La coppia Fontana-Gallera (presidente e assessore al welfare della Lombardia) ha annunciato con una conferenza stampa che ha destato polemiche per il suo affollamento, l’apertura del nuovo ospedale per pazienti Covid-19 alla Fiera di Milano. Ricordiamo che ai primi di marzo Fontana aveva annunciato la realizzazione di quest’opera in stile “cinese”; si parlava allora di seicento posti letto.
In poco più di tre settimane il progetto si è ridimensionato drasticamente, tanto che la struttura attualmente può contare su 53 letti, dei quali solo da 7 a 12 potranno essere occupati dalla prossima settimana. A pieno regime, non ci sono previsioni, l’ospedale potrà avere una capienza massima di circa 200 ammalati.
A mandare in frantumi i sogni di Fontana e Gallera un dato che essi dovrebbero – per ruolo istituzionale – conoscere: nelle terapie intensive è necessario un medico ogni 2-3 pazienti, per tacere del personale infermieristico. Inoltre, sono necessarie attrezzature che attualmente sono di difficile reperibilità. Senza medici e attrezzature si costruiscono solo dei capannoni inutilizzabili.
L’idea ventilata di poter utilizzare, in questo ospedale, medici neolaureati o persino studenti universitari e infermieri studenti, è chiaramente in contrasto con l’alta qualificazione sbandierata dalla Regione. E con la pericolosità di questo “lavoro”.
Appare quindi sempre più evidente il significato propagandistico, che tuttavia rischia di trasformarsi in un boomerang, che ha avuto per la regione Lombardia la realizzazione di questo nuovo ospedale, di cui tra l’altro non si conosce il futuro.
Infatti, secondo Fontana, sarebbe intenzione del ministro Speranza trasformare questa struttura in un centro permanente per eventuali emergenze, destinato a servire il nord Italia. Tuttavia, la Fiera di Milano, proprietaria dello spazio, ne rivendicherà ben presto l’utilizzo, quando dovrà organizzare esposizioni e fiere commerciali che dovranno colmare le perdite di quelle saltate quest’anno.
Difficile quindi che l’Ospedale Fiera possa diventare permanente e quindi appare ancora più sbagliata la scelta della giunta regionale di non avere nemmeno valutato la possibilità di riqualificare strutture ospedaliere attualmente non utilizzate, che erano state più volte segnalate e che avrebbero il vantaggio di poter essere mantenute operative in futuro.
Resta poi discutibile la trasparenza economica dell’operazione, finanziata in gran parte con le donazioni di Silvio Berlusconi e dell’Enel, che avrebbero dovuto colmare gran parte della spesa. Ma su questo tema non sono disponibili, al momento, dati certi.
Inquietante è comunque la sicumera della coppia Fontana-Gallera che insiste a non voler compiere alcuna riflessione autocritica sulla gestione dell’emergenza e più in generale sulla “Caporetto” della sanità lombarda, come è stata definita dai medici di base bergamaschi.
Un crollo dovuto soprattutto alla politica delle “eccellenze” che ha visto i grandi ospedali (e i profitti di quelli privati) al centro del sistema, smantellando le strutture territoriali (piccoli ospedali, consultori, poliambulatori, centri di quartiere). Un processo che ha portato i medici di base, a cui tra l’altro è stato imposto un numero sempre crescente di “utenti”, a trovarsi soli di fronte all’epidemia senza, supporti, attrezzature, indicazioni terapeutiche
La mancanza di strutture territoriali è oggi una delle spiegazioni della continua estensione del contagio in Lombardia, a dispetto delle misure (poco) restrittive adottate.
Infatti, il contagio in Lombardia avviene in gran parte all’interno delle pareti domestiche, poiché ci sono migliaia di ammalati o positivi nelle case oppure persone che trascorrono la quarantena in famiglia. Questo perché non sono state approntate strutture per la quarantena.
Caso esemplare, la tardiva requisizione (un mese dopo l’inizio dell’epidemia) di un hotel dismesso da parte del Comune di Milano. ma che non è ancora operativo. A dimostrazione delle conseguenze della mancanza di strutture territoriali, la difficoltà in Lombardia di procurarsi bombole d’ossigeno per gli ammalati, anche i dimessi dagli ospedali, che ne hanno bisogno in grande quantità, ma stentano a trovarlo e riceverlo a domicilio.
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Giuseppe
MA REALIZZATE IL F O R L A N I N I I I I che puo’ contenete oltre 2.000 ricoveratiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Francesca Anna Perri
La stessa sicumera della Regione Lazio, che tra l’altro nella veste del suo presidente, è andata in Lombardia a copiare come si fa a trasformare il Servizio Sanitario Pubblico in Sistema Sanitario, equiparando il pubblico al privato accreditato! Nel Lazio ne abbiamo 16 di ospedali dismessi, la cui procedura di dismissione è stata avviata dal centro-destra, ma completata dal centro-sinistra!