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Strage di Bologna, il primo a depistare fu Delle Chiaie

Rivelazioni e depistaggi – Nel 1983 in una intervista rilasciata al quotidiano Boliviano El Meridiano, Stefano Delle Chiaie scaricava sull’estrema sinistra la responsabilità della sulla bomba del 2 agosto 1980, «Tra i cadaveri, furono rinvenuti i corpi di due estremisti di sinistra: uno spagnolo, con falsa identità, tale Martinez ed un italiano che, secondo sue precedenti affermazioni avrebbe dovuto trovarsi a Londra, mentre è stato identificato dalla famiglia. Questa pista non è mai stata presa in considerazione»

L’indagine e i processi per la strage alla Stazione di Bologna del 2 agosto 1980 sono stati costellati da incredibili depistaggi. In un articolo apparso sul Resto del Carlino dell’8 aprile 2012 (leggi qui), l’ex carabiniere missino, allora parlamentare di Futuro e Libertà, Enzo Raisi, annunciando l’imminente uscita di un suo libro sulla vicenda, puntò l’indice accusatorio contro una delle vittime della strage. Secondo il parlamentare postfascista, a portare la valigia con l’esplosivo sarebbe stato «un ragazzo di Autonomia operaia».

Raisi fece il nome solo successivamente: Mauro Di Vittorio, ventiquattrenne romano, proveniente dal quartiere popolare di Torpignattara, trasferitosi a Londra (leggi qui il diario del suo ultimo viaggio ritrovato all’interno della sua borsa tra le macerie della stazione).

In realtà Mauro D Vittorio non era affatto un militante dell’autonomia romana di via dei Volsci (leggi qui), come Raisi, ex membro anche della commissione Mitrokhin, insinuava maldestramente, ma un giovane con idee di sinistra che non militava in nessuna organizzazione politica e che da tempo viveva in una periferia londinese dove lavorava nei ristoranti (leggi qui un suo ritratto), anche se era molto conosciuto dai frequentatori della sezione di Lotta continua del suo quartiere.

Stefano Delle Chiaie e la pista di sinistra per la strage di Bologna, un depistaggio che viene da lontano

In realtà il primo a tirare in ballo la responsabilità della sinistra nella strage non fu Raisi, e tanto meno lo furono Gabriele Paradisi, Gian Paolo Pelizzaro e François de Quengo de Tonquédec che lavorando su una precedente consulenza per la commissione Mitrokhin di Lorenzo Matassa e Gian Paolo Pellizzaro, tirarono fuori il ruolo di due militanti della sinistra armata tedesca all’interno della cosiddetta “pista palestinese”.

Il primo in assoluto fu Stefano Delle Chiaie, in una intervista apparsa sul quotidiano boliviano El Meridiano il 17 luglio 1983. Il che getta una luce ancora più inquietante sulla genesi di questo squallido depistaggio.

Fondatore di Avanguardia nazionale, in rapporto con l’Uarr di Federico D’Amato fina dai primi anni 60, il neofascista Delle Chiaie dopo lo scioglimento del suo gruppo fuggì inizialmente nella Spagna franchista, per poi trovare riparo nel Cile di Pinochet, dove dal 1976 collaborò col regime miliare, passando successivamente in Argentina e poi in Bolivia.

Coinvolto nell’operazione Condor (il piano concepito per dare la caccia su scala continentale ai militanti della sinistra sfuggiti alle diverse dittature militari che imperversavano in Sud America), divenne nel 1980 insieme al nazista Klaus Barbie consigliere politico della dittatura militare in Bolivia, dove fu accusato anche di essere stato un torturatore dei militanti di sinistra arrestati.

Implicato nelle inchieste giudiziarie sulla strage di piazza Fontana, Italicus e stazione di Bologna, nell’intervista rilasciata a El Meridiano affermò che dopo l’esplosione della bomba nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione ferroviaria di Bologna, «Tra i cadaveri, furono rinvenuti i corpi di due estremisti di sinistra: uno spagnolo, con falsa identità, tale MARTINEZ ed un italiano che, secondo sue precedenti affermazioni avrebbe dovuto trovarsi a Londra, mentre è stato identificato dalla famiglia. Questa pista non è mai stata presa in considerazione. Al contrario, tutti hanno continuato ad accusare il movimento nazionale rivoluzionario»1.

 

Delle Chiaie mentiva, faceva il suo consueto mestiere. Se Mauro Di Vittorio non era un militante politico, come abbiamo già accennato, non lo era nemmeno il ventitreenne Francisco Gomez Martinez, che non aveva affatto una falsa identità. Impiegato in una azienda tessile, viveva con una sorella e la mamma in provincia di Barcellona. Aveva cominciato a lavorare a 16 anni, era appassionato di arte. Durante l’anno risparmiava i soldi per viaggiare. In cima alla sua lista c’erano la Grecia e l’Italia. Era partito il 29 luglio, voleva visitare Bologna. Il 2 agosto era appena sceso dal treno.

La smentita a età

Il 9 aprile del 1987, nel corso della sua prima audizione parlamentare di fronte alla prima commissione d’inchiesta su stragi e terrorismo, presieduta da Gerardo Bianco, Delle Chiaie smentì di aver mai rilasciato interviste al Meridiano, affermando «No so che giornale sia».

Che Delle Chiaie non fosse a conoscenza di questo giornale è una circostanza per nulla convincente, visto il ruolo politico di primo piano avuto nella società boliviana ai tempi della feroce dittatura militare.

Prendendo per buona l’ipotesi che non stesse mentendo, si può ipotizzare che durante l’audizione sia incorso in un malinteso, poiché la domanda rivoltagli faceva solo un generico riferimento alla testata Meridiano, senza specificare la nazionalità del giornale, ed il quesito posto non riguardava la strage di Bologna ma le infiltrazioni del suo gruppo negli apparati dello Stato italiano.

D’altronde nessuno dei commissari che lo audivano avevano mostrato di avere chiara cognizione che si trattasse di un quotidiano boliviano, tanto che il missino Franco Franchi chiese se si trattasse del Meridiano d’Italia, ricevendo in risposta che di tale questioni aveva parlato solo con un giornalista di Panorama.

Insomma la smentita è apparsa molto relativa come è una fatto che negli anni precedenti Delle Chiaie non aveva mai preso le distanze dalle dichiarazioni rilasciate al quotidiano boliviano.

Nel 1982 la situazione politica in Bolivia era mutata, il regime militare era caduto e le protezioni per Delle Chiaie, come per Barbie, erano venute meno tanto che nell’ottobre di quell’anno c’era stato un tentativo di cattura che era finito con l’uccisione del suo braccio destro PierLuigi Pagliai, mentre Barbie era stato prelevato dal Mossad.

Con quella intervista Delle Chiaie aveva cercato di mostrarsi come perseguitato di fronte alla opinione pubblica boliviana. In ogni caso ogni dubbio viene fugato nella autobiografia apparsa nel 2012, dove Delle Chiaie riprende a pagina 273 l’accusa contro «il militante italiano di sinistra» e lo spagnolo Martinez, lasciando intendere che fosse un membro dell’Eta.

 

 

Note

1. L’intervista qui sotto, gentilmente concessa dallo storico Giacomo Pacini, si trova nel faldone H-b-2 del processo per la strage di Brescia, digitalizzato dalla Casa della memoria di Brescia, alle pp. 373-386, e fa parte dell’allegato 225 della prima perizia di Giannuli realizzata per l’inchiesta del giudice Salvini.

 

* da Insorgenze.net

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