“Il colonialismo non cede se non con il coltello alla gola”
Franz Fanon
Il generale nigerino Moussa Salaou Barmou, insieme ad una più ampia delegazione, ha incontrato sabato a Conakry in Guinea il LOCALE capo di Stato – il colonnello Mamadi Doumbouya – entrato in carica grazie al golpe nel settembre 2021, insieme ad altre autorità militari della Guinea.
Ai leader guineani, i rappresentanti del CNSP (Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria) di Niamey che ha preso il potere il 26 luglio scorso hanno chiesto: «un sostegno più vigoroso per affrontare le sfide che verranno».
Barmou ha dichiarato che si è recato in Guinea per «ringraziare le autorità guineane per il sostegno al CNSP durante questi momenti difficili per il Niger».
Conakry infatti ha espresso il proprio disaccordo per le sanzioni attuate contro il Niger decise dalla Cedeao (Comunità Economica degli Stati dell’Africa dell’Ovest che comprende 15 nazioni), e per il possibile intervento militare che ha paventato l’organizzazione africana già nelle proprie dichiarazioni del 30 luglio, dando alla giunta nigerina 7 giorni di tempo per per ristabilire il deposto presidente Bazoum nelle proprie funzioni.
La Guinea ha una posizione simile a quella del Mali e dal Burkina Faso, che hanno offerto un sostegno più marcato affermando che considererebbero l’opzione bellica contro Niamey come un’aggressione militare a loro stessi.
La visita della delegazione nigerina avviene due giorni dopo il vertice della Cedeao a Abuja, la capitale federale della Nigeria, in cui i dirigenti africani hanno detto di privilegiare la strada della diplomazia per ristabilire il presidente deposto Mohamed Bazoum nelle sue funzioni e tornare allo status quo ante, ordinando allo steso tempo il dispiegamento di una «force en attente» pronta ad intervenire come extrema ratio qualora la crisi non venisse risolta.
Martedì 10 agosto la Cedeao non ha fornito un calendario, né il numero e la composizione dei militari che comporrebbero questa forza multinazionale.
Intanto la nuova leadership nigerina, martedì stesso, non cede di un millimetro ed ha rifiutato di accogliere una delegazione congiunta della Cedeao, dell’Unione Africana e dell’ONU.
Anche gli USA hanno ricevuto uno schiaffo diplomatico, considerato il rifiuto dell’attuale leadership nigerina di incontrare Victoria Nuland.
La prevista riunione dei capi di stato-maggiore dei paesi della Cedeao, che avrebbe dovuto svolgersi questo sabato ad Accra in Ghana, per individuare le «migliori opzioni» per l’utilizzo di questa forza militare, è stata rimandata sine die per presunti «motivi tecnici»
É senz’altro un segno di difficoltà nel passare dalle parole ai fatti, vista la forte opposizione interna che i paesi in prima fila nel cercare la forzatura militare stanno incontrando, le prese di posizione nette di importanti attori regionali come l’Algeria, la posizione comune di un “fronte” in costruzione tra i paesi del Sahel che hanno rovesciato le pedine del neo-colonialismo occidentale; e non ultima la grande mobilitazione popolare in Niger a sostegno della CNSP.
La Federazione Russa poi è tornata ad esprimersi contro l’intervento armato in Niger che «potrebbe condurre ad un confronto prolungato in questo paese africano così come ad una forte destabilizzazione della situazione nell’insieme della regione del Sahara e del Sahel».
Anche l’Italia e la Germania sembrano più propensi a cercare di trovare una soluzione diplomatica, mentre Parigi e Washington hanno già dato il proprio placet ad una operazione che in apparenza non li verrebbe coinvolti direttamente, ma ne difenderebbe certamente gli interessi.
Un altro stop all’avventurismo di una parte della leadership della Cedeao è venuto proprio dal suo parlamento, composto da 115 membri, che si è incontrato virtualmente ed in maniera straordinaria sabato 12 agosto, presenti 23 membri.
Secondo quanto riporta l’inviata speciale di Rfi Afrique ad Abuja, Liza Fabbian, «la maggioranza tra loro ha dichiarato d’opporsi all’intervento militare in Niger» senza che venisse fuori una risoluzione finale, ma proponendo che venga messa in piedi una delegazione per proseguire i negoziati tra la Cedeao e la giunta al potere a Niamey.
Nigeria, Senegal e Costa d’Avorio dovrebbero probabilmente fornire i contingenti più consistenti in quella che rischierebbe di divenire la “seconda guerra mondiale africana” dopo quella congolese, di cui l’insorgenza jihadista sarebbe probabilmente la prima beneficiaria.
Anche Togo e Benin si sono espressi, e si stanno adoperando, per una soluzione diplomatica.
Bola Tinubu, che ha incassato il ‘no’ secco del Senato per un ipotetico intervento all’estero del proprio esercito, già impegnato in diverse aree di crisi al proprio interno, continua a ribadire che non è stata scartata nessuna opzione per il ripristino dell’“ordine costituzionale” in Niger, che – per usare un eufemismo – era di fatto una democradura in mano ai centri di potere occidentali e dove all’opposizione – in particolare al M62 – erano negati i minimi margini di attività politica pubblica.
Alessane Outtura, presidente ivoriano ed uno degli uomini chiave della Françeafrique, ha dichiarato che la forza militare della Cedeao dovrebbe poter intervenire «nel minor lasso di tempo possibile».
Sembrano affermazioni più tese a cercare di “non perdere la faccia” di fronte ai partner occidentali (Unione Europea e USA) e che rischierebbero di pagare cara questa avventura militare che, secondo l’opposizione in Senegal, in un appello ampiamente sottoscritto, sarebbe catastrofica.
Prima del vertice di Abuja, il CNSP ha annunciato la formazione di un nuovo governo guidato da un primo ministro proveniente dalla ‘società civile’), composto da 22 ministri e che vede nei posti chiave, come gli interni ed ovviamente la difesa, dei militari.
A capo del governo è stato posto Mahaman Lamine Zeine, navigato politico ed esperto economista, con una importante rete di relazioni nella regione, che sabato 12 agosto ha incontrato leader religiosi wahabiti provenienti dalla Nigeria, prima dell’incontro con il generale Abdourahamane Tieni, ritenuto la mente della giunta al potere.
Intanto, venerdì 11, migliaia di manifestanti si sono radunati in prossimità della base militare francese a Niamey, gridando slogan contro la Francia e la Cedeao.
Parigi, che ha in loco 1.500 soldati, è il paese che ha più militari in Niger seguito dai 1.100 statunitensi, più di 300 italiani, oltre ai tedeschi.
Il messaggio del CNSP, in una allocuzione televisiva del 3 agosto – tramite il proprio portavoce, il colonnello Amadou Abdramane, ora ministro della gioventù e dello sport – è stato chiaro.
Il CNSP ha denunciato la serie di 5 accordi di cooperazione militare dal 1977 al 2020 tra Parigi e Niamey.
I militari francesi presenti dal 2013 in Niger, ufficialmente per combattere l’insorgenza jihadista, devono partire entro un mese.
Una rottura giustificata per «l’attitudine disinvolta e la reazione della Francia di fronte alla situazione interna che ha preso piede nel paese».
La Ministra degli esteri francese ha gettato benzina sul fuoco affermando che «solo le autorità legittime del Niger possono denunciarle».
Si tratterebbe della terza “fuga” francese, ed in generale europea, dal Sahel dopo la partenza dal Mali dell’ultimo soldato a metà agosto dell’anno scorso e della task force sabre, presente in Burkina Faso, nel febbraio del 2023.
Un’impresa che sembra oltretutto difficile da realizzare – secondo un anonimo esperto militare intervistato da Le Monde – in un breve lasso di tempo, considerato che l’ampio sforzo logistico sostenuto per abbandonare il Mali ha richiesto 6 mesi per evacuare un migliaio di veicoli e tremila container.
Uno sforzo congiunto civile-militare che ha impiegato le navi della Compagnia marittima di Nantes, i camion della Bolloré Logistics o i grossi aerei-cargo Antonov della Ruslan Salis.
In poco tempo Parigi dovrà evacuare dalla base aerea di Niamey diversi caccia Mirage 2000D, gli elicotteri d’attacco Tigre, quelli di manovra Caïman, per nonparlare dei blindati e dei droni MQ-9 Reaper, armati di bombe.
Il 10 agosto, il CNSP, ha di nuovo ricordato la breve tempistica concessa per il ritiro.
Generalmente nei comunicati ufficiali della CNSP vengono denunciate le pericolose ingerenze – vere e proprie provocazioni – che sta attuando la Francia, così come ha fatto in Mali ed in Burkina Faso.
É chiaro che se l’”atto di forza” degli ascari africani dell’imperialismo euro-atlantico non dovesse prendere forma, e – come nel caso del Mali, del Burkina Faso e della Guinea – le autorità costituitesi dopo la presa del potere dovessero restare al proprio posto sarebbe uno dei maggiori punti di caduta del neo-colonialismo occidentale e dei suoi lacchè locali.
Un evento che darebbe forza a tutte quelle esperienze che chiedono un cambiamento radicale rispetto all’assetto politico attuale della regione, sganciandosi dalle filiere di interessi occidentali.
In Niger, sembra insomma confermarsi quella dinamica che avevano messo in evidenza già “a caldo”.
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