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Dai portuali di Le Havre e Genova un potente segnale contro la guerra. Ora tocca a La Spezia

Lunedi mattina i portuali di Genova, così come avevano fatto quelli di Le Havre, si sono rifiutati di caricare materiale bellico sulla nave saudita Bahri Yanbu. La nave è di proprietà della maggiore compagnia di navigazione saudita e vettore consolidato del traffico di armi che alimenta la guerra contro la popolazione della Yemen dando vita alla più grande catastrofe umanitaria mondiale (secondo la definizione dell’ONU).

I portuali genovesi hanno scioperato in un porto praticamente militarizzato e non hanno caricato uno shelter per il controllo dei droni ma solo i materiali di uso civile. Il macchinario bellico è stato scortato dalla polizia in un magazzino del porto e per ora è rimasto a terra.

La nave saudita era salpata ad aprile dagli Stati Uniti ed ha imbarcato il 4 maggio container di munizioni al porto di Anversa. Sarebbe dovuta entrare l’8 maggio nel porto di Le Havre per caricare 8 cannoni semoventi Caesar da 155 mm prodotti da Nexter, ma ha dovuto rinunciare per la decisa azione’azione intrapresa nello scalo francese da associazioni pacifiste e lavoratori portuali. Nel porto spagnolo di Santander dove la nave saudita era approdata dopo il mancato rifiuto a Le Havre, c’è stata l’opposizione di forze che ne hanno denunciato la funzione militare, ma nonostante le denunce e gli esposti alla magistratura delle associazioni pacifiste la Bahri Yanbu  “avrebbe caricato armi e munizioni solo destinate ad una esposizione negli Emirati Arabi Uniti”.

L’Arabia Saudita dal 2015 ha dato vita all’escalation militare contro lo Yemen – colpevole in sostanza di avere defenestrato dal potere un “uomo dei sauditi” nel 2014 – è il secondo cliente per il commercio di armi per la Francia.

Ma è importante sapere che questi sistemi d’arma, non caricati nello scalo di Le Havre sarebbero stati spostati su rotaia per essere poi imbarcati dallo scalo ligure di La Spezia, presso l’Arsenale Militare. Se così avvenisse, sarebbe l’ulteriore conferma della complicità del governo italiano con il massacro della popolazione yemenita da parte della petromonarchia saudita. Nessuno dimentica le bombe saudite caricate a Domus Novas in Sardegna e poi sganciate sullo Yemen.

Il neo-colonialismo francese ha aumentato la sua presenza militare ormai nell’Africa Trans-Sahariana, e sponsorizza il signore della guerra libica, Haftar, che ha lanciato una escalation militare su Tripoli.

Ma anche l’Italia, come la Francia, è pesantemente coinvolta in questo traffico di morte grazie agli accordi di vendita di armamenti firmati durante il governo targato PD (e mantenuti dall’attuale governo giallo-verde) ed aveva visto la ministra Pinotti tra le maggiori responsabili – e allo stesso tempo negatrici – del coinvolgimento del paese nel conflitto yemenita.

Nella guerra in Yemen la carne da macello è la popolazione yemenita, ma “la carne da cannone” saudita è costituita per buona parte da soldati provenienti dal Sudan, in particolare dal Darfur, che vengono pagati attraverso un istituto bancario saudita. Così come nei paesi dell’Africa francofona o in Algeria, in Sudan questa “carne da cannone” da mesi si sta però ribellando defenestrando il dittatore Bashir.

Sono segnali importanti al di qua e al di là del Mediterraneo: chi fa la guerra non merita pace. La Piattaforma Eurostop esprime la propria riconoscenza ai portuali di Le Havre e di Genova e la propria solidarietà ai popoli yemenita, sudanese, algerino e dell’Africa transahariana. Insieme contro la guerra, insieme per sconfiggere il colonialismo europeo.

Piattaforma Eurostop

 

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