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Alex e dintorni. Un governo della guerra civile

La legge sono io”, diceva il giudice Roy Bean… In qualche modo, aveva un senso, in quel luogo e in quel tempo. In un posto senza Stato, la prima affermazione di un potere legale è un gesto di prepotenza, l’affermazione di una forza che ha poco a che vedere con la giustizia o con un “sistema di regole” in grado di regolare con equilibrio una qualsiasi società, meglio se ristretta a una piccola cittadina e i suoi incerti dintorni.

Tutt’altra cosa quando lo “spirito della frontiera” viene applicato a una “democrazia compiuta”, un “paese avanzato”, un “faro di civiltà giuridica”… Dà il senso di una crisi profonda, del collasso mentale e culturale dei governanti. I quali, per definizione, si sentono onnipotenti e mal sopportano un sistema di leggi che in qualche modo ne limita la “volontà di potenza”, pur dotandoli di moltissimi strumenti di corcizione.

Quel che sta avvenendo intorno alla vicenda delle navi ong impegnate nel recupero dei naufraghi in fuga dalla Libia in guerra – qualsiasi sia l’opinione che si può avere di ogni singola ong, tutte diverse tra loro per finanziamenti, struttura, finalità – è il delirio di onnipotenza di un potere impotente.

Vediamo la situazione in qualche dettaglio.

La Guardia di Finanza di Lampedusa ha convocato questa mattina in caserma Tommaso  Stella e Beppe Caccia, rispettivamente il capitano e l’armatore della barca a vela Alex – della ong Mediterranea Saving Humans, autrice del salvataggio di 59 persone –, per comunicare loro la decisione di “confiscare l’imbarcazione ai sensi del decreto sicurezza”.

Un provvedimento del genere ha una base “legale” così evanescente che i militari agli ordini di Salvini (anche se la GdF istituzionalmente dipende dal ministro dell’economia, Tria) si sono dovuti appigliare a un molto presunto “scarrocciamento” al di qua dei confini delle acque territoriali italiane.

Che vuol dire? La Alex ha certamente non obbedito all’ordine di non entrare in acque “nazionali” (sorvolando sul piccolo dettaglio che si tratta di nave battente bandiera italiana, dunque legittimatissima a “tornare a casa”). Ma questo non sarebbe bastato a far scattare la confisca della nave – una espropriazione di fatto, ben più grave dei “sequestro giudiziario”, sempre temporaneo – neppur ai sensi dei demenziali articoli del “decreto sicurezza bis” (che peraltro sta affrontando solo ora la discussione parlamentare).

Dunque che cosa si sono dovuti inventare? Che qualche ora prima, quando la barca a vela Alex stazionava ai limiti delle acque territoriali, praticamente “alla deriva” in attesa della conclusione della “trattativa” con le autorità del proprio paese, avrebbe per qualche minuto oltrepassato quel limite, di pochi metri.

Tanto è bastato a far scattare l’ipotesi di “reiterazione del reato” – perlomeno nella testa dei funzionari della repressione – e quindi permettere di far scattare la confisca.

La decisione finale è nelle mani del Prefetto di Agrigento, ma occorre ricordare che i prefetti sono “il rappresentante del governo” in ogni singola provincia, peraltro nominati e a disposizione del ministro dell’interno. Quindi, a meno di gesti di disobbedienza impensabili per un funzionario di polizia, la confisca sarà confermata. Salvo poi ricorsi, più che giusticati e argomentabili, davanti alla magistratura.

Per dirne solo una, per un giorno e mezzo (tutto il venerdì e la mattinata di sabato), il vhs e il gps della Alex hanno avuto dei problemi di funzionamento. E chiunque può capire che in mare aperto è piuttosto difficile “vedere” il confine senza questi strumenti.

Nel frattempo il governo è in preda a una furibonda gara a chi la spara più fascista, con l’ominicchio Di Maio che prova a scavalcare Salvini proponendo… la confisca delle imbarcazioni già alla prima violazione dei confini. Ossia quello che al momento risultava illegale anche per i solerti funzionari della GdF.

Non occorre essere degli esperti di diritto per capire l’unica cosa rilevante di questo modo di procedere: per questi tizi al governo la “legge” coincide con il proprio mutevole fabbisogno di consenso elettorale.

Il che comporta diversi problemi.

Escludiamo quelli di carattere morale, valoriale e politico, su cui naturalmente non si può neppure discutere con certa gente (tra “uomini e no” non esiste neanche una lingua comune), e soffermiamoci solo su quelli di funzionalità.

Un codice penale o civile è un complesso di norme, sempre modificabili, ma caratterizzato da uno scopo unitario: mantenere l’equilibrio sociale e legale del paese, incentivando alcuni comportamenti e sanzionandone altri, premiando ovviamente certi ceti sociali a scapito di altri mentre finge di essere super partes. Su questo complesso di norme vigila un dispositivo meta-giuridico – la Costituzione – alla cui luce ogni nuova legge deve essere valutata.

Un governo, o alcuni membri di esso, che comincia invece a legiferare ad hoc, modificando all’impronta questa o quella norma a seconda delle necessità politiche dell’attimo o del singolo ministro (o di un partito), crea in poco tempo un caos dentro cui rintracciare cosa è legale o illegale fare diventa quasi impossibile.

Paradossalmente, dunque, salta anche il principio per cui la legge non ammette ignoranza (sarebbe troppo facile infatti dire “non sapevo che fosse reato”), perché quali gesti o comportamenti sono giudicati “reato” è cosa che viene stabilita dopo che quel gesto è avvenuto. Come il presunto “scarrocciamento” della Alex, insomma…

Un sistema siffatto non regola più alcunché. Sembra una genialata a quei poliziotti che hanno aiutato Salvini (è un eufemismo, sia chiaro…) a scrivere i “decreti sicurezza”. Perché a ogni sbirro sembra l’uovo di Colombo poter finalmente affermare – in qualsiasi situazione – “la legge sono io”, certo dell’impunità e con il potere di decidere al momento cosa può legalmente fare oppure no chiunque abbia davanti (nulla, in genere).

Peccato che questo generi un clima da guerra civile…

Perché, se la legge coincide con la volontà di alcuni contro quella di tutti, non è più una legge. Ma un esercizio di prepotenza, contro cui non c’è alcuna tutela o ricorso legale. Genera “norme” che oggi sembrano utili e tra sei mesi sono un impiccio, aggirabile con altre leggi ad hoc e senza alcun disegno generale. Invece dell’ordine crea disordine e conflitti senza regole.

E, alla lunga, la retorica della legalità perde senso. Per tutti.

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1 Commento


  • Daniele

    E’ ormai evidente che Salvini è una brutta copia di Almirante, Di Maio un poveretto e fanno un bel trio con Renzi da cui non si distaccano per nulla.

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