Riduzione dell’orario di lavoro ma con salario invariato. La ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, intenderebbe proporre un provvedimento con il quale, temporaneamente, i contratti collettivi aziendali e territoriali potranno prevedere una rimodulazione, quindi una riduzione dell’orario di lavoro, ma senza perdite salariali che sarebberro integrate dallo Stato.
I contratti, stipulati con le “organizzazioni sindacali più rappresentative” (cioè solo Cgil Cisl Uil, sic!!), potrebbero convertire quota parte delle ore in percorsi di formazione finanziati da un apposito fondo presso il ministero.
Il fondo per sostenere la riduzione dell’orario sarebbe quindi istituito presso il Ministero del Lavoro. In questo modo, viene spiegato, “si riduce l’orario di lavoro senza avere decurtazioni di stipendio né gravare l’impresa di ulteriori costi, e al tempo stesso si dota il lavoratore di uno strumento di politica attiva che gli permette di acquisire nuove competenze“.
L’idea di una riduzione dell’orario, secondo le stesse fonti che hanno lasciato trapelare la notizia, la ministra Catalfo ce l’aveva in testa già da tempo, prima che deflagrasse la pandemia di Covid 19, “Ciò a patto che – viene chiarito – questa sia economicamente non svantaggiosa per il lavoratore, che sia collegata a percorsi dedicati di formazione che permettano al lavoratore di acquisire nuove competenze e professionalità, e che permetta l’assunzione di giovani“
Per dare attuazione alla proposta della task force tra ministero del Lavoro e dell’Innovazione, “servirebbe però una norma che preveda l’integrazione salariale da parte dello Stato, e tutta la materia dovrà essere regolamentata dalla contrattazione“.
Inoltre, fanno sapere fonti ministeriali, “poiché si dovrà aprire la partita dei rinnovi contrattuali per oltre dieci milioni di lavoratori, il tema della riduzione dell’orario insieme a quello della rimodulazione dell’organizzazione del lavoro potranno essere affrontati in quella sede, in modo più strutturato. Ovviamente, la loro concreta attuazione – precisa – dovrà essere demandata alla contrattazione di secondo livello“.
Ed è proprio su questo punto che occorre mantenere le antenne dritte perché, come noto, la Confindustria da anni martella per portare tutta la contrattazione a livello aziendale e mettere una pietra tombale sulla contrattazione a livello nazionale.
L’opportunità e l’insidia viaggiano per ora sullo stesso treno. La riduzione dell’orario di lavoro ha un senso emancipatore se ispira l’intero sistema contrattuale e lavorativo. Affidarlo solo alla contrattazione di secondo livello (quello aziendale) contiene obiettivamente il rischio che le imprese ne approfittino per far diventare questo il fattore unico e decisionale della contrattazione, ponendo fine a quello nazionale e coronando l’ambizione che fu di Marchionne e realizzata concretamente dalla Fca chiamandosi fuori dalla contrattazione nazionale dei metalmeccanici.
Del resto, si sa da sempre che se ti offrono qualcosa che non hai ancora chiesto – e in modo “pressante” – la fregatura è lì in agguato…
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Ancora più dispiace vedere le “Major” sindacali che sono prive di adeguate conoscenze e competenze sul CD mercato del lavoro.