Con l’arrivo dell’inverno e dell’influenza stagionale, con la riapertura della scuola e i mezzi pubblici sempre più affollati, è davvero impossibile ipotizzare una flessione della curva epidemiologica quando già l’epidemia non dà segni di voler arretrare. «Occorre giocare d’anticipo per contenere la seconda ondata garantendo il vaccino a tutte le persone a rischio e aumentando l’attività di testing e tracing delle Regioni» dice Nino Cartabellotta, presidente di Gimbe, cercando di garantire il vaccino antiinfluenzale «per tutti i soggetti a partire dai 6 mesi di età che non hanno controindicazioni al vaccino», con offerta attiva e gratuita per alcune categorie di popolazione a rischio.
Il problema è che quanto raccomandato dall’autorevole fondazione, e ribadito anche nella circolare del ministero della Salute del 4 giugno, non è stata programmata con adeguata efficienza a livello nazionale, con enormi buchi di disponibilità di vaccino che variano da regione a regione.
Febbre, dolori, astenia, tosse… sono sintomi sia dell’influenza che di un’infezione da COVID-19. Da qui il timore diffuso di non essere in grado di distinguerle prontamente e attuare appropriati interventi di cura e di contenimento della diffusione delle infezioni. Alcuni sintomi sono tipici della COVID-19, ma per una diagnosi differenziale certa solo i risultati di un tampone (con i rispettivi limiti di sensibilità e specificità) è dirimente. Alcune scuole, che a meno di un mese dall’apertura hanno già iniziato a mettere in quarantena alcune classi per il rischio COVID, stanno ora ipotizzando di utilizzare il test rapido per discriminare il normale virus influenzale dal COVID-19, ma anche su questo, permangono alcuni dubbi sull’efficacia di questo test.
«La vaccinazione antinfluenzale – afferma Nino Cartabellotta– oltre a ridurre le complicanze dell’influenza stagionale e contenere l’eccesso di mortalità, quest’anno ha un obiettivo strategico di salute pubblica: ridurre il numero di persone sintomatiche che rischiano di sovraccaricare i servizi sanitari territoriali e i pronto soccorso. Questo obiettivo, tuttavia, richiede una copertura vaccinale molto ampia anche nelle fasce non a rischio che, di fatto, includono la maggior parte dei lavoratori ai quali è affidata la ripresa economica del Paese».
Ma veniamo alle dosi vaccinali. Il primo produttore di vaccini antinfluenzali al mondo, con circa il 40 per cento di quota di mercato, Sanofi Pasteur vende ogni anno tra i 200 e i 220 milioni di dosi. Gli altri due giganti del mercato sono GlaxoSmithKline e AstraZeneca. Nel 2019 sono state distribuite 12,5 milioni di dosi, quest’anno saranno disponibili 18 milioni di dosi. Nonostante l’aumento delle provviste i farmacisti delle farmacie al pubblico hanno già lamentato la scarsità di dosi da distribuire mentre ciascuna regione, in autonomia, ha provveduto alle proprie richieste e indicazioni.
La Fondazione Gimbe ha condotto un’analisi indipendente con l’obiettivo di mappare le scorte regionali di vaccino antinfluenzale, valutare la potenziale copertura per le categorie a rischio e stimare la disponibilità di dosi per la popolazione generale. L’analisi evidenzia che “Ministero della Salute e la maggior parte delle Regioni non hanno previsto con largo anticipo la necessità di aumentare le scorte per la popolazione non a rischio. In secondo luogo, l’aumentata domanda sui mercati internazionali, insieme al ritardo con cui sono stati indetti i bandi di gara, ha impedito ad alcune Regioni di aggiudicarsi il 100% delle dosi richieste. Infine, le farmacie non sono riuscite ad approvvigionarsi per mancata disponibilità del vaccino sul mercato». C’è una discrepanza molto forte tra regione e regione.
Dal report della fondazione Gimbe ne esce che per un totale di 18 milioni di vaccini su territorio nazionale ci sono 7 regioni e 2 province autonome che hanno scorte vaccinali che non sono sufficienti a raggiungere il 75% della popolazione che rappresenta l’obbiettivo target minimo per raggiungere la copertura antinfluenzale per le categorie a rischio.
Il resto della popolazione adulta, sana, in età lavorativa non potrà trovare il vaccino sul territorio in farmacia perché la disponibilità residua varia molto da regione a regione. Regioni come la Puglia hanno un residuo di disponibilità di oltre un milione di vaccini e invece regioni come Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia e le Marche ci sono circa 5 mila dosi di vaccino disponibili. Le regioni hanno ceduto alle farmacie all’incirca l’1,5 % delle dosi acquistate sulle 18 milioni di dosi totali, quindi si parla di 250 mila dosi che dovrebbero coprire la popolazione in età lavorativa, una quantità assolutamente insufficiente!
La Regione Lombardia ha addirittura annunciato l’uso di un vaccino per la popolazione da 24 mesi a 18 anni d’età mai utilizzato in Italia: Fluenz Tetraspray nasale®, sospensione, vaccino antinfluenzale (vivo attenuato), tetravalente, commercializzato da AstraZeneca.
Situazione ancora una volta “variegata” per la Salute Pubblica nazionale. AIFA ha istituito una apposita task force per monitorare la situazione degli approvvigionamenti e della distribuzione dei vaccini. Sarebbe, comunque, utile avere anche il monitoraggio delle avvenute vaccinazioni in considerazione del fatto che la circolare ministeriale non riporta alcun dato delle coperture effettive, delle caratteristiche dei vaccinati, delle realtà e contesti geografici e di vita della popolazione italiana, sia quella target per l’antinfluenzale che dell’intera popolazione, nel corso del tempo.
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