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Per gli “eroi” della sanità il dovuto rispetto e risposte non più rinviabili

Ieri nella sanità pubblica e privata e nel terzo settore, è stata una giornata di sciopero, la prima possibile dopo le proteste simboliche, ma fortissime, svolte durante l’emergenza coronavirus.

Gli operatori della sanità, un mondo ormai tenuto conto della frammentazione lavorativa e contrattuale in un settore strategico per la vita del paese, dopo essere stati celebrati come eroi mentre curavano, si ammalavano e morivano negli ospedali riempiti dai malati di Covid 19, hanno capito subito come dietro quella retorica non ci fosse affatto un urgente e dovuto cambio di passo nel trattamento contrattuale, retributivo e morale della categoria che è stata la truppa di trincea nell’emergenza pandemica.

Al contrario, le spinte a rimanere esattamente come prima, hanno ripreso vigore.

Nel corso del primo sciopero nazionale unitario della sanità pubblica, privata e del Terzo Settore proclamato dall’Unione Sindacale di Base, ieri in piazza Montecitorio c’è stato un affollatissimo presidio, scandito dagli interventi di delegati del comparto sanità provenienti da tutte le regioni. E c’è stato anche l’incontro tra la delegazione USB e i componenti della XII Commissione della Camera (Affari sociali e Sanità), presieduta da Marialucia Lorefice.

L’USB ha consegnato ai parlamentari una copia della piattaforma alla base dello sciopero nazionale di ieri e ne ha illustrato i punti qualificanti che pongono al centro il ritorno a una sanità nazionale, pubblica e universale.

I punti della piattaforma indicano una netta controtendenza rispetto al processo di sistematico smantellamento del Servizio Sanitario Nazionale: 1) la fine della regionalizzazione fatta di 20 sistemi sanitari differenti attraverso la riforma del Titolo V della Costituzione, cambiato nel 2001; 2) il ritorno al Servizio Sanitario Nazionale e universale; 3) lo stop ai privati che si arricchiscono con i soldi pubblici, lasciando al sistema pubblico tutto ciò che non produce guadagno (pronto soccorso, terapie intensive, reparti di malattie infettive); 4) il contratto unico per i lavoratori del comparto.

Ma alla base della piattaforma dello sciopero consegnata alla Commissione parlamentare Affari Sociali e Sanità, ci sono anche richieste immediate come assunzioni a tempo indeterminato, stabilizzazioni dei precari, reinternalizzazioni di servizi e personale; i rinnovi contrattuali immediati (scaduti almeno da dicembre 2018) con adeguati riconoscimenti economici e professionali; il bonus Covid per tutti gli operatori della Sanità: pubblica, privata e del Terzo Settore.

Secondo quanto ha riferito la delegazione sindacale, con la Commissione l’interlocuzione è stata su binari di sintonia, dovuta anche all’esperienza nelle professioni sanitarie di diversi deputati. I parlamentari hanno evidenziato la difficoltà di liberare risorse pubbliche per rendere strutturali gli investimenti fatti in occasione dell’emergenza Covid-19, ma hanno garantito che percorreranno ogni strada affinché questo avvenga e sottolineato che un ruolo fondamentale in tal senso possono ricoprirlo i cittadini e le realtà sociali, facendo sentire la propria voce.

Sul tavolo è stata posta, dopo la questione dei medici specializzandi ed ex specializzandi, quella della sanità privata e della conclamata inadeguatezza contro la pandemia di una realtà fatta di sfruttamento e assenza dei requisiti minimi per occuparsi di salute. Secondo quanto riferito dalla delegazione sindacale su questo punto la Commissione si è impegnata ad attivarsi affinché i paletti per gli accreditamenti siano ancora più fitti e stringenti.

La risposta, per USB, è naturalmente diversa: tutto il Sistema sanitario nazionale deve ritornare pubblico. Perché il coronavirus non è stato l’unico killer, ma ha avuto complicità evidenti nei politici e nelle scelte sulle politiche sanitarie dell’ultimo ventennio fatte in nome dell’ultraliberismo e di “privato è bello”.

 

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1 Commento


  • Anna Laura Polverini

    Molto giusto,ritornare ad una visione più unitaria ed uniforme del servizio sanitario nazionale, pur dando un dovuto spazio ad una visione regionale ,attenta però, alle esigenze ed alle peculiarità del territorio.
    Salve restando le garanzie che le attuali riduzioni dei servizi ai soli policlinici nei capoluoghi non continui a discriminare alcuni centri minori.

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