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Regione Lombardia, commissariarla è il minimo

La Regione Lombardia – parliamo dell’amministrazione leghista, naturalmente – è il “buco nero” del mondo all’epoca del coronavirus.

Un misto incredibile di incapacità, servilismo verso Assolombarda (la Confindustria locale, che ha ora espresso anche il “leader nazionale degli imprenditori, il bocconiano Carlo Bonomi), volontà di contrastare a prescindere il governo centrale (già asservito di suo agli stessi padroni, ma con l’esigenza di star attento anche ad altri interessi territoriali), preservare il “modello di sanità privatizzata” nonostante lo spaventoso bilancio di morti, contagiati, ricoverati e confinati in quarantena obbligatoria.

A ieri sera si potevano infatti contare in questo territorio 78.105 contagi e 14.294 morti. Con una popolazione di circa 10 milioni, si tratta delle più alte percentuali registrate sull’intero pianeta. Solo i morti sono la metà di quelli registrati in tutta Italia.

Un risultato che consiglierebbe chiunque di farsi da parte, ma non i prodi leghisti incollati alle poltrone regionali. Una stupida “mozione di sfiducia” presentata contro l’assessore al welfare e alla sanità, il garrulo Giulio Gallera, è stata respinta ieri dal Consiglio, a larga maggioranza di destra: 49 voti contrari, 23 favorevoli e 2 astenuti.

Per far capire esattamente di che pasta è fatta l’”opposizione democratica” il rappresentante di +Europa (un nome, un programma…) si è astenuto, mentre la consigliera renziana non ha neppure partecipato. Ricordatevene, quando vi chiederanno come sempre il voto “per fermare la destra”…

Lo stesso Gallera, peraltro, da qualche giorno evita di farsi vedere in tv, il suo luogo preferito, da cui ha pontificato a lungo nei giorni in cui i suoi sfortunati amministrati morivano come mosche.

Deve essere l’effetto che innumerevoli inchieste giudiziarie aperte sia sulla gestione della case di riposo e la sua criminale “delibera dell’8 marzo” (quella che “chiedeva” alle Rsa di ospitare un po’ di malati conclamati di Covid-19), sia sulla riapertura dell’ospedale di Alzano Lombardo, in Val Seriana, dopo l’inchiesta de La7 che dimostra – carte alla mano – l’”ordine” arrivato dalla Regione di andare avanti come se il contagio non ci fosse.

E’ il caso di riportare l’intervista all’infermiera intervistata “sotto copertura” (perché tutto il personale dell’ospedale era stato minacciato di licenziamento fin dall’inizio del disastro).

Il 23 febbraio ero in servizio al pronto soccorso e lì abbiamo riscontrato il primo caso sospetto di Coronavirus di un paziente per il quale il nostro medico ha deciso di chiudere le attività del pronto soccorso avvisando la direzione medica e anche Areu (Azienda Regionale Emergenza Urgenza, ndr), comunque il 118 di Bergamo, che non avremmo ricevuto più pazienti.

Il nostro medico stesso ha avvisato pure i parenti e i pazienti in sala d’attesa che non erano entrati in pronto soccorso dicendo che il pronto soccorso non avrebbe proseguito le attività proprio perché c’era questo sospetto. E abbiamo proceduto alla sanificazione dei locali dove questo paziente era transitato.

Nello stesso tempo, però, abbiamo scoperto che nei reparti di chirurgia e di medicina c’erano già due pazienti positivi… Abbiamo proseguito il nostro turno fino alla sera e abbiamo fermato i nostri colleghi che avrebbero dovuto prendere servizio nel pomeriggio, sono stati bloccati gli ingressi in uscita e in entrata dell’ospedale e fermato tutto il personale degli altri reparti.

Domenica 23 febbraio in ospedale c’è una riunione: dopo la sanificazione bisogna organizzare un piano di difesa e isolamento dei malati, dei familiari e del personale sanitario; ma da Milano, dal Palazzo della Regione, arriva l’ordine: riaprite.

Su una chat interna il coordinatore infermieristico avvisa i suoi colleghi: ‘Pronto soccorso riaperto, si riprende la normale turnazione. Che nessuno diffonda alcun dato di pazienti, in nessun modo siete autorizzati a diffonderli, a nessuno e di chiunque. Chi non si attiene alle indicazioni se ne assumerà eventuali conseguenze”. Il licenziamento, appunto…

E infine, rispondendo alla domanda della giornalista (“I vostri dirigenti vietano al personale di parlare con la stampa, perchè lei è qui?”), risponde:

Perché la situazione è stata molto concitata e non si sono capite le decisioni che hanno preso. Secondo il mio parere noi quel giorno non avremmo dovuto tornare a casa, non avremmo dovuto tornare a casa noi, i parenti dei pazienti e nemmeno i pazienti.

Secondo le regole avrebbero dovuto tenere tutti lì in isolamento precauzionale fino al risultato se non altro di un tampone o degli esami che attestavano che non avessimo il Coronavirus perché poi credo che da lì si sia data una buona mano al diffondersi di questa epidemia.

Lunedì l’ospedale ha svolto la sua normale attività, comprese le sale operatorie e il personale che comunque era stato a contatto con pazienti dichiarati positivi. Abbiamo lavorato con medici che sapevano di essere positivi, loro dicono che hanno dovuto prendere servizio per ordini superiori, ma è un ordine sbagliato, va contro tutte le etiche professionali: non puoi venire a lavorare con 40 di febbre e il Coronavirus, devi stare a casa ed evitare che si ammalino altre persone.

Una delle scene più brutte che mi ricordo è quella di dover mettere i cadaveri ancora caldi nei sacchi della pastorino. C’è stato un giorno – il nostro massimo – in cui nella nostra camera mortuaria c’erano 28 cadaveri quando di solito più di 2 o 4 non ce ne sono”.

I dati Istat diffusi ieri hanno gelidemente confermato il racconto: nel mese di marzo 2020 è stato registrato in Italia il 49,4% di decessi in più rispetto al marzo 2019. Ma gli aumenti più agghiaccianti sono avvenuti quasi tutti in Lombardia: Bergamo (568%), Cremona (391%), Lodi (371%), Brescia (291%), Piacenza (264%), Parma (208%), Lecco (174%), Pavia (133%), Mantova (122%).

Comprensibile, dunque, che Gallera stia attualmente occupato a compulsare tutte le carte in attesa dell’inevitabile convocazione davanti ai magistrati. Omicidio ed epidemia colposi sono reati sempre gravi, ma con quasi 15.000 morti si va oltre ogni possibile scusante.

Di fronte a questa tetragono iattanza della junta leghista, insomma, la richiesta di commissariamento della Regione, avanzata già venti giorni fa da Potere al Popolo, sembra quasi il minimo. E’ un atto politico, una messa in stato d’accusa di una classe politico-amministrativa orrenda, ed anche di un Governo che – lo sappiamo bene – si guarderà dal procedere in questo senso; almeno fin quando non sarà la magistratura ad emanare provvedimenti giudiziari accompagnati da prove e testimonianze inoppugnabili.

Solo in quel caso, come sempre, ci potrebbe essere un travagliatissimo scioglimento dell’attuale consiglio regionale lombardo e la nomina di un “commissario” incaricato dell’ordinaria amministrazione per arrivare a nuove elezioni (come stava per altre ragioni avvenendo in Valle d’Aosta, per esempio, se non fosse nel frattempo sopraggiunta l’epidemia).

Una campagna politica, insomma, per “svegliare” un pezzo di popolo che fin qui si era affidato a chi indicava il nemico in un soggetto esterno (gli immigrati, i “clandestini”, “i meridionali”, e via depistando) e intanto serviva su un piatto d’argento la res publica a una banda di imprenditori senza scrupoli.

Stiamo parlando della più grande tragedia vissuta da questo Paese in tempi di pace. Eppure questa giunta di malmessi si comporta in un modo che può essere riassunto come nel video in fondo all’articolo.

Spazzarli via è un compito politico prioritario. Per tutelare finalmente sul serio la salute di 10 milioni di abitanti e cambiare l'”abito mentale” cucitole addosso nel corso degli ultimi 30 anni.

Il “come” è decisamente un problema secondario…

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4 Commenti


  • Dino Mondoni

    L’iniziativa del Commissariamento è stata firmata da “Milano 2030” e tra i firmatari “Potere al popolo” non c’è! Appropriarsi dei meriti altrui è il vostro modo di fare politica?


  • Angelo Barbato

    L’editoriale di Contropiano dell’8 aprile esprimeva un auspicio, cioè che “la sanità lombarda va commissariata”. E’ vero che l’iniziativa per il commissariamento è un atto politico che chiunque può fare, ma bisogna appunto farlo secondo le indicazioni del comma 2 dell’art. 120 della Costituzione e le procedure dell’art. 8 della legge 131 del 5.6.2003, non semplicemente auspicarlo in un articolo di giornale. Milano 2030 ha raccolto l’auspicio, l’ha trasformato in una petizione che ha raccolto 78.000 firme e ha messo in atto l’iniziativa inviando una richiesta formale, accompagnata da una corposa documentazione, al ministro Speranza, secondo le procedure, indicando i provvedimenti per la cui realizzazione si chiede il commissariamento. Potere al Popolo ha presentato un esposto in Procura, chiedendo di verificare il profilo penale delle decisioni assunte dalla regione, in cui non c’è nessun riferimento all’ipotesi di commissariamento. Ora che la procedura è stata avviata penso che l’importante sia sostenerla e vi mando la documentazione trasmessa al ministro che potreste pubblicare.


    • Redazione Contropiano

      Se si presenta un esposto alla (iniziativa giudiziaria che sostanzia un “atto politico”, ossia la richiesta di commissariamento) si è obbligati ad attendere che la stessa Procura verifichi l’ipotesi criminosa. In quell’iter, ne consegue naturaliter che ove la verifica dell’inchiesta sia positiva si avviino anche le procedure per il commissariamento.
      Ma non si può chiedere alla Procura di “commissariare”.
      L’atto politico (non giuridico) che lo richiede è una chiamata in correo del governo, che non procede a destituire – come sarebbe in suo potere ai sensi della Costituzione – un’amministrazione locale responsabile di aver favorito la diffusione dell’epidemia e il record mondiale di morti e contagiati rispetto alla popolazione.
      In attesa che Trump faccia di peggio, ma non è nella sua giurisdizione…

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