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Mezzo miliardo per il nuovo Tram a Bologna: la cavalcata della speculazione

Le trasformazioni urbane a cui abbiamo assistito negli ultimi anni riportano una Bologna che si sta modificando in una direzione ben precisa: una direzione che parla di nuova cementificazione, di gentrificazione, di speculazione edilizia e di favori alle solite cooperative di costruzioni in crisi. Ci troviamo di fronte ad una città che vuole diventare all’avanguardia nel contesto europeo-internazionale, capace di attrarre investimenti e di fungere da polo centrale in una delle regioni più produttive del Paese. Una prospettiva però che sta significando una spietata privatizzazione del sistema pubblico (dalla sanità ai trasporti all’immobiliare, al welfare in generale) e una gestione aziendalistica dei servizi essenziali, che pone la prospettiva di sviluppo sociale della collettività vincolata unicamente a criteri di profitto. Una città che si trova sempre più divisa tra centro e periferia, il cui sistema economico basato sulle cooperative da oramai decine di anni ha svelato il proprio volto parassitario e clientelare alimentato dall’esternalizzazioni dei servizi pubblici. Una città ritagliata su misura per chi sta al passo del contesto competitivo internazionale, che sta venendo ridisegnata più sulle esigente di turisti, studenti d’elite e uomini di business piuttosto che per chi vi abita e vi lavora.

In questo contesto, ci chiediamo che ruolo abbia il progetto della nuova linea di tram. Un progetto che il sindaco Merola stesso definisce come “non solo di un mezzo di trasporto, ma un’opera destinata a contribuire a cambiare il volto della città. E’ un progetto fondamentale in termini di sostenibilità ambientale e di mobilità, destinata a migliorare la qualità della vita”.

Ma è davvero così?

Di tutto il progetto, che prevede il collegamento delle aree periferiche della città metropolitana al centro (per un costo di 1 miliardo e 300 milioni di Euro, esplicitamente sottostimato), quella prioritaria sarebbe la “linea rossa” (le attuali stime prudenziali indicano solo per questa linea il costo di oltre 500 milioni, circa 30 mln/km), l’unica di fatto per cui è stato avviato lo studio di fattibilità che dovrebbe essere approvato quest’estate, e che collegherebbe Casteldebole (ovvero la zona dell’aeroporto) al Caab (vedi F.I.CO). Procrastinate ad un secondo momento invece linee che servono gli assi verso San Lazzaro, Casalecchio e del quartiere Corticella, decisamente a maggiore densità abitativa.

I bolognesi attenti sanno bene che questa priorità non cade dal cielo, ma che il piano di collegare in modo veloce l’asse ovest-nord est della città (che passa per il quartiere fieristico e arriva al parco giochi del cibo) è nelle corde del sistema PD da anni. Il perché è presto detto: sviluppo turistico, nuova urbanizzazione dell’area metropolitana, spazi per la speculazione territoriale (e non). Già nella redazione dell’ultimo Piano Generale Del Traffico Urbano PGTU del 2006 si parlava di una metrotramvia che collegasse la zona del CAAB ai Prati di Caprara (in entrambe le zone è prevista una forte espansione urbanistica oltre alle strutture già realizzate), ma viene posta per un “orizzonte di lungo periodo” e trattato solo come linea di indirizzo, lontano da un’eventuale realizzazione.

Nell’area nord- est della città è stata pianificata negli anni una considerevole espansione insediativa, dove già molti interventi sono stati costruiti e sono sotto i nostri occhi, a partire dall’apertura apripista nel 2002 del centro Commerciale Meraville a cui sono susseguite le costruzioni di Caab (2009), della facoltà di Agraria dell’Unibo e del Business Park. Queste variazione e futuri ampliamenti, li ritroviamo nei piani di indirizzo strategico urbano, ovvero nel Piano Strutturale Comunale di Bologna del 2007, in cui vengono indicate le aree da urbanizzare, trasformare e riqualificare. Molte aree di quella porzione di città sono classificate nel PSC come “territorio da strutturare” ed in aggiunta si ribadisce la necessità di servirli con un collegamento come la tramvia.

Figura 1: Pianificazione delle aree interessate dal tram nel Piano Strutturale Comunale del 2007

Nel 2008 avviene che le giunte comunali e provinciali emanino il testo dell’accordo territoriale per il “Polo funzionale Caab”. Questo accordo, fortemente voluto dalle giunte di centro-sinistra, dà il via a nuovi insediamenti residenziali e produttivi. Nelle aree a sud del CAAB, chiamate “Annesse Sud” e di proprietà della fondazione Carisbo si prevede un forte insediamento di tipo abitativo (circa 85 mila mq secondo la pianificazione del 2008 suddivisi tra edilizia residenziale e attività commerciali). Allo stesso tempo anche la adiacente zona Pioppe, di proprietà del Comune di Bologna e del Caab, prevede circa 40 mila mq di costruito. Ampliamento insediativo che può anche essere visto in connessione ad un’estensione urbana in un’area ora non utilizzata attigua all’attuale quartiere Pilastro, con l’obiettivo di insistere anche su quest’ultimo con una “riqualificazione” di un quartiere che ad oggi ha tutti i connotati di una zona popolare. Indicative sono le dichiarazioni dell’ufficio stampa del comune che nel 2008 confermano la volontà di avere preso di mira proprio il Pilastro, contando che, una volta espulse le fasce popolari, esso possa rappresentare un terreno di forte investimento. Dicono infatti dell’accordo territoriale per l’area del Caab : “un’unica grande espansione dell’attuale Pilastro … destinata a cambiare per sempre il volto al quartiere popolare per antonomasia della città. Le nuove quote residenziali dovranno contribuire alla riqualificazione fisica e sociale del quartiere Pilastro, proponendo un’offerta abitativa differenziata e di alto livello qualitativo”. In pratica, si conta di ‘alleggerire’ il Pilastro dei suoi tanti alloggi Erp (da sostituire con edilizia a canone convenzionato), distribuendoli anche nella zona di nuova costruzione insieme ad altri tipi di residenza. E’ un’occasione per fare edilizia sociale, in particolare per giovani coppie, ma soprattutto per integrarla con una riqualificazione del Pilastro”.

Passano gli anni e lo sviluppo territoriale continua e tra le varie operazioni di speculazione edilizia vediamo spiccare FICO, il progetto faraonico in salsa PD frutto della collaborazione tra Caab, Comune, cooperative & Farinetti che apre nel settembre 2017, che in quell’area fa da regina. Addirittura si è proceduto con una ridefinizione dello strumento urbanistico ad hoc nel febbraio 2013 per l’approvazione del progetto, intervento che il Sole 24 Ore ha identificato come «soprattutto un progetto immobiliare innovativo, il primo nel suo genere” . Poco prima dell’apertura (dal 2015) iniziano le dichiarazioni del sindaco Merola a ribadire la necessità di portare al centro dell’agenda politica la costruzione una nuova linea di tram, questa volta che deve anche aiutare a servire FICO e a trasportare l’infinito numero di turisti previsti. Addirittura Merola nel 2016 ribadisce la necessità di rivedere il Piano Generale Urbano del traffico PGTU precedente, citando l’esigenza di parlare finalmente del Passante, del servizio ferroviario metropolitano e anche di collegare il Caab, Fico e il Pilastro alla stazione e alla nuova area dei Prati di Caprara, con uno studio di fattibilità su metro tram da definire insieme a Trenitalia.

Da settembre 2017 il progetto si fa molto più corposo e concreto. Con tempi estremamente rapidi si arriva, in fase di discussione e redazione del nuovo Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS), alla definizione di un’intera (e mai vista in nessuno strumento di pianificazione prima d’allora!) rete tramviaria urbana che è quella di cui stiamo discutendo ora.

Figura 2;Fonte: Elaborazione da PUMS Bologna Metropolitana-La rete portante del Trasporto Pubblico Metropolitano-Documento Preliminare all’avvio alla fase di partecipazione sulle scelte (7 marzo 2018)

Il documento del PUMS arriva infine, dopo aver già delineato l’intera maglia della nuova infrastruttura, a identificare quale tra le quattro linee abbia priorità. Da quello che ne emerge non c’è dubbio: si deve partire dalla linea rossa, proprio quella che raggiunge CAAB/FICO e che guarda caso era stata anche la prima e l’unica ad essere stata presa in considerazione negli anni precedenti. La logica, nemmeno tanto nascosta, è scritta nero su bianco nel documento preliminare del PUMS “È fondamentale rilevare come il tracciato della Metrotramvia venga ritenuto fondamentale e strategico per un numero consistente di ambiti di trasformazione, che spiccano soprattutto per qualità ed opportunità nel sviluppo urbanistico della nuova città“. Una logica che risponde alle esigenze future di una città che continua a cementificare e costruire stabili che rimangono sistematicamente vuoti, che non ha nulla a che vedere con le esigenze reali e attuali dei cittadini. Si potrebbe chiedere di valutare la possibilità di studiare la priorità di una soluzione da Corticella a San Lazzaro, asse interessato già oggi da molti spostamenti, ma questa sarebbe un’altra storia, e aprirebbe l’”annosa” questione della democrazia sulla gestione del territorio.

Anche perché la “vittoria” della linea rossa sulla linea blu (da Casalecchio a San Lazzaro) è avvenuta per pochissimo, e inoltre c’è da chiedersi se la stima delle persone che si dirigeranno a FICO conteggia ancora delle previsioni spropositate di Farinetti (6 milioni/anno previsti) oppure ci sia stato un ridimensionamento dopo il conclamato flop, nonostante tutti gli sforzi di promozione da parte del comune e degli investitori…(il servizio della navetta per FICO è stato ridotto perché sembrava girasse quasi a vuoto!).

Figura 3:Fonte: PUMS Bologna Metropolitana-La rete portante del Trasporto Pubblico Metropolitano-Documento Preliminare all’avvio alla fase di partecipazione sulle scelte (7 marzo 2018)

Traporti: un’opportunità per il profitto e per aumentare la competitività del territorio

La pianificazione dei trasporti corre sullo stesso piano delle trasformazioni urbane, ed entrambe sono il prodotto delle scelte economiche e politiche dei nostri territori. In un contesto di competizione economica internazionale e di riflesso anche nazionale, le città assumono un ruolo fondamentale nella capacità di attrarre investimenti e garantire nuove forme di accumulazione. Alla luce di una inesorabile crisi economica, una soluzione per il capitale in crisi di valorizzazione nel settore industriale è quella rivolgersi verso forme di accumulazione di rendita, dalla finanziaria a quella immobiliare, in modo da consentire ancora un’elevata redditività.

In aggiunta, i territori si trovano nella morsa della competizione sia nazionale che internazionale. Le città, cuori nevralgici del sistema economico si stanno giocando una partita importante come player di riferimento per assicurare crescita e profitti. In questo senso si inserisce la creazione delle città metropolitane, come poli attrattori e di concentrazione di capitale che all’interno di una gestione nazionale costituita da una governance multilivello si muovono con un certo grado di autonomia e provano ad attrarre nuovi investimenti, alimentando sempre più competizione e squilibri tra le realtà del Paese (non è un caso che l’Emilia Romagna promuova l’autonomia finanziaria). Bologna e la sua Città Metropolitana si trova a guardare sempre più verso nord e verso il centro nevralgico europeo, in cui rientra anche la city d’Italia, Milano. Le trasformazioni urbanistiche e nuove assi viari e infrastrutturali devono rispondere all’esigenza di sostenere questa direzione economica, politica e di riassetto sul piano amministrativo-territoriale. Sul piano della pianificazione territoriale, si mettono le basi per attrarre investimenti e stimolare la riconversione delle aree, sia edificate che non, svendendo quanto rimane e convertendone la destinazione d’uso forzando su una legislazione in materia sempre meno restrittiva. La crescita del valore degli immobili e dei terreni viene poi garantita dalla realizzazione di poli nevralgici e servendo i quartieri con collegamenti rapidi con gli altri nodi economici locali e nazionali (la connessione con la stazione Alta Velocità diventerà prioritaria per tutti i maggiori insediamenti e strutture presenti nell’ambito urbano) a cui si sommano operazioni massicce di riqualificazione e gentrification dei singoli quartieri. Il recente caso delle due linee di tram realizzate a Firenze sono lì a confermarci l’aumento dei prezzi del biglietto per l’intero sistema di trasporti locali, l’aumento dei prezzi immobiliari nelle aree interessate (come certificato dall’IRPET, l’Istituto regionale di programmazione economica della Toscana) e la pesante ricaduta sulle tasche di inquilini e piccoli commercianti.

Chi ci guadagna da tutto ciò? I sostenitori della nuova linea costituiscono quello stesso fronte ampio filo PD che già si era battuto per il people mover, per il passante autostradale nord e per il FICO; un battaglione di signori in giacca e cravatta (ma che si fanno fare anche foto in bicicletta!) in difesa della “crescita e dell’austerity” e dei grandi investimenti. È una dinamica che si muove sia sul piano locale che su quello nazionale (pensiamo al sostegno di Zingaretti alla Torino-Lione), nulla di nuovo. Sovente si fanno paladini della città green, come in questo caso, sapendo che questo significa una possibilità di fare profitti attraverso speculazioni urbane e o nel tentativo di attrarre grandi investimenti, o di portarsi a casa una fetta di profitto garantito sulle spalle di chi probabilmente quel tram non avrà mai modo di usarlo.

PIANIFICAZIONE URBANISTICA EMILIA ROMAGNA

Gli strumenti di pianificazione urbanistica sono stati modificati in maniera decisiva in questi ultimi vent’anni anni. Dalla pianificazione classica del vecchio Piano Regolatore Generale, troppo “ingessata” e che non garantiva strumenti di certezza di attuazione in tempi brevi, si sostituiscono le nuove leggi regionali a partire dagli anni 2000, che si ispirano alla nota proposta di legge formulata dall’istituto Nazionale di Urbanistica (INU) nel Congresso di Bologna nel 1995 . In particolare l’INU manifestava l’esigenza di introdurre una maggiore una maggiore sussidiarietà e coinvolgimento dei soggetti privati interessati nelle fasi di programmazione, approdando ad una normativa più flessibile e su più livelli, da classico impianto neoliberale. Sarà proprio l’Emilia Romagna una delle prime regioni a riprendere i nuovi indirizzi attraverso l’approvazione della Legge Regionale 20/2000. Questo percorso ha fatto recentemente un ulteriore passo in avanti con l’approvazione dell’ultima Legge Regionale 24/2017 operativa da inizio 2018. Questa nuova legge urbanistica regionale, che è legata con un filo diretto alla normativa sul piano nazionale dello Sblocca Italia è stata definita nella fase di stesura accogliendo suggerimenti e osservazioni provenienti dall’ala locale di Confindustria e dall’ ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) Emilia Romagna . In generale le nuove leggi introducono concetti che, per semplificare, possono essere riassunti in qualche punto. In primo luogo si è realizzato uno sdoppiamento su due livelli di pianificazione, uno strategico (di indirizzo) e uno operativo, che consentono un più rapido sblocco del cambio delle destinazioni d’uso del territorio e una velocizzazione delle realizzazioni (nell’ultima legge regionale il sistema viene ancora di più accentuato). Inoltre si aumenta l’incentivo all’iniziativa di investimento privato e finanziario. Addirittura i privati vengono direttamente invitati a proporre le proprie idee di trasformazione sulla città, proposte che il pubblico recepisce come attore quasi passivo inserendole poi a pieno titolo negli strumenti di pianificazione comunale. Infine si stimola lo strumento della perequazione urbanistica in sostituzione al vecchio esproprio, che regala ai privati enormi profitti come incentivo alla trasformazione di aree e alle operazioni di rigenerazione. Una soluzione giustificata dalla necessità di rinvenire fondi mancanti per le trasformazioni del territorio, che le amministrazioni locali strozzate dai vincoli di bilancio non possono rivenire, che di fatto regala enormi profitti a tutti gli investitori che riescono a mettere mano alle grandi riconversioni urbane.

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2 Commenti


  • Lluch de sa font

    La banda casaroli già usava il tram…


  • valeria

    meno male che c’è qualcun altro che pensa che a Bologna vi siano studenti d’elite, e anche che a questi e ai turisti (e a chi vende loro i servizi di conseguenza) sia ridisegnato il servizio, perchè sento che molti invece si portano appresso uno stereotipo di studenti vittima che io non vedo. i figli degli operai non appartengano a questi, a me pare ovvio.

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