La pandemia da Covid-19 ha messo a nudo nel modo più spietato, e funesto per migliaia di persone e personale sanitario colpiti, lo stato disastroso del nostro sistema sanitario, letteralmente smantellato da una sistematica opera di demolizione dei punti cardine della Riforma Sanitaria, Legge 833, del 1978, al fine di favorire potenti interassi privatistici.
Si moltiplicano le petizioni (anche troppe, meglio sarebbe una e universale) che chiedono, magari in forme diverse, il rafforzamento e il ri-finanziamento della sanità pubblica, si sta elaborando anche una proposta di referendum popolare: tanto più importante è richiamare alla memoria, e all’attenzione, un aspetto di grande attualità che purtroppo passa inosservato.
In tempi di Covid-19 e di crisi climatica i nessi fra ambiente e salute si rivelano sempre più cruciali, ed è importante richiamare l’attenzione su un punto di svolta che determinò la nefasta scissione fra competenze sanitarie ed ambientali: questa sciagura fu determinata dall’esito di un referendum popolare che si svolse esattamente 27 anni fa, il 18 aprile del 1993.
La Riforma Sanitaria del 1978
La fondamentale Riforma Sanitaria del 1978 che istituì il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) fu una delle tante conquiste dei movimenti di lotta degli anni Settanta. Grazie ai movimenti, questa Riforma Sanitaria fu una delle più avanzate del mondo, basata su principi di universalità, uguaglianza ed equità. Il principio cardine era che la tutela della salute si basa sull’unitarietà tra interventi preventivi, curativi, riabilitativi, il reinserimento sociale: era fondamentale a questo fine l’integrazione tra interventi sanitari, sociali e ambientali, dato che i determinanti biologici, ambientali e sociali della malattia sono strettamente intrecciati. Le lotte nelle fabbriche fino dall’Autunno Caldo avevano denunciato l’impatto sulla salute dei fattori di nocività negli ambienti di lavoro (inquinanti, polveri, rumore, ritmi, ecc.): del resto, dalle fabbriche erano in larga parte venute le principali cause di inquinamenti e disastri ambientali (uno fra tutti, l’incidente all’Icmesa di Seveso del 10 luglio 1976).
Infatti la Riforma Sanitaria metteva in primo piano la prevenzione, primaria e secondaria: quest’ultima intervenendo negli stadi iniziali e preclinici della malattia, sui comportamenti e nell’educazione alla salute (nelle scuole etc.), ma il presupposto era che fosse preceduta e affiancata dalla prevenzione primaria, la tutela dell’ambiente, l’individuazione e bonifica delle cause di inquinamento di aria, aria e suolo, territorio e ambienti di vita e di lavoro.
La Riforma Sanitaria, come tante altre conquiste fondamentali (Legge Basaglia, la 194, entrambe del 1978, per citarne alcune), finirono sotto attacco quando i movimenti di lotta declinarono e si frammentarono perdendo la loro forza e compattezza.
La 833 venne progressivamente stravolta e smantellata pezzo per pezzo. Non ne seguiremo qui le tappe, basti ricordare la trasformazione delle Unità Sanitarie Locali (USL) in Aziende Sanitarie (ASL), finalizzate non più a criteri di servizio sociale, ma a vincoli economici, di bilancio, che da allora hanno limitato drasticamente la loro funzionalità sociale.
Trasformazione mirata a spalancare le porte all’ingresso dei privato nella sanità. Abbiamo assistito a come, nella debolezza dei movimenti di lotta, abbia fatto breccia nell’opinione pubblica la retorica della inefficienza del pubblico contro la efficienza del privato: e oggi vediamo i risultati!
Il referendum del 18 aprile 1993
Su questa retorica, e su innegabili inefficienze, che erano però il risultato dello stravolgimento della 833, si fondò l’elaborazione e la presentazione, da parte dei Radicali e degli ‘Amici della terra’ (Associazione ambientale in realtà amica degli inceneritori, degli aeroporti..), di un quesito referendario per la separazione delle competenze ambientali da quelle sanitarie.
Vale la pena sintetizzare i punti cruciali del questo referendario:
«Volete Voi l’abrogazione della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (istituzione del SSN), limitatamente a … l’identificazione e l’eliminazione delle cause degli inquinamenti dell’atmosfera, delle acque e del suolo … all’igiene dell’ambiente …; la gestione dei presidi e dei servizi [relativi] … alla unità sanitaria locale nel cui territorio sono ubicati …».
Da questi presupposti discendeva l’abolizione delle norme per «il collegamento funzionale e il coordinamento di tali presidi con quelli delle unità sanitarie locali interessate, attraverso idonee forme di consultazione dei rispettivi organi di gestione, … gli indirizzi di gestione dei predetti presidi e servizi e le procedure per l’acquisizione degli elementi idonei ad accertarne l’efficienza operativa, … la composizione dell’organo di gestione dell’unità sanitaria locale competente per territorio e la sua eventuale articolazione in riferimento alle specifiche esigenze della gestione», più varie parole cruciali riguardanti le condizioni di vita, «la salvaguardia dell’ambiente», «l’igiene ambientale».
In una parola, tutte le competenze riguardanti l’ambiente – «l’identificazione e l’eliminazione delle cause degli inquinamenti», e ovviamente dei loro effetti sulla salute – venivano sottratte al SSN.
La consultazione su questo referendum si tenne (unitamente ad altri 7, fra i quali l’approvazione del sistema maggioritario per l’elezione del Senato) il 18 aprile 1993 ed ottenne l’82,57% di SI. Il controllo delle condizioni ambientali veniva sottratto al SSN, la tutela della salute veniva separata dalle condizioni ambientali, dal controllo e dalla tutela di tali condizioni, che pure hanno un impatto decisivo sulla salute.
Nel 1994 vennero istituite l’ANPA (Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente[1]) e poi le Agenzie (ARPA) con compiti di informazione e promozione dello sviluppo coordinato del sistema nazionale dei controlli in ambito ambientale. Molto ci sarebbe da dire su di esse.
In primo luogo un’Agenzia ha una funzione ben diversa da un servizio sociale: d’altronde il concetto stesso di “servizio sociale” è ormai scomparso, siamo tutti “utenti”, “clienti”. In secondo luogo con la regionalizzazione di molte competenze le ARPA sono passate alla dipendenza delle Regioni che hanno adottato criteri differenziati e ne hanno condizionato in modi diversi l’autonomia, a furia di tagli, di esternalizzazioni, di privatizzazioni, di ridimensionamenti. In terzo luogo i troppi poteri concentrati nella figura del direttore generale, determinano una gestione spesso non condivisa dal personale e dall’organizzazione agenziale.
Ormai ci siamo abituati a bollettini su livelli di inquinamento, ma non sfuggirà a nessuno che le ARPA si guardano bene dal dedurre qualsiasi valutazione sulle conseguenze sulla salute dei diversi fattori inquinanti! Questa possibilità è stata tolta 27 anni fa.
Ben diverso sarebbe stato se le competenze sulle condizioni ambientali e gli effetti sulla salute fossero rimaste unificate nel SSN sotto la voce “prevenzione primaria”. La prevenzione primaria non esiste più, gli interventi sanitari hanno solo una funzione riparativa, alle cause non pensa più nessuno.
Riteniamo assolutamente necessario che chi si impegna per il potenziamento di quello che resta del SSN e progetta la proposizione di un referendum si ponga anche questo problema: senza prevenzione primaria non c’è tutela della salute!
[1] . Nel 2002 trasformata in Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici (APAT).
* Medicina Democratica, ** Vice Presidente di Medicina Democratica
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