La CGIL «Il primo maggio è la festa del lavoro e non va assolutamente strumentalizzata».
La CGIL «Siamo certi che la polizia e i carabinieri garantiranno a tutti di manifestare serenamente».
Il PD Torinese: «Si profila un corteo in cui l’attenzione sarà monopolizzata da un tema divisivo come la Tav, relegando sullo sfondo i temi più generali del lavoro e della politica».
Il PD «Il Primo maggio deve essere quello per cui è nato: una manifestazione nazionale, pubblica, aperta a tutti, indipendentemente da quello che si pensa sul Tav, per rappresentare la centralità del lavoro nella nostra democrazia, un principio della Costituzione spesso trascurato».
Queste sono le reazioni “a sinistra” all’annuncio della partecipazione del Movimento No Tav alla manifestazione del 1 maggio. Lesa maestà da un lato e paura isterica dall’altro.
Entrambi ci fanno sapere di come il primo maggio sia la festa del lavoro e che la manifestazione cittadina possa parlare un solo linguaggio: quello ingessato dalle organizzazioni sindacali.
Scopriamo ancora che, seppur da mesi, sindacati e partiti non perdono occasione per presentare la Torino Lione come la soluzione di tutti i mali economici del Piemonte e dell’Italia intera, al primo maggio non se ne possa parlare, non si possa mettere in discussione un tema “divisivo”.
Ma come? A Torino non erano tutti per il TAV? Quindi tutti i mesi scorsi, le prese di posizione nette a favore di un’opera inutile, e le manifestazioni di sostegno bipartisan cos’erano? E perché non se ne può parlare il primo maggio e si delega a polizia e carabinieri il tema?
Il primo maggio è di tutti e tutte, ed è giusto, come del resto avviene da anni, che i notav partecipino e portino con forza le proprie ragioni, maggioritarie e reali, rispetto a chi ha piegato la propria campagna elettorale e i propri interessi a favore dell’icona del super treno.
Siamo convinti che il primo maggio torinese abbia sempre rappresentato, in spezzoni ben diversi, il lavoro e il non lavoro, ma soprattutto idee e bisogni che non sono mai entrati in contatto con una rappresentanza, politica e sindacale, che si è sempre più distanziata dalle necessità reali dei giovani, dei lavoratori, dei pensionati, degli studenti e di quanti non hanno più garanzie.
Sarà proprio questa distanza che porta alle dichiarazioni avventate degli scorsi giorni? Perché forse sfugge che il Primo maggio non è la “festa del lavoro” ma dei lavoratori. Il lavoro non è bello in sé. Il lavoro può essere sfruttato, povero e degradante. E purtroppo troppo spesso oggi è proprio così a causa di chi non ha saputo tutelarlo e ha svenduto la vita di milioni di persone sull’altare della competitività e dello sviluppo a tutti i costi. Il lavoro può dare una vita dignitosa o arricchire le tasche di pochi, può essere utile al benessere di tutti o danneggiare irrimediabilmente la natura.
Al centro del Primo maggio, da che mondo è mondo, non c’è il lavoro, ci sono le esigenze a una esistenza piena e ricca dei lavoratori e delle lavoratrici. Che per cominciare hanno bisogno di vivere in un ambiente sano invece di respirare l’amianto del TAV, che hanno bisogno di servizi per i propri figli e infrastrutture decenti per recarsi al lavoro ogni giorno, che hanno il diritto a decidere come vengono usati i propri soldi, se per un buco nella montagna che favorisce gli interessi di pochi industriali o per le mille piccole opere di cui il nostro paese ha disperatamente bisogno.
Secondo CGIL e Pd, dovrebbe essere il corteo dei sovrani, al quale debbono partecipare i sudditi, zitti e buoni.
Ci spiace ma non è così. Il tema Tav è divisivo ed è giusto che sia così. E’ una contraddizione in seno alla Città che va affrontata anche il primo maggio, perché parla linguaggi del presente e del futuro molto diversi, soprattutto sui temi del lavoro e dello sviluppo.
Mentre la nostra sanità è in emergenza, la Regione parla solo di Tav; mentre il lavoro è un miraggio per molti i sindacati propongono la Torino Lione come panacea di tutti i mali. Noi diremo altro, diciamo che il Tav non porta lavoro, non porta uno sviluppo sostenibile e duraturo e non creerà nessun beneficio, se non per i soliti noti. Anzi sarà l’ennesimo danno alle casse pubbliche e alle tasche di tutti.
E’ per questo che saremo in piazza con le nostre bandiere e la nostra gente, perché la montagna resiste da oltre 30 anni, la collina si arrende dopo 3 manifestazioni!
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