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L’ambasciatore italiano a Tripoli dichiarato “persona non gradita”. Grosso guaio in Libia

Il governo di Tobruk, saldamente in mano al generale Haftar, ha dichiarato “persona non gradita” l’ambasciatore italiano in Libia Giuseppe Perrone.  Haftar è a capo dell’Esercito nazionale libico, ed è avversario del premier libico Fajez Serraj, presidente del governo di Tripoli “riconosciuto dalla comunità internazionale”  e interlocutore di riferimento dell’Italia, che è l’unico paese europeo che ha mantenuto una sede diplomatica nella capitale Tripoli.

Come il nostro giornale ha già riferito alcuni giorni fa, al generale Haftar non sono piaciute le ultime dichiarazioni del diplomatico italiano. L’ambasciatore Perrone aveva detto in una intervista ad una testata libica, che la Libia, allo stato attuale, non è in grado di garantire uno svolgimento democratico delle elezioni, pertanto ha bisogno di tempo per andare al voto. Una ipotesi che non è affatto piaciuta al ge. Haftar, il quale è convinto che uno slittamento della data delle elezioni presidenziali e parlamentari – ad oggi fissata al 10 dicembre da un vertice che si è tenuto a Parigi nel maggio scorso sotto la regia del presidente francese Macron – non vada nel suo interesse.

Il generale Khalifa Haftar, rivale del governo di Tripoli, può contare sull’appoggio di Francia, Egitto, Russia ed Emirati Arabi Uniti. Fuggito dalla Libia nel 1987 e rifugiatosi negli Stati Uniti, vi è rientrato nel 2011 per realizzare il colpo di stato contro Gheddafi sostenuto da Francia, Gran Bretagna… e Italia

L’uomo forte che ormai comanda su tutta la Cirenaica, ritiene che se si andasse adesso, otterrebbe la maggioranza e vede nella decisione italiana, tiepidamente sostenuta dagli Usa, di organizzare una conferenza sulla Libia a novembre un modo per far slittare la data delle elezioni previste per dicembre.

A giugno Haftar ha cacciato da alcuni importanti terminali petroliferi sulla costa le milizie islamiche locali ed ha bloccato quattro terminal petroliferi nella parte orientale del paese, con conseguente crollo della produzione petrolifera libica. Mentre a luglio le televisioni e le strade della Cirenaica hanno visto un crescendo di dichiarazioni e manifestazioni contro l’Italia.

 

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