Ma se negli States, comportamenti definibili demenziali quali quelli di partecipare a party, denominati per i tempi che corrono “Covid-19”, rischiano di rappresentare una coazione a ripetere e di per se pericolosi nella sua diffusione, come chiamarli quelli che nella Milano delle movide sui Navigli, in un sol giorno, han visto una loro riedizione?
Stupidi ed incoscienti? Oppure insofferenti a 2 mesi di clausura forzata? In entrambe le domande, le risposte più semplici ma nel contempo più naturali, identificano questi atteggiamenti, esplosi all’improvviso, come iper-soggettivistici, noncuranti di preoccupazioni che, al contrario, invece pervadono e preoccupano migliaia di lavoratori, costretti da lunedì 4 maggio, al rientro nei luoghi di lavoro.
E chi se ne è avvantaggiato è stato il prode sindaco di Milano, Sala, al quale non è sembrato vero il poter ripetere con altre parole, ma non con altri intenti, la “Milano non si ferma” con “Milano deve riprendere a lavorare”, ma non a divertirsi.
E i nostri baldi frequentatori dei Navigli questa volta gli hanno dato una mano, visto che non solo l’ex capo di Expo 2015 li ha sgridati come si fa ad uno scolaretto che ha appena compiuto una marachella, ma ha addirittura sottolineato con voce perentoria, che le sue dichiarazioni sono li ad essere come un vero e proprio ultimatum.
Chi dovremo ringraziare se e quando la scure della repressione, quella che si è materializzata a Milano il 25 Aprile, diventerà ordinaria amministrazione nel tentativo di “contenere” nuove e vecchie forme di protesta civile, come potrebbero essere i flash mob o molto più semplicemente lo stare in piazza o nelle strade con le giuste precauzioni di salvaguardia dal possibile contagio, mantenendo le distanze consentite dal decreto di marzo e che potrebbero subire antichi comportamenti delle “forze dell’ordine” così pesanti e massivi come avvenuto in via Padova, proprio in occasione della Festa della Liberazione?
Detto questo, non resta che sottolineare la gravità “dell’avvertimento” di Sala, il quale, giunto a questo punto, ricorda da vicino le puntuali esternazioni da sceriffo dell’omologo di Fontana, nel ruolo istituzionale, De Luca, presidente a sua volta, della Giunta Campana, sempre attento a rievocare, anche con l’innata vocazione vocale e posturale, un “condottiero” di quel tempo che fu.
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