Il Pd si gioca 4 regioni su 6 alle elezioni dell’autunno, per questo motivo resuscita le sardine e il loro leader, Mattia Sartori, assicura che si impegneranno in un tour politico per le regionali per poi concentrarsi su Bologna per le amministrative del 2021.
È passato meno di un mese e mezzo da quando il capo delle sardine chiudeva una fase dell’esperienza del movimento per prendersi “una pausa di riflessione”: per placare i dissidi e le divisioni interne, per calmare coloro che iniziavano ad essere insofferenti nei confronti di un leader che incassa una gaffe dietro l’altra, per non “generare una massa di frustrati rabbiosi” con le parole dello stesso Sartori.
Del resto, la vita delle sardine si era prolungata fin troppo visto che l’unico obbiettivo era esasperare lo spauracchio di Salvini, nelle vesti della Borgonzoni in Emilia-Romagna, e assicurare la vittoria a Bonaccini.
Ma qualcuno deve avergli fatto notare che si avvia una stagione dove gli appuntamenti elettorali non mancheranno: si vota per le regionali in Valle d’Aosta, Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana e Veneto.
Quattro di queste regioni sono in mano al centrosinistra che farà di tutto per non perderle visto che ad oggi governa solo sei regioni del Paese, si discute di alleanze che fotografano gli equilibri di governo ma il Partito Democratico ha bisogno di qualunque supporto e quindi ecco tornare in campo le sardine con Sartori che annuncia un tour elettorale, nelle piazze a sostenere il centrosinistra in funzione antileghista.
Delle groupie insomma, ma invece delle rockstar si troveranno gente come Emiliano e De Luca da osannare. Le sardine aiuteranno il Pd nell’ossessione contro Salvini: quello dei cosiddetti decreti sicurezza e dei porti chiusi, chissà che scusa si inventeranno per giustificare un governo PD che non ha ancora abrogato le leggi Salvini e tiene in ostaggio-quarantena i migranti salvati nel Mediterraneo.
Il tour delle sardine proseguirà oltre le elezioni d’autunno per sostenere il centrosinistra alle amministrative della città dove il movimento è nato: Bologna. Il mandato di Merola è agli sgoccioli e si stanno scaldando i motori per la sua sostituzione a palazzo d’Accursio.
Sartori ha dichiarato che non sa chi sarà il candidato sostenuto dalle sardine perché in effetti di candidati ancora non ce ne sono, è possibile che il centrosinistra opti per delle primarie. Fra i papabili due assessori uscenti: Aitini, assessore alla sicurezza urbana e Lepore, assessore per il turismo e la cultura. Chi invece ha già pigiato l’acceleratore sulla sua candidatura per il PD è Cathy la Torre.
La Torre correrà “solo se ci saranno delle primarie di coalizione, già sono una minoranza, fare anche una battaglia minoritaria non mi interessa”. Corre per vincere l’avvocata che negli ultimi anni si è ripulita la facciata allontanandosi dalla politica elettorale e puntando tutto sulla sua partecipazione civica e l’azione nella società civile a colpi di denunce ed esposti.
La sua ultima fatica “Odiare ti costa” è stata una campagna “contro l’odio online” che sembrava promettere la difesa pro bono delle vittime di molestie, shitstorm, minacce e discorsi d’odio sui social network. In realtà le vittime che vogliono difendersi davvero devono fare da sole ricevendo dagli organizzatori della campagna dei meri consigli.
Un nome solo fra le “vittime” di odio online che hanno richiesto assistenza (non rifiutata): Simone Pillon, il senatore leghista.
Tuttavia, La Torre non è un volto nuovo della politica bolognese: si candidò per la prima volta nel 2009 con una lista “sinistra per Bologna” a sostegno del candidato del PD Delbono. Non fu eletta, ma ci riprovò nel 2011, dopo le dimissioni del sindaco democratico travolto da uno scandalo giudiziario e il commissariamento della città.
Il secondo tentativo andò decisamente meglio: La Torre fu eletta a sostegno di Virginio Merola con la lista “con Amelia per Bologna con Vendola”. Terminato il mandato da consigliera nel 2016 decise di ritirarsi dalla vita politica guardando a Coalizione Civica senza candidarsi, forse preoccupata di non essere eletta o forse preoccupata di non poter fare ancora la stampella del PD.
Dopo aver sostenuto Bonaccini alle scorse Regionali, ora ci riprova candidandosi direttamente a sindaco per il PD, dovrà però affrontare i candidati naturali nelle primarie democratiche, chi nel PD è sempre stato senza vergogna, chi ha sempre votato compatto con il partito senza nascondersi dietro assenze e astensioni.
Gli anni di consiliatura di La Torre sono segnati da gravissime mancanze per usare un eufemismo, quanto meno nei confronti dei suoi elettori, che oggi come ieri non potrebbero vedere in lei una candidata radicale capace di dare una svolta alla sinistra bolognese.
Nel 2013 dopo il referendum che vide più di 50.000 bolognesi votare per una scuola pubblica, laica e gratuita e che chiedeva di non elargire i fondi (che ammontavano a circa un milione di euro all’anno) alle scuole paritarie ma di spenderli per le scuole, gli asili e i nidi pubblici, l’amministrazione Merola si fece beffe del risultato e approvò con una maggioranza, forse inedita ma non sorprendente visti i precedenti del governo Monti, fatta da PD e PDL l’elargizione dei fondi alle paritarie.
La Torre e la componente SEL in consiglio comunale non si opposero alla delibera ma ne chiesero solo dei “miglioramenti”, i quali non furono concessi, La Torre, allora, invece di sfidare apertamente il PD e rompere con Merola optò per una vile astensione, in barba alla democrazia partecipativa del referendum, ai valori di laicità dello Stato e al diritto all’istruzione.
Nel presentare la sua candidatura, Cathy La Torre ha dichiarato che la prima cosa che farà da sindaca sarebbe rivedere la mobilità cittadina “dalla A alla Z”, il consiglio spassionato è di soffermarsi alla lettera P sotto la quale troverà il People Mover, una navetta che collega l’aeroporto Marconi e la stazione centrale di Bologna, un’opera mai finita, inutile, super costosa, al centro di mille guai giudiziari.
La Torre e il gruppo consiliare di SEL, pur dichiarandosi contrari, nulla fecero per fermare la navetta, addirittura assentandosi durante la votazione di un ordine del giorno proposto dai consiglieri Cinque Stelle che avrebbe potuto fermare l’opera.
Ma forse la più grande mancanza è soprattutto nei confronti delle soggettività che in lei, attivista LGBTQI che recentemente ha fatto coming out come persona non binaria, speravano di trovare rappresentatività. Cathy la Torre faceva parte della maggioranza quando Atlantide, lo spazio occupato da collettivi femministi punk queer, fu sgomberato nel 2015 su ordine del sindaco. All’epoca si stracciò le vesti ma non si dimise da consigliera, optò per l’uscita dalla maggioranza a fatto conclusosi e a pochi mesi dalla naturale fine del mandato.
La Torre prova oggi a cavalcare l’onda di Atlantide presentando la sua candidatura scagliandosi contro il sindaco uscente nonché sindaco sostenuto dalla sua lista all’epoca dei fatti e minaccia un esposto per danno erariale su Atlantide. L’annuncio è stato rispedito al mittente dai collettivi che animavano il cassero di Santo Stefano che non ci stanno a farsi strumentalizzare per fini elettorali.
La Torre non è certo nuova a queste uscite, lei preferisce difendere gli investimenti cittadini contro i danni che derivano dal lasciare vuoti gli spazi sgomberati, piuttosto che difendere gli spazi occupati in sé, come quando all’indomani dello sgombero di XM24 minacciò Merola di trascinarlo davanti ad ogni “tribunale politico e amministrativo della città” se non avesse proceduto con celerità ai lavori di cohousing, e tanti saluti alle esperienze politiche, culturali e di socialità non conformi.
La Torre, che ha incassato il sostegno della sindaca renziana di San Lazzaro, è amica personale e collega politica di Nichi Vendola e sicuramente raccoglie le simpatie della “sinistra” bolognese, lo stesso bacino da cui ha attinto Elly Shlein con la lista stampella di Bonaccini alle scorse regionali.
Non sappiamo se uscirà vincitrice scalzando Lepore, il delfino di Merola, ma se così fosse prepariamoci a un bel po’ di pinkwashing e retorica da società civile, che parlerà di comunità, bellezza, visioni e benessere che – tradotto per chi non vuol capire – significa composizione del conflitto sociale e silenziamento delle contraddizioni.
Lei, che vuole farsi passare per un pesce fuor d’acqua nel mondo della politica partitica, è in realtà uno squalo come gli altri, e tra squali e sardine. L’unica cosa sicura è che il pesce finisce per puzzare, sempre.
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