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Ilaria Cucchi: “Mio fratello è morto per mancanza di umanità ed interesse”. Intanto continuano ad arrivare minacce ed insulti

Ieri si è tenuta una nuova udienza del cosiddetto “processo bis” per la morte di Stefano Cucchi. Abbiamo intervistato la sorella Ilaria subito dopo. Oltre alle novità processuali, abbiamo parlato anche delle minacce, sempre più numerose e violente, che oltre agli insulti le arrivano ormai quotidianamente.

Partiamo dalle novità: cosa è emerso dall’udienza di oggi (ieri, ndr)?

“Sostanzialmente la conferma di quello che ho sempre sostenuto: mio fratello è morto tra il disinteresse di tutti quelli che hanno avuto a che fare con lui negli ultimi sei giorni della sua vita.

Sono stati ascoltati, tra gli altri, gli infermieri del Pertini. E’ l’ospedale dove Stefano è stato portato in condizioni terribili dopo il violentissimo pestaggio subito, e dove è morto.

Nelle parole delle loro deposizioni non ho colto il minimo segno di umanità, di rispetto nei confronti di Stefano. Mio fratello è morto per il pregiudizio, per l’incapacità delle persone di comprendere le condizioni in cui stava. Parliamo di tante persone, centocinquanta pubblici ufficiali, incapaci di guardare oltre il pregiudizio, di vedere oltre al detenuto tossicodipendente e rompiscatole anche un essere umano del quale in quei giorni sono stati violati tutti i diritti.

Mio fratello è morto da ultimo tra gli ultimi, e questa udienza mi ha dato l’ennesima dimostrazione che di Stefano non importava niente a nessuno”.

Parliamo di umanità, una categoria che sembra astratta ma che dovrebbe appartenere a chi agisce in nome dello stato. Nella vicenda che ha portato alla morte di Stefano di umanità se ne trova molto poca, anzi nessuna.

“Quello che è successo a Stefano deve necessariamente far riflettere. E’ un tema oltretutto estremamente attuale. Stiamo andando avanti nella convinzione che i diritti umani siano sacrificabili nel nome di presunti interessi superiori. Ma i diritti umani non possono essere mai sacrificabili, anche e sopratutto quando riguardano gli ultimi. Che sono tanti, e sono destinati a diventare sempre di più”.

Per gli ultimi della società sembra in effetti non esserci più tanto posto se danno fastidio, anche solo esteticamente. Di questo stai parlando?

“Si, diciamo che attualmente i problemi degli ultimi sono considerati danni collaterali”.

Sta girando questa nuova intercettazione che racconterebbe di come siano state attuate pratiche di depistaggio e falsificazione di atti significativi per nascondere delle responsabilità da parte di pubblici ufficiali. Eppure, a fronte di queste inquietanti ipotesi, ancora c’è chi parla di te come di una “nemica delle forze dell’ordine”. Come è possibile?

Per nove anni c’è chi è stato convinto di poterla fare franca, che tutto sarebbe finito lì. Così non è, mi dispiace per loro. Rispetto al concetto che si vuol far passare, ossia che c’è una guerra in corso tra la famiglia Cucchi e le forze dell’ordine, è assurdo e sbagliato. Io credo, l’ho sempre detto e sempre dimostrato, nel valore e dell’importanza delle istituzioni e delle forze dell’ordine. Quelle per bene, quelle pulite. Ne abbiamo tanti esempi sotto gli occhi. Posso citare, ad esempio, il lavoro enorme svolto dalla Squadra Mobile di Roma nel corso di queste indagini (il “processo bis” sulla morte di Stefano, ndr). Posso citare il personale del commissariato di Porta Maggiore, che ogni giorno mi incontra e riceve le mie ormai numerosissime denunce che sono costretta a presentare nei confronti di chi continua ad insultarmi ed oggi anche a minacciarmi.

Dal punto di vista del processo?

Devo dire che di fronte a questo quadro terribile che si sta presentando, di responsabilità non solo delle persone oggi imputate in questo processo, ma anche dei loro superiori, che per anni hanno taciuto ed insabbiato – fatto secondo me gravissimo ed intollerabile – dall’altra parte i difensori degli attuali imputati continuano ad affannarsi a gettare la responsabilità della morte di Stefano su Stefano stesso, sulla sua famiglia, sui nostri rapporti familiari. Come se Stefano lo avessimo ammazzato noi. Anche oggi (ieri, ndr) è avvenuto, ed è paradossale. I nostri rapporti erano comunque ottimi, Stefano sapeva di poter contare su di noi, ma questo nulla c’entra con il processo, con quanto successo a Stefano. E’ stato massacrato di botte, e per questo è morto. In aula, di nuovo, è stato chiesto che fine avesse fatto la cagnetta di Stefano. Io rimango senza parole: è stato consentito che la famiglia Cucchi, una famiglia perbene che ha subito un lutto atroce, sia stata costretta a farsi carico per anni di processi sbagliati, che hanno un costo emotivo ed economico enorme, e siamo ancora noi sul banco degli imputati. La differenza è che oggi la Procura non consentirà questo linciaggio, ne sono certa”.

Dopo le dichiarazioni del carabiniere Casamassima e sopratutto del carabiniere Tedesco, che hanno raccontato quello che è successo, si può dire che le strategie difensive degli imputati si siano decisamente complicate. Forse dipende da questo il tentativo di concentrare l’attenzione su altro, ad esempio sulla vostra famiglia?

“Mi rendo conto che la preoccupazione sia tanta, da parte degli avvocati della controparte. Sono talmente preoccupati da voler perfino infangare la memoria del morto, ma non ci riusciranno, mi dispiace per loro”.

Parliamo delle minacce: quante, di che tipo, che natura hanno? Sono i soliti insulti “da social network” o parliamo di qualcosa di più grave?

“Gli insulti sono tanti, tantissimi. Ci sono dall’inizio di questa vicenda. All’inizio erano prevalentemente rivolti a Stefano, che era morto e non poteva difendersi. Adesso l’attenzione si è spostata su di me, sulla mia famiglia, sui miei genitori. Questo è intollerabile: i miei genitori hanno sofferto, hanno perso un figlio in una maniera terribile, sono stati sempre rispettosi di tutti, non hanno mai usato parole fuori luogo, mai insultato nessuno. Io non consentirò più che siano ancora una volta vittime. A questo si aggiungono oggi anche le minacce, e devo dire che sono preoccupata, per me e per i miei figli. Per questo ho deciso di denunciare tutti: sto passando intere giornate al commissariato, e continuerò a farlo. “Ti auguro di morire peggio di tuo fratello”, ve ne cito una tra le tante”.

Chiudiamo con una considerazione: ogni anno che la vostra battaglia va avanti, aumenta il peso che siete costretti a portare sulle spalle. Eppure andate avanti, senza fermarvi, in cerca di verità e giustizia. Può essere che questo atteggiamento di totale determinazione dia fastidio a qualcuno?

“Il peso è grande, enorme. Credo che questa sia una battaglia di civiltà e di legalità, a dispetto di quello che si vuol dire. Devo sottolineare che insulti e minacce – sui social – provengono perlopiù da profili di presunti appartenenti alle forze dell’ordine oppure di simpatizzanti di una determinata corrente politica”.

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