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Decreto scuola: morirete valutati!

Il decreto del governo sulla fine dell’anno scolastico era atteso da milioni di insegnanti, studenti, famiglie. Si aspettava qualche certezza sulla fine dell’anno scolastico, che non è arrivata. Tutto è appeso alla data del 18 maggio, poiché se per quel giorno si sarà rientrati in classe le cose prenderanno una strada, altrimenti un’altra.

Vale forse la pena di concentrare l’attenzione su questa seconda ipotesi, poiché la ministra Azzolina ha ventilato persino la possibilità che non si torni nelle aule il 1 settembre, quindi molto più in là del 18 maggio.

Stando così le cose, la domanda più urgente a cui rispondere era quella sul passaggio degli studenti alla classe successiva. Tale passaggio ci sarà per tutti, ma non sarà veramente una promozione. I consigli di classe (telematici?) dovranno esprimere una valutazione in cui si terrà conto di quanto fatto sino a marzo e anche della didattica a distanza e potranno deliberare il passaggio della classe in deroga ad alcuni articoli di due DPR.

Si potrà quindi accedere all’anno successivo anche senza avere raggiunto gli obiettivi previsti, cioè la sufficienza in tutte le materie. Insomma, la valutazione, vero feticcio della scuola-azienda “meritocratica” deve essere confermata nella sua centralità ed esercitata anche in forme legalmente dubbie come gli scrutini telematici.

Non è ancora chiaro cosa accadrà, ma gli studenti potrebbero essere caricati di impegni al recupero da svolgersi (e valutarsi) il prossimo anno. Inoltre, in pratica, la didattica a distanza, che nel decreto diviene obbligo degli insegnanti, è equiparata a quella in presenza.

Quindi la ministra ignora pervicacemente che è ormai chiaro che un elevato numero di studenti non è in grado di frequentare la didattica a distanza e che ancora molti di più la frequentano saltuariamente e con difficoltà tecniche, familiari e umane. E che altri, infine, semplicemente non ce la fanno a stare cinque-sei ore al computer ogni mattina.

Stando ai recenti dati dell’ISTAT, un terzo delle famiglie italiane non dispone di un computer o di un tablet e solo il 22% ha un dispositivo in uso esclusivo a un componente della famiglia; percentuale probabilmente da ridurre in questo periodo di accresciuta necessità di connessione.

Inoltre, sempre secondo l’ISTAT, il 40% degli studenti ha problemi di spazio per lo studio a distanza, a causa delle case anguste e poco luminose, tra l’altro affollate durante l’attuale segregazione forzata. C’è da chiedersi in base a quale sfrenata pulsione valutativa la ministra possa pensare a uno straccio di valutazione attendibile che non sia penalizzante per vaste fasce di studenti o persino impossibile per altre.

Una situazione che fa apparire grottesca l’affermazione fatta dalla ministra sulla scuola “che non può lasciare indietro nessuno”. Quanto poi agli esami finali della scuola media, appare singolare l’idea di integrare la valutazione di quanto fatto sino a marzo con una sorta di tesina da compilarsi a casa e da spedire al consiglio di classe.

Ciò può essere accettato solo se considerato un adempimento formale, non valutabile seriamente, all’obbligo di legge che prevede una prova d’esame al compimento del primo ciclo d’istruzione,

Per le maturità esistono diverse ipotesi, ma considerato che probabilmente non si tornerà a scuola prima del 18 maggio, si ricorrerà a un colloquio più corposo di quello consueto, senza prove scritte, che integrerà, guarda caso, anche le esperienze sulle “competenze trasversali” vale a dire l’alternanza scuola-lavoro, che il movimento 5 Stelle, nel suo programma elettorale, diceva di voler abolire, come peraltro tutta la “buona scuola” renziana.

Una certezza comunque emerge da quest’ultimo decreto del governo: la didattica a distanza diventa obbligatoria e i docenti sono tenuti ad “assicurarla”, naturalmente con i mezzi disponibili, cioè quelli propri personali. La didattica a distanza è quindi considerata obbligo di servizio per i docenti, senza che su di essa si sia avuto alcun confronto politico, sindacale e pedagogico.

La ministra ricorda in conferenza stampa che ben 85 milioni sono stati stanziati per la didattica a distanza, di cui 70 per device (non si potrebbe, per favore, dire “dispositivi”?) da destinare agli studenti poveri. Nessuna chiarezza sui tempi e i criteri d’assegnazione, su quali dispositivi saranno dati in uso né se a tali studenti sarà offerta anche una connessione, senza della quale i computer sono giocattoli inutili.

Nessuna chiarezza nemmeno su come saranno scelti i fornitori di un finanziamento cosi importante e inconsueto per il mondo della scuola. In sostanza, confusione totale. Tra l’altro fa sorridere che il presidente Conte abbia ricordato in conferenza stampa che internet è in questo momento lo strumento principale di partecipazione dei cittadini. Ma lo è per chi vi può accedere.

Forse Conte ha dimenticato, a questo proposito, che il Movimento 5 Stelle prometteva la connessione gratuita a tutte le famiglie italiane. Parole in libertà di Beppe Grillo.

Colpo di scena finale, molto grave per migliaia di lavoratori, il governo non aggiornerà le graduatorie dei precari. Poiché, dice ancora la ministra Azzolina in conferenza stampa, è impossibile gestire una quantità enorme di domande cartacee. E ciò dicendo è tanto imbarazzata che invece di scusarsi con i precari, si scusa “a nome di tutti i precari”.

Purtroppo la scuola italiana è nelle mani di una tale ministra, in un momento in cui, purtroppo, può esercitare poteri che in tempi normali non le sarebbero dati.

Tutto il contenzioso scolastico di questi giorni, dall’imposizione della didattica a distanza. alla modifica degli esami di Stato, sino alla validità delle riunioni collegiali telematiche, non previste dalla normativa, dovrebbe essere regolato da leggi discusse in parlamento e dibattute sindacalmente.

Anche l’immediato futuro della scuola sarà regolato per decreto: se il 18 maggio si tornerà a scuola, se il primo settembre si potrà ricominciare in aula, si procede a vista, all’insegna del “si vedrà”. Fatto grave, tutto il potere è ormai accentrato nelle mani ministeriali.

Il governo sta facendosi scudo dell’emergenza per modificare, senza che ci possa essere una vera opposizione, molti aspetti della vita scolastica come peraltro di quella sociale e lavorativa dei cittadini.

E purtroppo non può stupire una gestione così disastrosa della scuola se tutta la gestione della crisi da parte del governo è stata catastrofica.

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