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Piano Colao, al paradiso delle multinazionali

Analizzare, anche sommariamente, il “Piano Colao” – le proposte individuate da un gruppo di manager per far “ripartire l’Italia” – è indispensabile.

Non perché certamente tutte quelle misure diventeranno leggi o “riforme”, ma per capire il segno che la grande industria multinazionale intende imporre allo sviluppo futuro, “cogliendo l’occasione” della pandemia per ridisegnare questo Paese. La “logica” di una ricostruzione, al solito, chiarisce quali interessi vengono messi in primo piano e quali dovrebbero essere sacrificati, o lasciati all’eventualità che “tutto vada bene”…

Si entra subito nell’inferno, sappiatelo.

Scudo penale per i contagi sul lavoro

La prima misura che il gruppo Colao suggerisce è infatti “Escludere contagio COVID da responsabilità penale e ridurre temporaneamente il costo delle misure organizzative anti contagio”. Una delle richieste più gridate del nuovo presidente di Confindustria, Carlo Bonomi.

Di che si tratta? Le aziende sono responsabili delle malattie professionali contratte durante o a causa del lavoro dai loro dipendenti. Una responsabilità limitata, perché alla verifica e gli eventuali risarcimenti ci pensa l’Inail, ma in alcuni casi – quando venga accertata la negligenza o il dolo – anche diretta. Sia civile (risarcimenti) che penale.

Quasi tutte le aziende hanno cercato di continuare a produrre in piena pandemia (in Lombardia, epicentro del terremoto Covid, non è mai stata dichiarata una sola “zona rossa”, dopo quelle iniziali e limitate di Codogno, Lodi, ecc), con o senza adottare misure di protezione individuale per i dipendenti, né condizioni di lavoro commisurate alla necessità del “distanziamento sociale”.

E infatti un numero altissimo di lavoratori – dai dati Inail – risultano contagiati sul posto di lavoro; altrettanti, o di più, “in itinere” (su bus, metro e treni locali strapieni).

Confindustria pretende uno “scudo penale”, tale che nessuna azienda possa mai essere “disturbata” per una quisquilia come il contagio, la malattia o la morte di un dipendente. E il gruppo Colao suggerisce di accontentarla.

Anzi, per completare l’opera, suggerisce anche di “neutralizzare fiscalmente, in modo temporaneo, il costo di interventi organizzativi (ad es. turnazione, straordinari) conseguenti all’adozione dei protocolli di sicurezza e al recupero della produzione perduta per il fermo, per non penalizzare la competitività dell’impresa e i redditi dei lavoratori”.

L’ultima frase è la chiave retorica costante del “piano”, fin da titolo (“Un’Italia più forte, resiliente ed equa”): imprese e lavoratori sarebbero “nella stessa barca”, dunque si indicano misure che aiutano le prime perché possano prosperare e dunque, prima o poi, lasciar cadere qualche briciola verso chi lavora.

Smart working

Si riconosce che l’improvvisa accelerazione del “lavoro da casa”, per quelle attività possibili in questa forma, è avvenuta in un clima da far west, per cui ai lavoratori (e soprattutto alle donne) sono state richiesti e impostei condizioni, orari, ecc, fuori da ogni norma. Qui, pudicamente di suggerisce di “osservare” le modalità in cui questo è avvenuto, in modo da poter aggiornare i contratti di lavoro e arrivare a un “codice etico”.

Naturalmente non ci sono indicazioni su parametri e criteri, che saranno affidati alla “contrattazione tra le parti” e dunque ai rapporti di forza vigenti.

Contratti a tempo determinato da rinnovare

L’ipocrisia regna sovrana. Si finge infatti di assumere il punto di vista dei lavoratori, molti dei quali “assunti con contratti a termine vedranno sopraggiungere la scadenza del termine e quindi la cessazione del contratto in questa fase di crisi”.

Altre aziende, invece, pur uscendo bene dal momento peggiore, eviteranno di trasformare i contratti brevi in assunzioni a tempo indeterminato (cosa obbligatoria per legge dopo 12 o 24 mesi), “nella attuale situazione di incertezza”. Licenziando quindi questi precari per assumerne altri o nessuno.

Dunque, suggerisce il gruppo Colao, “si tratta di allentare, in via temporanea, questi vincoli almeno per i contratti a termine in corso la cui scadenza sopraggiungerà entro il 2020”. Una piccola forzatura alla legge, e precarietà prolungata, che volete che sia…

Compensazioni fiscali, ecc.

Segue una lista di misure tecniche pro aziende, tutte orientate a sollevarle dagli obbighi fiscali immediati, fornire liquidità, garanzie Sace estese oltre i limiti attuali (si fa un gran uso dell’inglese e del latino per nascondere di che si tratta…).

E poi facilitazione dell’accesso alla liquidità per le imprese in crisi, rinegoziazione dei contratti di affitto (ma non per le abitazioni…), disincentivazione delle procedure concorsuali (ossia fallimentari, spesso “finte”, per ripulire le aziende stessa dai debiti), e via “semplificando”, derogando, incentivando…

Una vera cascata di misure univocamente orientate a favorire le imrpese piccole e grandi, in alcuni casi persino apprezzabili, in altri niente affatto. Per esempio…

Emersione lavoro nero e del contante da redditi non dichiarati

La piaga secolare dovrebbe essere ridotta, se non eliminata, condonando molto e istituendo “sanzioni innovative”. Il meccanismo immaginato ricalca quello per il rientro dei capitali nascosti all’estero, ossia una “voluntary disclosure” giocata su “da un lato un meccanismo di sanatoria, per il pregresso, sulla scorta di quanto previsto nel decreto rilancio per l’emersione del lavoro irregolare degli immigrati in alcuni settori; dall’altro, un periodo medio di riduzione contribuzione e cuneo fiscale su retribuzione”.

Immaginiamo frotte di caporali che corrono ad autodenunciarsi per timore della “revoca dei benefici non ancora concessi o pervenuti, obbligo di restituzione di quelli già percepiti”….

Comunque, lo “scudo fiscale” è una fissazione costante, visto che viene riproposto anche per “La regolarizzazione tramite Voluntary Disclosure del contante e di altri valori derivanti da redditi non dichiarati (anche connessa all’emersione del lavoro nero)”.

Altre misure pro-imprese

Seguono poi vecchi cavalli di battaglia come il “Passaggio a pagamenti elettronici”, ovviamente motivato con la necessità di “Ridurre significativamente l’economia sommersa per liberare risorse e garantire concorrenza equa” (equa concorrenza, non equità sociale, si chiaro!).

E non poteva mancare il capitolo su “Innovazione tecnologica e proprietà intellettuale”, nel solco di industria 4.0, con “Ripristino integrale e potenziamento di iper-ammortamento (incremento del 150%-200% del costo di acquisto) e superammortamento (incremento del 40%-60% del costo di acquisto)”.

E ovviamente il “Sostegno a Start-up innovative”, le “Competenze gestionali e assunzioni specialistiche”, per poi approdare alla sempreverde “Riqualificazione disoccupati/CIG”. Dove i soliti “corsi di formazione” dovrebbero essere affiancati da misure “incentivanti”, come il divieto di cumula tra Cig e retribuzione nel caso che la nuova assunzione avvenga grazie alla “riqualificazione” ottenuta. In pratica, uno sconto sul costo del lavoro per l’azienda che assume o “riqualifica”.

Prime osservazioni

Ci fermiamo qui, perché il testo è sconfinato e andremmo oltre i limiti di un articolo. Possiamo intanto individuare “la logica”: c’è moltissimo per le aziende, quasi esclusivamente per quelle di grandi dimensioni e orientate alle esportazioni; e nulla, letteralmente nulla, per i lavoratori. Tutto dipende dall’azienda, che se funziona e fa profitti pagherà ovviamente salari. Altrimenti licenzierà e delocalizzerà, come prima…

Tutto il mondo delle piccole e medie imprese sarà cointeressato solo marginalmente (misure fiscali e pagamenti più rapidi della pubblica amministrazione), ma in una prospettiva di sostanziale marginalità.

Del resto, se chiami a fare da “consigliori” l’amministratore delegato di una multinazionale – Vittorio Colao, per dieci anni alla guida di Vodafone, amministratore di Unilever, tra “gli eletti” ammessi alle riunioni del Gruppo Bilderberg (insieme a Mario Monti, Chicco Testa, Lilli Gruber…) – non è che puoi aspettarti un briciolo di attenzione verso lavoratori e artigiani, no?

Alla faccia degli equilibri sociali e dell’equità…

Come sintetizza il nostro Kartana, questo piano è “Mercantilismo, deflazione, riduzione costo del lavoro, ricerca appannaggio delle imprese, tutto lo Stato appannaggio delle imprese private, distruzione piccoli operatori. Uno scenario da deflazione da debito. Mi ricorda Hartz IV”.

Al che, comincia a svanire qualunque differenze tra i “programmi” di Lega-Berlusconi-FdI e quelli del governo attuale.

Ci vediamo alla seconda puntata…

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