L’altro giorno compagni dell’Unione Sindacale di Base e di Potere al Popolo di Napoli si sono recati alle porte della Klevers – la fabbrica dove lavorava Giuliano Granato – per un volantinaggio che annunciava la Manifestazione di solidarietà con Giuliano in programma il prossimo mercoledì 12 giugno nella piazza principale di Arzano.
Come era prevedibile abbiamo registrato una situazione ambientale in cui regnano paura, rassegnazione ed profonda interiorizzazione di una classica modalità di gestione paternalistica/familiare dell’azienda.
Eravamo all’orario di pausa di mezza giornata e sapevamo che attorno alle ore 13 i lavoratori hanno la consuetudine di uscire dal cancello per mangiare un panino, prendere un caffè o, semplicemente, una boccata d’aria.
Attorno alle ore 12,50 quando alcuni operai hanno visto le bandiere USB e i compagni con i volantini, immediatamente si sono precipitati a chiudere il cancello. Alcuni hanno, persino, mostrato il viso duro ed alcuni di loro che facevano da tappo al varco del cancello rifiutavano di prendere il volantino.
Come se non bastasse – sollecitati dai compagni che tentavano una qualche forma di interlocuzione – questi lavoratori si sono prodigati a tessere le lodi al padrone, ad incensarlo perchè avrebbe sottratto loro la possibilità di delinquere in quando avrebbe offerto il lavoro in un territorio ad alta presenza di criminalità.
Solo dopo alcuni lunghi e tesi minuti alcuni lavoratori sono usciti all’esterno della fabbrica e si sono fermati con noi. Qualcuno che conosceva Giuliano ha espresso attestati di stima umana e politica verso di lui, qualcun’altro ha accettato di prendere copie del volantino e di portarle all’interno ed altri ci ringraziavano per questa nostra presenza.
Naturalmente tra i compagni che hanno dato vita a questa azione di controinformazione c’è stata discussione da cui è emersa l’amara constatazione sullo “stato dell’arte” del grado di coscienza medio dei lavoratori ed anche una presa d’atto di come sia andato avanti il generale processo capitalistico di frantumazione sociale e di perdita di qualsivoglia elemento di unità , politico e materiale, tra gli operai.
Il rovescio della medaglia e la dialettica dei processi.
A distanza di qualche giorno – in una delle tante chiacchierate informali tra compagni – è iniziato a delinearsi un altro tipo di riflessione o, meglio, un diverso approccio a questa e ad altre tipologie sociali in cui sono riscontrabili tali comuni fattori di frantumazione, depoliticizzazione e di annichilimento di ogni forma di protagonismo da parte dei lavoratori.
La “Klevers Italiana” l’azienda di Arzano (Napoli) rea del licenziamento del compagno Giuliano Granato – con una motivazione surreale (calo di profitti) ma in realtà accusando Giuliano di aver portato in quella fabbrica lo strumento sindacale attraverso la costituzione di una RSA dell’Unione Sindacale di Base – non è una vecchia ferriera di inizio Novecento o uno scantinato in cui alligna, esclusivamente, lavoro nero, malsano e mal pagato.
La “Klevers Italiana” è una delle centinaia di piccole e medie imprese che pullulano nell’area a Nord di Napoli le quali impiegano migliaia di addetti, con una età media non altissima, con un discreto tasso di scolarizzazione e di formazione professionale e – soprattutto – incorporano processi lavorativi ad “alta intensità di capitale”. Certo questa zona (Arzano, Casoria, Casandrino, Casavatore) non è la Silicon Valley ma – per essere chiari – non è neanche il vecchio tessuto industriale travolto dalle crisi e dagli sconvolgimenti del ciclo di ristrutturazione di inizio anni ’90.
Siamo in presenza di aziende meccaniche, elettromeccaniche ed informatiche incardinate – prevalentemente – ad attività di subfornitura che non sono state interessate da nessun processo di sindacalizzazione essendo, nella maggioranza dei casi, anche imprese relativamente di “recente costituzione”.
La stessa UIL che in Campania è il più forte sindacato presente nell’industria non riesce a penetrare in questa tipologia di aziende ma mantiene, al momento, il suo zoccolo duro nei comparti che residuano delle vecchie “Partecipazioni Statali” o nelle grandi imprese private, come all’FCA di Pomigliano d’Arco.
Siamo – dunque – in presenza di un area territoriale che si configura come un enorme contenitore di forza lavoro (imprese e relativo indotto) che richiede, oggettivamente, una vasta ed articolata campagna di sindacalizzazione che sappia gettare le basi per costruire – in questo moderno segmento della composizione di classe – gli embrioni del nuovo movimento operaio (e proletario). Insomma, volendo essere espliciti, questa zona territoriale è il luogo dove “i Nostri” sono la maggioranza della popolazione!
Chi mastica attività sindacale è consapevole che la sacrosanta battaglia per la riassunzione di Giuliano non sarà una vicenda che si consumerà nell’arco di qualche settimana. Proprio il mese scorso è giunta, positivamente, a termine la Vertenza contro il licenziamento di due lavoratrici (Gina e Pasqualina, delegate USB) da parte di una ditta di pulizia che lavora in appalto con la ASL Napoli 3. Una Vertenza che ha richiesto circa un anno di continue e variegate mobilitazioni dove si sono mixate azioni di lotta dure, cortei, tende ai cancelli dell’ospedale di Nola ed iniziative legali.
E’ prevedibile, realisticamente, che la mobilitazione a favore di Giuliano Granato dovrà costruirsi ed esprimersi per un tempo non brevissimo e che la nostra iniziativa dovrà configurarsi ed attrezzarsi anche con strumenti e forme di lotta diversificate nel tempo.
Quale migliore occasione – dunque – per Potere al Popolo di “accettare la sfida” e di interfacciarsi con questo importante pezzo del “blocco sociale di riferimento” che – in parte – il licenziamento di Giuliano ci ha fatto toccare con mano?
Quale migliore occasione – sulla scorta della bella spinta emotiva e politica del diffuso pronunciamento in solidarietà con Giuliano – di sperimentare forme e modalità di relazione con questi frammenti della classe che necessitano di senso di identità, di conoscenza dei propri diritti e, particolarmente, di una presa di coscienza collettiva della loro potenziale forza?
Perché – mettendo a valore e connettendo tra loro esperienze sindacali, competenze scientifiche e disponibilità militante – non avviare una Inchiesta sul campo nei meandri economici e produttivi di tale spaccato dell’area metropolitana partenopea?
Una Inchiesta non solo per meglio conoscere la catena del valore del capitale nelle sue declinazioni specifiche e territoriali, ma anche per offrire linfa e sostanza all’azione che vogliamo condurre in questi contesti ben oltre l’attuale vicenda di Giuliano.
Una riqualificata ed efficace forma/sindacale – autonoma, indipendente e conflittuale – può essere contenuta ed agita nella pratica politica e programmatica e nelle necessarie relazioni di Potere al Popolo non come “banale forma di collateralismo politico con questa o quella sigla” ma come strumento che serve per avviare – al meglio possibile – le forme del radicamento, della costruzione sociale e della rappresentanza politica.
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Nicola Vetrano
A me piace questa riflessione e credo che, e lo dico da avvocato lavorista presente da anni nell’area che oggi è il circondario di Napoli Nord, assieme alle presenze operaie, vadano indagate anche le importanti presenze di tecnici ed impiegati dello stesso tessuto produttivo a Nord di Napoli- d’altra parte gli stessi operai ormai operano moltissimo colle tecnologie informatiche, questo è il lascito permanente del WCM, portato da Marchionne a Pomigliano- come, dall’altro lato, l’altro enorme indotto è la presenza femminile e non solo nei Centri della Grande Distribuzione a Nord di Napoli, che sono l’altro immenso settore di attvità.
Se la ricerca è tesa anche ad indagare, sul versante organizzativo e societario, la costituzione delle imprese nel settore, il loro rapporto colla sindacalizzazione embrionale delle persone che ci lavorano, le troppo frequenti crisi pilotate che si avviano in quell’ambito, ci voglio essere anche io, nella individuazione dei Nostri.