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La tragedia di un Paese allo sbando

Grande è il disordine sotto il cielo, il disastro è assicurato. In assenza di forze e visioni alternative, il sistema corre imperterrito verso il baratro, ma senza averne alcuna consapevolezza. In Italia come altrove.

Restiamo dalle nostre parti, per stare – diciamo così – sul semplice. Si mescolano in modo inestricabile diverse tensioni. Il mondo delle imprese, che ha appena scelto il proprio “duce” nel fondo del baule (quello da cui emergono personaggi improbabili sostenuti da poteri secolari), sta effettuando il massimo della pressione per “riaprire tutto il prima possibile”.

All’opposto, tutti gli scienziati specializzati in virologia ed epidemiologia sconsigliano decisioni avventate, proponendo di “pensare bene” a cosa aprire, come e quando. Il pericolo di far risalire immediatamente la quantità di contagi, ricoveri e morti – quando ancora non si è spenta la prima fiammata – “è molto più di un’ipotesi: una certezza”.

Parola di  Walter Ricciardi, rappresentante italiano all’Oms e consulente del ministro della Salute: “Fino a quando non avremo un vaccino ci saranno nuove ondate o, speriamo, tanti piccoli focolai epidemici che andranno contenuti. Per questo è molto importante non accelerare le riaperture: in caso contrario la seconda ondata rischiamo di subirla prima dell’estate“.

Chissenefrega!, è il grido che scende dai vertici confindustriali, ben consapevoli che stare chiusi in casa e veder bloccata qualsiasi possibilità di reddito sta stressando gran parte della popolazione, per ragioni anche molto diverse. Dunque appare inarrestabile, al momento, perché intercetta un sentiment tanto popolare quanto irrazionale.

La seconda linea di tensione attraversa la ridicola classe politica della “terza repubblica” (le minuscole sono d’obbligo…), ben disponibile a servire le grandi imprese ma altrettanto spaventata dalle sicure conseguenze negative di una riapertura affrettata e mal pianificata. O, perlomeno, questo timore investe quasi soltanto le forze della maggioranza governativa, le uniche che porterebbero comunque la responsabilità oggettiva di secondo, pressoché immediato, picco epidemico.

Sul secondo fronte, quello della destra fascioleghista, dominano interessi e obbiettivi talmente abbietti da non poter nemmeno essere confessati. E’ solare, per così dire, che il voltafaccia leghista degli ultimi giorni – da “non riapriremo le librerie” a “riaprire tutto subito” – era pilotato da vicino da Assolombarda ed ora dalla “nuova” Confindustria di Bonomi.

Da questa parte, in altre parole, si punta apertamente allo sfascio pur di procurarsi al più presto uno spazio di partecipazione a un futuro governo in cui imporre alcuni interessi, anche a costo di sostenere un esecutivo Draghi.

Non si spiegherebbe altrimenti la pagliacciata al Parlamento europeo, dove i Verdi (soprattutto tedeschi!) hanno presentato un emendamento a favore dei cosiddetti eurobond” (principale richiesta italiana, nelle ultime settimane), che è però stato bocciato anche grazie al voto contrario di Lega e Forza Italia, mentre persino gli eurodeputati di Giorgia Meloni hanno votato insieme a Pd, Cinque Stelle e renziani.

Lasciamo stare per ora il fatto che anche gli eurobond non sarebbero comunque “denaro gratis” (sempre di debito con “i mercati” di tratta), ma alla vigilia del Consiglio europeo della prossima settimana un voto a favore avrebbe in lievissima misura rafforzato la richiesta del governo italiano (non passerà mai, ma questo è un altro discorso).

Ancora peggio è avvenuto, nella stessa sede, riguardo alla deliberazione finale del cosiddetto Parlamento di Strasburgo. L’assemblea ha infatti approvato a larga maggioranza un paragrafo della risoluzione sulla risposta Ue al Coronavirus in cui chiede di “attivare” il Mes per far fronte alla crisi economica. Ossia proprio quello che Conte e i Cinque Stelle, ma anche la Lega e Fdi,dicoo di non voler accettare.

Le delegazioni della Lega, del Movimento 5 Stelle e di Fratelli d’Italia hanno votato contro, mentre quelle del Partito Democratico e di Italia Viva si sono espresse a favore. Insomma, il governo Conte si presenterà a quel vertice nelle condizioni di massima debolezza: spaccato all’interno e con le divisioni ben visibili a qualsiasi osservatore europeo.

Nel paragrafo relativo al Mes, infatti, il Parlamento europeo “invita gli Stati membri della zona euro ad attivare i 410 miliardi di euro del Meccanismo europeo di stabilità con una linea di credito specifica“.  Inoltre, il Parlamento europeo sottolinea che “come misura a breve termine il Mes dovrebbe immediatamente estendere le linee di credito precauzionali ai paesi che chiedono di accedervi per far fronte alle esigenze di finanziamento a breve termine per affrontare le conseguenze immediate della Covid-19, con scadenze a lungo termine, tassi competitivi e condizioni di rimborso connesse alla ripresa delle economie degli Stati membri“.

Come si vede, le condizionalità tipiche del Mes vengono diluite nel tempo e nella misura, ma per nulla cancellate, come recita l’immonda narrazione di Pd, Repubblica e il “partito europeista” italico.

Il bilancio, per l’immediato, è presto fatto. Da Bruxelles non arriverà nessuno “strumento innovativo”, o almeno nessun intervento di dimensione adeguata al salvataggio dell’economia continentale. Ogni Stato provvederà per sé, e quelli con un debito pubblico più alto – come l’Italia, ma non solo – potranno chiedere unicamente l’accesso a quel meccanismo capestro che prevede, prima o poi (condizionalità “alleggerita”), la consegna alla Troika delle chiavi del bilancio dello Stato.

Sul fronte interno, invece, si va alla riapertura selvaggia di tutte le attività produttive, dunque anche della circolazione della popolazione (sarebbe inutile riaprire i ristoranti, per esempio, se non ci si può andare; e ti voglio vedere a mangiare con la mascherina…).

Ossia una “ripresa” non pianificata in base alla diffusione del virus nelle varie regioni e aree produttive, ma in balia della “concorrenza” folle di decisioni regionali contraddittorie tra loro (l’impagabile De Luca, in versione iper-Crozza, che minaccia di “chiudere i confini della Campania”, è il gemello del leghista Fontana che nega di aver responsabilità per le delibere da lui stesso firmate), sotto la pressione congiunta di imprese che pensano solo a limitare i danni del (poco applicato) lockdown, e che mettono dunque nel conto una forte ripresa della pandemia.

Ma tanto ne incolperanno “la politica”, che hanno ridotto da tempo a proprio tappetino.

Passeremo insomma in un attimo dalla caccia con gli elicotteri al bagnante solitario al “tutti in giro”, a beneficio di virus e magri profitti…

Un Paese allo sbando, che va verso la tragedia mentre tutti – anche gran parte della popolazione, stressata dalla lunga clausura agli “arresti domiciliari” – credono di star recitando in una commedia a lieto fine.

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1 Commento


  • prowall

    Visioni alternative esistono. Ma, per restare in termini marziali, un generale senza esercito, per quanto bravo, guerre non ne può vincere. Al max scrive libri.

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