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Gli studenti medi milanesi sono in lotta

Di giorno in giorno aumenta l’esasperazione degli studenti delle scuole medie superiori milanesi contro la didattica a distanza e la mancanza, da parte del Ministero e degli enti locali, di interventi che possano consentire una ripresa sicura della didattica in presenza.

Una situazione che appare sempre più bloccata, poiché ormai è chiaro che la didattica a distanza è solo una simulazione di scuola ma anche che è sempre più difficile recuperare terreno rispetto a interventi sanitari e sociali che non sono stati fatti a tempo debito e che nemmeno si prospettano all’orizzonte.

La lista delle scuole che hanno intrapreso occupazioni e altre azioni di lotta si allunga di giorno in giorno. Martedì 19, al Manzoni, Volta, Parini, Steiner, Vittorio Veneto e altri ancora si sono aggiunti due istituti contigui tra loro, il liceo “Cremona” e l’I.T. “Zappa”, dove il collettivo “Zanna Rossa” ha indetto un riuscito presidio di protesta che si pone anche come ponte verso lo sciopero nazionale della didattica a distanza indetto da un largo cartello di collettivi studenteschi per venerdì 22 gennaio.

La protesta si allarga a macchia d’olio e sarebbe probabilmente ancora più visibile se non si dovessero rispettare quelle norme sanitarie alle quali gli studenti si stanno attenendo rigorosamente. A Milano stanno cominciando le azioni anche nelle scuole medie inferiori, come alla “Locatelli-Oriani” dove a scendere in piazza è stato un folto gruppo di genitori, mentre qualcuno ha simbolicamente posto i lucchetti alla Sovrintendenza scolastica chiudendola per “totale inefficienza”.

Gli studenti, in particolare, non sono disposti ad accettare oltre promesse che non sono mai mantenute e il ricatto che viene loro imposto tra una frequenza scolastica a rischio e il dover vedere la loro formazione ridotta alla triste pratica quotidiana di varie ore trascorse davanti al PC, tra l’altro con il noto corollario di discriminazioni e di abbandono scolastico che essa comporta.

E nemmeno sembra credibile, da parte delle autorità, l’insistenza sulla situazione emergenziale, visto che dopo un anno intero di pandemia dei provvedimenti volti a garantire la regolare frequenza scolastica si sarebbero potuti prendere.

Si è invece perso molto tempo con teatrini mediatici, con i banchi a rotelle, con le disquisizioni sulle “rime buccali” e il risultato é la desolazione a cui assistiamo, vale a dire che ormai da mesi le scuole sono nel caos. E’ necessario ridurre il numero di studenti per classe, creare presidi sanitari, rendere disponibili tamponi rapidi per lo screening nelle scuole, potenziare i trasporti pubblici.

Dopo anni di abbandono, la scuola deve tornare a essere un tema decisivo per la politica italiana e ricevere finanziamenti adeguati. Temi, questi, sui quali le richieste degli studenti convergono con quelle di gran parte dei docenti, che, nel loro specifico, sono esasperati dall’incertezza che regna sulla loro professione, dato che non si sa come e quando potranno riprendere a lavorare in presenza, se il loro orario di servizio dovrà essere completamente cambiato, e quali richieste saranno loro poste, dal Ministero, in materia di valutazione.

Su quest’ultimo punto, all’avvicinarsi della fine di un primo quadrimestre svolto in condizioni disastrose, è evidente che nessuna vera valutazione è possibile e che volerla imporre sarebbe un gesto che ridurrebbe un atto scolastico importante a una farsa. Egualmente, non si può nemmeno immaginare di svolgere nei prossimi mesi i test INVALSI tanto cari al Ministero e alle organizzazione padronali che si ingeriscono nella scuola.

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