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Programmi e poltrone, con “punti” à la carte

Dopo un giornata di intense discussioni sui programmi..

I partiti attuali non hanno veri programmi anche se ne sfornano continuamente. Quelli che chiamano punti programmatici sono in realtà pensierini generici buoni per i social e per tutte le stagioni. Dieci punti, cinque punti, tre punti..Tutti uguali, tutti irrinunciabili.

Giorgetti ha dichiarato che quanto elencato da Di Maio è condiviso dalla Lega, anzi è già contenuto nel vecchio contratto di governo. Anche Del Rio Orlando e Marcucci, esponenti di quasi tutte le correnti del PD, hanno detto che sui punti dei cinquestelle si può lavorare. Insomma hanno tutti gli stessi punti programmatici di fondo, ma si scontrano sui dettagli. Questi dettagli sono prima di tutto chi farà il presidente del Consiglio.

Grillo vuole Conte che per lui ha ridato dignità agli italiani e non è una battuta. Zingaretti vuole la rottura di continuità, che tradotto vuol dire tutti tranne Conte. Di Majo vorrebbe se stesso, ma dovrebbe fare il governo con Salvini. Che è contemporaneamente per votare subito, ma anche no.

Insomma alla fine questi leader politici che ad ogni discorso premettono: a noi non interessano le poltrone ma i programmi, poi è proprio sulle poltrone che si sbranano, tradiscono, uniscono. Del resto una sola cosa è chiara sui tanti punti di programma che vogliono dire tutto ed il suo contrario.

Il solo punto programmatico che tutti considerano decisivo è la riduzione dei parlamentari. Una boiata pazzesca per dirla con Fantozzi, perché il problema della nostra democrazia non è il numero degli eletti, ma quanto conta il parlamento e come lo si elegge. Oggi quasi la metà degli italiani non vota perché pensa che il proprio voto ed i rappresentanti eletti non contino nulla. Di questa crisi della rappresentanza bisognerebbe discutere, senza pensare di risolverla come fa una multinazionale con gli esuberi. Se poi si vogliono ridurre i costi si taglino i lauti stipendi degli eletti, non il loro numero.

Altro che manovra economica, lavoro, ambiente, diritti, su questo sono tutti d’accordo, tanto poi saranno i mercati e la UE a decidere. È sulla riduzione dei parlamentari che si decide se i cinquestelle governeranno con il PD, o con la Lega. Ma siccome alla fine anche su questo punto irrinunciabile saranno tutti d’accordo, il discrimine sarà chi farà il presidente del consiglio.

Dopo una giornata di intensa discussione sui programmi si arriva alla sostanza: chi occupa le poltrone? Naturalmente nel più sdegnoso disinteresse per il potere. Che pena.

*Potere al Popolo

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