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Pensieri (di una prigioniera che non può parlare)

Va ad immaginare il cuore umano…

Dal carcere delle Vallette non facevo altro che pensare alla mia casa, ai sentieri che salgono verso la montagna e i boschi della Clarea, ai vicoli del paese che portano alla la Credenza. Chiusa nella mia cella, la nostalgia mi riportava ai volti delle persone care, agli animaletti che aspettavano invano il mio ritorno…

Ora che sono tornata, il mio pensiero corre là, tra quelle mura, dalle mie compagne di detenzione che ancora aspettano, dietro le sbarre, un atto di semplice e dovuta giustizia. Anche loro, come me, hanno il diritto di sfuggire all’epidemia che avanza e che nel sovraffollamento e nell’invivibilità del carcere, farà strage di vite.

Chi non ha provato, non sa la paura dell’attendere immobili ed inermi e non conosce la generosità incommensurabile della parola detta al momento giusto contro l’angoscia che sale, del caffè offerto con amicizia a chi sta per lasciarsi andare….

Penso alla mia compagna di cella che da mesi dovrebbe essere a casa, se non fosse per una svista burocratica cui nessuno sta ponendo rimedio; risento le voci delle tante anziane e malate che, chiesta la scarcerazione, aspettano ogni sera con trepidazione di sentire il proprio nome tra quelli delle liberanti.

E che ne è della giovane pastora di capre sui monti del Cuneese, mia compagna di biblioteca e di pensieri nelle ore d’aria trascorse a camminare insieme in quel cortile murato che popolavamo di immagini e di ricordi…

Non sopporto di sapere quelle donne, quegli uomini murati vivi da un potere che li condanna a morte e cela dietro un tripudio di bandiere patriottiche la devastazione praticata nel tempo ai danni dei beni pubblici, dei diritti di tutti, esseri umani e natura.

Non sopporto gli indifferenti che, preoccupati solo della propria salvezza, tacciono dei sommersi, gli ultimi di sempre.

Tra poco, alle 18, seppur isolata, sarò sul balcone e farò la battitura per il diritto alla salute e alla liberazione dal rischio di epidemia anche per i detenuti, in unione ideale con i miei compagni di catene e con le loro famiglie.

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