Nel rapporto “I sommersi dell’accoglienza” Amnesty International traccia un primo bilancio della applicazione del decreto legge 4 ottobre 2018, n. 1132 (cosiddetto decreto sicurezza, convertito in legge 1 dicembre 2018, n. 132) emanato dal governo gialloverde.
Il giudizio è senza appello: quel decreto ha gravemente peggiorato il sistema di accoglienza nel nostro Paese e sta generando ghettizzazione e povertà, sia economica che sociale. Con il conseguente aumento delle vittime dello sfruttamento lavorativo e delle attività criminali.
Da sottolineare – cosa che diverse organizzazioni in varia misura rientranti nel “terzo settore” si guardano bene dal fare – che il primo, come il secondo, “decreto sicurezza” targato Salvini è semplicemente la continuazione peggiorativa dei “decreti Minniti“, targati e votati Partito Democratico (anche dopo che il “Matteo primo”, Renzi, era già caduto di sella). Quindi ghettizzazione e povertà preesistevano e sono state certamente peggiorate dalla decretazione fascioleghista e grillina.
Di più (cosa che chi guarda solo al fenomeno immigrazione con intenti “così c’è lavoro per noi” non osa nemmeno citare), quei decreti – tutti, da Minniti a Salvini – criminalizzano qualsiasi protesta in modo tale da renderla di fatto impossibile perché “illegale”. Basta guardare a quanto avvenuto agli operai di Prato che protestavano per il mancato pagamento degli stipendi (da mesi!) e multati per 4.000 euro per non aver rispettato i limiti imposti dalla questura locale (solo un presidio, senza corteo, in una piazzetta in cui i manifestanti non potevano fisicamente entrare).
Interrogarsi sulle migrazioni e in particolare sulle condizioni di vita di migliaia di richiedenti asilo e beneficiari di protezione internazionale – scrive Amnesty nella sintesi del rapporto – significa concentrarsi non solo sulle ragioni della loro partenza, sulle condizioni sociali, politiche e ambientali dei Paesi di origine, sulle caratteristiche del viaggio o sulle terribili esperienze di tortura e violenza che essi possono subire, ma anche sul sistema d’accoglienza organizzato nel Paese di primo arrivo e sui percorsi di formazione, inclusione sociale, lavorativa e autonomizzazione della persona che finiscono col definire il rapporto tra il Paese di approdo, i migranti e il complesso di diritti di cui essi sono titolari.
Ciò posto, l’analisi del decreto legge n. 113/2018 (e del connesso decreto del ministero dell’Interno 20 novembre 2018) svolta nel rapporto mette in evidenza il processo con cui viene resa ulteriormente fragile la condizione del richiedente asilo e del beneficiario di protezione. Questo processo dura ormai da diversi anni ma il decreto n. 113/2018 amplifica in modo rilevante tale condizione di fragilità, producendo emarginazione sociale e ghettizzazione, insieme alla possibilità per il richiedente asilo di precipitare nell’esercito di invisibili che costituisce preda di interessi criminali e organizzazioni mafiose (sfruttatori, trafficanti, caporali e mafiosi).
Le misure del decreto che escludono i richiedenti asilo dal sistema dell’accoglienza cancellano di fatto la possibilità di percorsi inclusivi e socialmente avanzati, mentre l’abolizione della protezione umanitaria priva migliaia di persone, che si vedono rigettare la richiesta di asilo e che non possono essere rimpatriate, di uno status legale che permetterebbe loro l’accesso ai servizi sanitari, sociali e abitativi, all’istruzione e al lavoro, con evidenti ripercussioni negative su qualità di vita, sicurezza e dignità e con aumento della vulnerabilità e dell’esposizione allo sfruttamento lavorativo e criminale.
Si tratta – conclude la sintesi del rapporto – di un cambiamento normativo che si inserisce nella cornice di una politica fortemente orientata a bloccare gli sbarchi sulle coste italiane di donne, bambini e uomini che scappano da guerre, terrorismo, persecuzioni, cambiamenti climatici e violenze, a limitare in modo sostanziale il godimento di alcuni loro diritti fondamentali e a costruire barriere e ostacoli di carattere amministrativo e legislativo.
Fonte: NumeriPari
Qui il testo integrale del Rapporto
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