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Su Roma e decreto-crescita tra Lega e M5S volano sberle, anzi ancora buffetti

Oggi il Consiglio dei ministri si riunisce per dare il via libera al decreto sulla crescita. Ma sul decreto nel governo si è materializzato lo scontro tra l’uomo della Lega (che si riscopre “padano”) e il M5S che amministra la Capitale dal 2016.

Il vicepremier Matteo Salvini ha affermato infatti che non è disposto a dare semaforo verde al fondo per Roma Capitale, una sorta di finanziamento speciale, attivo da anni, per il sostegno alle spese nella città che, purtroppo e per fortuna, ospita la sede dello Stato Italiano, del governo, dello Stato del Vaticano etc. etc. “Regali a qualcuno non ne facciamo. Non ci può essere un intervento salva-Raggi quando ci sono tanti comuni italiani in difficoltà e che hanno bisogno. O si aiutano tutti oppure non ci sono cittadini di serie A o di serie B, così come non ci sono sindaci di Serie A e di Serie B. Non mi pare che a Roma ci sia un sindaco che abbia il controllo della città”, sottolinea Salvini riproponendo un refrain usato molte volte in passato dalla Lega.

Per il M5S, finito sui carboni ardenti per la pessima performance al governo di Roma, quello sul finanziamento alla Capitale è un atto dovuto e già contemplato. “Non c’è sempre bisogno di un nemico, i Comuni vanno salvati tutti ma i problemi sono diversi e a ciascuno serve la sua cura”, è la replica del viceministro dell’Economia Laura Castelli (M5S).

Ma Salvini insiste nel volere un accordo in Consiglio dei ministri, su tutti i Comuni, o “non voteremo la norma Salva-Raggi” ma, secondo rumor dal mondo leghista, il provvedimento salva Roma non sarà inserito nel decreto ma solo in sede di conversione assieme alle norme per gli altri Comuni.

Il cosiddetto Salva Roma è una norma, contenuta nel testo del provvedimento in discussione, che riguarda il debito storico di Roma. Prevede la chiusura nel 2021 della struttura commissariale (introdotta ai tempi del governo Berlusconi) dipendente da Palazzo Chigi, che gestisce da anni tutti i debiti accumulati dalla Capitale fino al 2008 (giunti al momento a quota 12 miliardi). Il M5S sostiene che “questa operazione non comporta oneri maggiori per lo Stato, anzi produrrebbe dei risparmi e risorse in più a disposizione”.

Ma il decreto in discussione, non riguarda solo la Capitale. Dentro c’è un po’ di tutto. In primo luogo soldi per le imprese con il ripristino del superammortamento del 30% per acquisti di beni strumentali nuovi effettuati da imprese e professionisti dal 1° aprile e fino al 31 dicembre 2019, l’aumento della deducibilità Imu sui capannoni mentre, l’estensione a tempo indeterminato del prestito «ponte» concesso ad Alitalia nel 2017 e la trasformazione degli interessi in capitale della compagnia, i rimborsi per i truffati dalle banche che hanno subito un danno a seguito dell’acquisto di strumenti finanziari emessi dalle banche sottoposte ad azione di risoluzione.

 

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