa con il presidente del consiglio e con l’intero governo.
Ad ogni modo – rammenta la nota – la soluzione sarà in linea con quella contenuta nel contratto di governo” nel quale la questione Tav veniva così affrontata: “Ci impegnamo a ridiscutere integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia”. Una sintesi piuttosto sibillina sulla quale però si è gettato di pesa quello che è diventato “l’azionista di riferimento” di questo governo cioè Salvini.
La relizzazione della Tav “deve andare avanti” ha dichiarato Salvini, in un intervento su Radio 24. “Dal mio punto di vista sulla Tav occorre andare avanti, non tornare indietro. L’opera serve e se per caso da un’analisi attualizzata del 2018 non serve, costa di più bloccarla che non proseguirla? Questo è il ragionamento che varrà su tutto – aggiunge Salvini – la Tap, la Pedemontana, Terzo Valico”.
Ma anche sulla Tav, come sulle priorità nelle scelte economiche, i governo a tre dovrà fare i conti con i diktat di Bruxelles. La Commissione europea ha infatti fatto sapere che si tratta di “un progetto importante non solo per Francia e Italia ma per l’intera Europa. E’ importante – ha affermato un portavoce della Commissione, interpellato sul tema durante l’incontro di metà giornata con la stampa – che tutte le parti mantengano gli impegni a completare i lavori nel tempo previsto”.
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