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Il 5 Maggio si è rotto il silenzio, nelle piazze per rivendicare i propri diritti

Ieri siamo scesi in piazza per la prima volta dopo quasi due mesi. Lo abbiamo fatto perché era necessario, perché nessuna tutela concreta è stata stanziata per i tanti giovani, studenti e precari durate l’emergenza, le uniche volte che hanno parlano di noi è stato per lanciare allarmi, ma nessuno ha fatto niente.

Il Governo ha orecchie solo per Confindustria mentre i grandi sindacati confederali e le loro propaggini studentesche hanno abbandonato anche le ultime parvenze di opposizione dandosi alla totale complicità.
Abbiamo così deciso di organizzarci per far sentire la nostra voce, durante il lockdown non siamo caduti nella passività digitale e ci siamo mobilitati.

Scendere in piazza non è facile in questo momento ma è necessario. Solo rompendo il silenzio delle istituzioni è possibile rivendicare i nostri diritti, il 30 aprile in conferenza stampa davanti Palazzo Chigi, in faccia al Governo, abbiamo lanciato la mobilitazione nazionale del 5 maggio insieme all’Associazione Inquilini e Abitanti, la Federazione del Sociale USB e le realtà di movimento per il diritto all’abitare.

Ieri, da Torino a Catania, tante città hanno risposto all’appello e dopo il presidio in Prefettura ci siamo spostati nei Rettorati delle nostre Università a consegnare le richieste per un diritto allo studio garantito e omogeneo in tutto il paese, a partire dall’abolizione della terza rata!

Come abbiamo spesso detto, pensiamo che la crisi sanitaria abbia portato alla luce i problemi irrisolvibili di un sistema profondamente ingiusto e criminale che non dobbiamo essere più disposti ad accettare. Rivolgiamo un pensiero particolare all’operaio morto, e ai colleghi feriti, ieri nell’esplosione della fabbrica dell’ADLER Plastic di Ottaviano (Napoli). Non siamo e non saremo mai tutti sulla stessa barca.

 

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