L’Osservatorio: pubblichiamo alcune riflessioni sulla notizia che il giorno 6 Giugno a Roma, dovrebbero sfilare un tot di fascisti, travestiti da Ultras del calcio, che in nome delle sofferenze del popolo italiano avrebbero deciso di salvare il Paese, uniti in questa missione dal comune credo nazionalista. Di seguito pubblichiamo la 1a parte dell’inchiesta.
Gira ormai da giorni sui media e sui social la notizia della manifestazione nazionale a Roma delle formazioni ultrà il 6 giugno a Roma. Da cosa nasce la notizia?
Uno tra i primi a diffonderla è Paolo Berizzi in un articolo su Rep: Repubblica del 20 maggio; nell’articolo annuncia che “andrà in scena la prima manifestazione politica nella storia degli ultrà in Italia. Non era mai successo. Il calcio per una volta – almeno ufficialmente – non c’entra. Un’iniziativa sorprendente per chi conosce il mondo delle tifoserie, inedita non tanto nelle modalità quanto per i contenuti. Perché se è vero – e lo è – che sia i promotori (gli ultrà del Brescia, Brigata Leonessa) sia le curve che hanno aderito sono tutti accomunati da idee di estrema destra, va pure detto che non si erano mai visti i supporter del calcio schierarsi apertamente contro un governo che ha distrutto il nostro paese. E per di più su temi che nulla hanno a vedere con le partite, i campionati e gli stadi. Tutto inizia tre giorni fa (il 17 maggio), quando da Brescia rimbalza un comunicato: il sedicente gruppo “Ragazzi d’Italia” chiama a raccolta tutte le formazioni ultrà che “hanno a cuore il bene e il destino del nostro Paese”.
L’appello vira subito sul tema gestione emergenza coronavirus, lockdown e ripartenza dell’Italia: “La cosa è partita da noi di Brescia – scrivono i promotori – città massacrata dal coronavirus e umiliata, come tutte le città italiane, dall’inadeguatezza di questa classe politica. Abbiamo coinvolto in primis i nostri ‘nemici’ bergamaschi e veronesi (le tifoserie di Brescia, Atalanta e Verona sono divise da una rivalità storica) per poi espandere la richiesta agli ultrà di Lazio e Roma, Inter, Juve, tra gli altri“.
Curve controllate da gruppi di dichiarate simpatie di estrema destra, in alcuni casi – come Lazio e Verona – ideologie radicate ed esibite, tra saluti romani, cori inneggianti a Mussolini, Hitler e striscioni razzisti e antisemiti.
Motivo del forfait degli ultrà dell’Atalanta che, prima con il leader Claudio Galimberti (detto “Bocia”), poi con un comunicato, hanno messo in chiaro: “La Curva Nord Bergamo mai sarà coinvolta in iniziative che non c’entrano con il mondo ultras ed è per questo che prendiamo le distanze da tutto questo. Ognuno è sempre libero di pensare e agire come meglio crede, di partecipare ad ogni iniziativa che ritiene opportuna ma senza coinvolgere una curva che da sempre si è distinta per apoliticità e che ha fatto dell’unione la propria forza”.
Ma che corteo sarà quello del 6 giugno a Roma? Sentite che cosa dicono i “Ragazzi d’Italia”: “Abbiamo chiesto a tutti di partecipare senza sciarpe o senza simboli ma con una maglietta bianca. Abbiamo riposto (momentaneamente) le rivalità storiche e gruppo dopo gruppo hanno aderito quasi tutti. Noi vogliamo essere il cavallo di Troia, perché abbiamo gente con testa e esperienza per esserlo. Dietro di noi ci sarà il popolo, i vostri amici artigiani, impiegati, disoccupati, padri e madri di famiglia che niente hanno a che fare con la curva ma che saranno difesi e rappresentati da noi. Siamo pronti a tutto”, è la sfida dei curvaioli.
Una sfida dal chiaro sapore nazionalista. Il messaggio su Fb si chiude con un “dedicato a chi ha reso la nostra Italia lo splendido Paese che è oggi, e contro chi ha distrutto il nostro Paese. Riporteremo l’Italia al suo antico splendore. Il 6 giugno tutti a Roma… pronti a tutto”.
Radio curva fa sapere che dietro la sigla “Ragazzi d’Italia” si muovono gruppi e formazioni politiche nere molto note: da Forza Nuova (e i suoi fuoriusciti: Rete delle comunità forzanoviste) al Veneto Fronte Skinhead, da Lealtà Azione (presente nella curva nord dell’Inter) alla veronese Fortezza Europa (vicina alla curva dell’Hellas). Tra i pochi dubbi, ne spunta uno: niente sciarpe, Ma le mascherine?” Fin qui Paolo Berizzi.
Sicuramente lo sfilarsi della curva atalantina è la prima crepa di questo fronte nazionalista; realtà di formazioni ultras del “calcio minore” si dissociano apertamente. Gli ultras della Sanremese, ad esempio, non andranno a Roma il prossimo 6 giugno; «Saremo noi stessi a decidere se e quando metterci la faccia» hanno fatto sapere. Per ora sembra che, oltre ai supporter della Sanremese, anche molti loro “colleghi” abbiano risposto picche all’appello. Sicuramente tutti quelli che fanno parte di “Basta Abusi”, movimento unitario in rappresentanza di circa 150 curve e singoli gruppi ultras da tutta l’Italia
Di seguito alcune prese di posizione di formazioni ultras in dissenso con i promotori della manifestazione
https://www.facebook.com/officialcurvanordbrescia/
La Curva Nord Brescia e la sua tifoseria non sono organizzatrici di nessuna manifestazione extra calcio e mai lo saranno in programma a breve o in futuro. Con questo ci teniamo a chiarire alcune voci fuorvianti e non corrispondenti al vero apparse sui social e che sono giunte alle nostre orecchie. L’unica manifestazione, se così si può chiamare, in programma prossimamente è la distribuzione di mascherine domenica 31 maggio porta a porta nella nostra città!! Poi fuori dalla curva non essendo né ipocriti né tutori di nessuno ognuno, come libero cittadino, è libero di fare ciò che vuole, sempre rispettando i colori che ci uniscono e amiamo quindi non esibendoli in manifestazioni che nulla hanno a che vedere con il nostro mondo.
https://www.facebook.com/curvamareultrascesena/
Con queste poche righe vogliamo mettere in calce ciò che per noi è scontato ma che per molti può non esserlo.
Nello specifico vogliamo estraniarci completamente dalla presunta manifestazione ultras che si terrà a Roma il 6 giugno prossimo.
La nostra Curva ed i gruppi che ne fanno parte sono da oltre 20 anni apolitici e soprattutto si prodigano solo ed esclusivamente di tutto ciò che gravita attorno al nome del Cesena e del mondo Ultras.
Detto ciò ogni libero cittadino che intende prendere parte alla suddetta manifestazione è chiaramente libero di farlo, ma non di certo nel nome degli ULTRAS CESENA!!!
Dopo aver letto il nostro nome associato ad una manifestazione che si terrà a Roma, la Curva Nord Bergamo vuole con forza ribadire che MAI sarà coinvolta in iniziative che non c’entrano con il mondo Ultras ed è per questo che prendiamo le distanze da tutto questo.Ognuno, personalmente, è sempre libero di pensare e agire come meglio crede, di partecipare ad ogni iniziativa che ritiene opportuna ma senza coinvolgere una Curva che da sempre si è distinta per apoliticità e che ha fatto dell’unione la propria forza. CURVA NORD BERGAMO
Col passare dei giorni appare quindi sempre più evidente che dietro al contraddittorio “La nostra non è un’iniziativa politica e non è organizzata dagli ultras, non ci saranno striscioni o bandiere, la nostra è una protesta contro la politica, a 360 gradi, la manifestazione non è organizzata dagli ultras, ma ci siamo rivolti a loro per far arrivare il nostro appello al maggior numero di persone in poco tempo” ci sia lo zampino (o il braccio teso nel saluto romano) delle organizzazioni fasciste che utilizzano le curve degli stadi come luogo di proselitismo ed arruolamento.
A rafforzare quindi il sospetto che questa sia smaccatamente una manifestazione fascista ci pensa anche il ben noto Ugo Maria Tassinari che sul suo sito “fascinazione” ospita sia il video preparato da un sedicente “Aquila”, sia il testo integrale del comunicato di convocazione redatto dai “Ragazzi d’Italia” (http://www.fascinazione.info/2020/05/il-corteo-del-6-giugno-gli.html).
Per chi non ne avesse voglia (o stomaco) per leggerlo tutto, ne riportiamo alcuni stralci che evidenziano ancora di più la vera natura di questo movimento:
“Noi che rappresentiamo uno spaccato sociale assolutamente variegato, espressione delle classi lavoratrici così come della società più in generale, non possiamo esimerci dal protestare contro una gestione scellerata della pandemia ma soprattutto dell’approccio che il governo ha avuto con il mondo economico e produttivo. Le nostre attività lavorative languono, le nostre famiglie piangono non solo per i propri morti ma anche per una crisi economica che al momento è solo percettibile, ma i cui effetti devastanti si faranno sentire nei mesi …. a causa di uno governo non eletto democraticamente che non ha saputo ma soprattutto non ha voluto aiutare il proprio popolo …. mettendo in campo un sistema di controllo globale con elicotteri, droni e forze dell’ordine a tutto spiano per far rispettare dei decreti amministrativi non proprio costituzionali. ……… Ora il popolo si è stancato! E il popolo siamo noi, in grado di superare ataviche antipatie e divisioni tra gruppi, per il bene supremo della nostra gente e della nostra amata ITALIA! Scenderemo per le strade di Roma per ribadire tutto questo. Potrete continuare a rimandare la riapertura delle regioni pensando di farci spegnere la fiamma che brucia dentro di noi, ma non sarà così, non questa volta. Il tempo sarà il nostro alleato e il vostro nemico, noi non scorderemo tutto questo. E arriverà il giorno che vi presenteremo il conto: e dovrete pagarlo!!! SE NON HAI LA FORZA DI RIBELLARTI NON HAI IL DIRITTO DI LAMENTARTI! I RAGAZZI D’ITALIA”
Insomma, un polpettone che letto attentamente, con un linguaggio che non può non ricordare quello delle più note sigle neofasciste del panorama italiano e con ammiccamenti alle formazioni ultras schierate a destra, propone per il futuro un patto d’azione dalla connotazione evidentemente eversiva.
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L’Osservatorio: pubblichiamo la 2a parte delle nostre riflessioni sulla ancora ad oggi ipotetica manifestazione nazionale a Roma dei gruppi Ultras annunciata per il 6 giugno. Nel titolo parliamo di “voglia di Ucraina” perché è chiaro che gli ultras ucraini sono divenuti negli ultimi anni il modello di riferimento dei fascisti nostrani, prendendo il posto di Arkan e delle sue Tigri, ex ultras del F.C. Stella Rossa Belgrado, finiti assassinati e incriminati per i crimini commessi nel conflitto balcanico degli anni ’90.
In Ucraina, diversamente gli hooligans nazionalisti hanno svolto un ruolo di punta nelle rivolte anti-governative, fino a diventare con il Battaglio Azov, l’elite nazista dell’esercito Ucraino in prima linea nell’epurazione anti-comunista, dai fatti di Piazza Maidan, alla Casa dei Sindacati di Odessa, alle stragi di civili nel Donbass.
Al di là della novità, comunque di non poco conto, evidenziata da Paolo Berizzi, si potrebbe dire che sono storie già note a molti. C’è però un dato che non può essere trascurato, e riguarda la tenuta sociale del nostro paese che tra non molto sarà ancora più pesantemente colpito dalla crisi economica aggravata dal covid-19 ed allora vale la pena porre in evidenza una storia di un po’ di anni fa avvenuta in un paese non troppo lontano da noi. Parliamo dell’Ucraina e parliamo del 2014.
In un articolo di Andrea Luchetta del 16 aprile 2014 si legge:
“Tutto comincia il 21 gennaio 2014, alla vigilia dell’entrata in vigore delle leggi speciali. La curva della Dynamo Kiev annuncia di voler costituire dei gruppi di autodifesa: «Invitiamo gli uomini abili a difendere gli attivisti dalle bande ingaggiate dal governo. Armatevi con scudi e bastoni, indossate il giubbotto antiproiettile e proteggete il resto del corpo. A stretto giro di posta, gli ultras di Dnipropetrovs’k annunciano il loro arrivo a Kiev per sostenere i contestatori accampati in piazza dell’Indipendenza.
Da quel momento è un diluvio di adesioni, culminato in una tregua sottoscritta da 33 delle principali tifoserie del paese: «Crediamo esista un solo principio a cui attenerci – e cioè che siamo ucraini. (…) Continuare a combattere sarebbe un crimine contro il futuro radioso dell’Ucraina. Siamo compagni e fratelli, da Luhans’k ai Carpazi»
L’adesione alle proteste è un riflesso spontaneo per un mondo abituato a vivere «contro», antiautoritario fino al midollo e avvezzo ai manganelli dei berkut, le squadre antisommossa della polizia. Un richiamo viscerale, irresistibile per l’identità di questi gruppi, più ancora della lingua madre o delle simpatie politiche.
I primi nemici delle tifoserie diventano così i «titušky» (lumpenproletari ingaggiati per colpire le manifestazioni, ribattezzati «prostitušky» nei comunicati delle curve). Fra tifosi e «titušky» – che pure spesso condividono l’origine sociale – è in primo luogo una battaglia filosofica: «Mentre gli ultras di solito obbediscono a un codice di condotta rigoroso, gli istigatori mandati dal governo appaiono molto meno inibiti quando si tratta di ricorrere alla violenza».
Gli abusi dei «titušky», sempre più scatenati con l’incancrenirsi del conflitto, sono stati l’elemento decisivo per convincere le curve a scendere nelle strade. Identico disprezzo colpisce i gangster al potere: «Faremo di tutto per far cadere questo regime criminale», scrivevano gli ultras di Sebastopoli in perfetta sintonia con l’umore di un paese tanto diviso quanto esasperato dalla corruzione e dall’inefficacia delle politiche governative.”
E già si possono notare alcune similitudini nei toni e nei contenuti delle affermazioni eversive.
Ma, fatte salve le ovvie ed evidenti diversità tra l’Ucraina del 2014 e dell’Italia del 2020 non si può non notare un altro fatto inquietante che riguarda il battaglione AZOV e la sua genesi.
Da un articolo reperibile al link
https://it.insideover.com/schede/guerra/cose-il-battaglione-azov.html
“Il battaglione Azov è un reggimento della Guardia nazionale. Nato come milizia volontaria, nel maggio del 2014, il corpo combattente è stato in seguito inquadrato nei ranghi delle forze armate di Kiev. Il battaglione ha acquisito una dubbia notorietà a causa della militanza, al suo interno, di molti uomini, anche provenienti da Paesi stranieri, dall’ideologia politica di destra radicale. Il battaglione Azov è nato grazie all’attivismo di una fazione di ultras, chiamata Setta 82, della squadra Metalist Kharkiv.
Nel corso della grave crisi politica ucraina, iniziata nel febbraio del 2014, gli uomini di questo gruppo occuparono le sedi istituzionali dell’oblast di Kharkiv per evitare che finissero sotto il controllo dei separatisti. Ben presto Setta82 si trasformò in una vera e propria fazione armata che prese il nome di Eastern Corps e che si radicò anche grazie al supporto delle autorità ucraine. Azov iniziò ad attrarre numerosi estremisti di destra, provenienti da tutta Europa ed è divenuto, nel tempo, lo schieramento di riferimento per quest’area politica.”
E se andiamo a vedere chi sono questi estremisti di destra scopriamo che:
dall’articolo di Matteo Luca Andriola: Il battaglione AZOV la legione nera del neofascismo ucraino
Fontana, alias Francois Xavier Fontaine, nome di battaglia ‘Stan’, è un noto militante della destra radicale apparso su vari quotidiani e periodici per la sua presenza in Ucraina nei giorni dell’Euromaidan, “definito ‘ufficiale’ di collegamento con gli squadristi italiani in diversi siti e blog. E ad addestrare le truppe di Kiev ci sarebbero contractor della Blackwater, e anche istruttori Cia”, come racconta Il Fatto Quotidiano.
Fontana – vicino a Gabriele Adinolfi (tra i fondatori di Terza posizione e oggi uno degli intellettuali di riferimento di CasaPound) e a Stefano Delle Chiaie, fondatore di Avanguardia nazionale – negando una filiazione con i ‘fascisti del III millennio’, descrive a Fausto Biloslavo, inviato de Il Giornale con un passato nel Fronte della gioventù (l’organizzazione giovanile del Msi), [considerato nel mondo giornalistico come “terminale della Cia“, nota redazionale] la sua ‘romantica’ presenza in Ucraina nel reportage Gli uomini neri.
L’ex missino ed ex avanguardista cinquantatreenne, chiamato ‘zio’ o ‘don’ dai camerati più giovani, si presenta al giornalista triestino in giubbotto antiproiettile, passamontagna nero sul volto, occhiali scuri e kalashnikov – confermando quello che molti sui camerati negavano mesi fa: non era lì solo come inviato di Adinolfi per Noreporter.org, sito d’informazione ‘non conforme’, ma anche come combattente – spiegando: “Sulle barricate di piazza Maidan mi sono ritrovato per caso affascinato da una rivoluzione di popolo. Nel momento del pericolo e scattata una molla. Come diciamo in Italia era finita la commedia. Non era più un gioco. Cosa dovevo fare, tornarmene a casa e abbandonare i camerati delle barricate di Maidan?”
Fontana passa all’azione e il 13 giugno 2014 partecipa alla battaglia di Mariupol, la città costiera sul mare di Azov conquistata dai miliziani filorussi, dove il battaglione nero ha ucciso una ventina di civili: “Siamo andati avanti noi. Abbiamo preso una contraerea piazzandola ad alzo zero e polverizzato le barricate dei filo russi”.
L’Osservatorio: in campo opposto, filo-russo ma sempre proveniente dalle fila Ultras:
Il capo della curva della Lucchese finisce nei guai con la giustizia di Roberta Zunini 11 ottobre 2017
Per il latitante Andrea Palmeri, 38 anni, di Lucca, orgogliosamente neofascista e notissimo capo ultrà della Lucchese, la strada da percorrere non è stata breve né semplice dalla curva dello stadio toscano a quello dello Shakhtar Donetsk. Sul suo profilo aperto di Facebook si mostra a torso nudo tatuato con croci celtiche o mentre imbraccia un mitragliatore spiegando quanto sia necessario combattere non solo contro gli Stati Uniti, ma anche contro «la deriva dei costumi» (si è convertito al cristianesimo ortodosso russo) che ha reso possibile ad esempio i matrimoni gay e il recupero in mare dei migranti. Ciò che Palmeri non ama sottolineare è che ha deciso di andare in una delle zone più contese e violente della storia recente per sfuggire alla giustizia italiana che allora lo aveva condannato in primo grado per associazione a delinquere, con l’obbligo di dimora fino al processo d’appello.
Nel 2016 la Corte d’Appello di Firenze lo ha condannato – in contumacia – a due anni e otto mesi di carcere dopo aver usufruito in primo grado del rito abbreviato e quindi di uno sconto di un terzo della pena.
Il “Generalissimo”, come viene chiamato dai suoi sodali ultras della Lucchese, era già finito in cella in passato sempre a causa della sua condotta violenta nei confronti di simpatizzanti di sinistra e tifosi di altre squadre. I giudici di Firenze, pur riducendogli di un anno la pena richiesta, lo hanno condannato per “associazione a delinquere, lesioni aggravate, porto abusivo di coltello e minaccia aggravata”.
Dopo aver lasciato indisturbato la propria città, contravvenendo all’obbligo di firma, e aver raggiunto il Donbass, via Russia, per prendere le armi, Palmeri ha fondato una onlus che dichiara di avere la missione di raccogliere fondi a favore della popolazione impoverita dal conflitto.
Ad “aiutarlo ad aiutare” può contare sull’energia di Irina Osipova, pasionaria dei giovani italo-russi che lo scorso anno (si parla del 2013) fu candidata alle comunali di Roma nella lista di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Sui social gira una foto della giovane studentessa moscovita con indosso una maglietta nera, con la scritta “Defend Italia” e l’immagine di un kalashnikov, mentre abbraccia un allegro Palmeri. Osipova però è stata a lungo anche vicina alla Lega Nord di Salvini, che accompagnò nel suo primo viaggio in Russia e collabora con l’associazione Lombardia-Russia diretta dal giornalista Gian Luca Savoini, responsabile per il Carroccio dei rapporti con Mosca già dai tempi di Umberto Bossi.
In conclusione, senza voler creare allarmismi ma consapevoli anche delle forti sinergie tra fascisti ucraini e italiani, su questa nuova aggregazione che si va formando bisognerà tenere gli occhi aperti e creare informazione da qui al 6 giugno.
* da http://www.osservatoriosulfascismoaroma.org
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