Per qualche giorno, in Lombardia, si è rivissuto il clima di qualche decennio fa, quando l’allora Lega Nord lanciava quotidianamente strali contro “Roma ladrona”. Infatti, il presidente Fontana ha lanciato pesanti accuse al governo per la dichiarazione, secondo lui ingiustificata, della zona rossa in Lombardia, che avrebbe creato gravi danni all’economia regionale.
Contro tale decisione del Ministero della salute la giunta regionale ha anche inoltrato un ricorso al TAR del Lazio che si pronuncerà lunedì 25 gennaio. In ogni caso, la sentenza del TAR non avrà immediati effetti sulla situazione in Lombardia, poiché nel frattempo la regione si è colorata di arancione dopo un riesame dei dati inviati il 20 gennaio dalla Lombardia al ministero della Salute.
C’era stato un errore, ma naturalmente sulla responsabilità di averlo commesso, è ancora polemica tra Lombardia e governo.
In realtà, non è difficile arguire, da come sono andate le cose, che se un danno all’economia lombarda c’è stato, è ancora una volta responsabilità della giunta Fontana che ha mandato a Roma dei dati carenti e che erano frutto di interpretazioni sbagliate della situazione sanitaria.
Del resto da giorni Fontana ripeteva di non capire perché l’indice Rt regionale fosse schizzato a 1,25, valore che, appunto, porta a collocare una regione in zona rossa. La ragione, verosimilmente, stava a Milano, negli errori dei tecnici di Fontana.
Si tratta, tra l’altro, di un avvio non certo felice della gestione della sanità da parte della neoassessora e vicepresidente Letizia Moratti, già incorsa nell’infelice uscita della dichiarazione, poi ritirata, sulla necessità di stabilire un rapporto tra la quantità di vaccini da inviare in una regione e il suo PIL.
Peraltro, dai primi giorni di presenza in giunta di Moratti, si riceve l’impressione che la sua collaborazione con Fontana sia iniziata male, a causa della richiesta formulata dalla neo assessora di avere due staff di collaboratori, uno per l’assessorato alla sanità e uno per la vicepresidenza. naturalmente scelti personalmente da lei.
Si ricorda che per la sua gestione delle collaborazioni quando era sindaca di Milano, Moratti è stata condannata a un pesante risarcimento al Comune per nomine non regolari. Inoltre, Fontana sembra imbarazzato dalla presenza di una vicepresidente più esperta e nota in politica rispetto a lui e inoltre molto più introdotta negli ambienti industriali e finanziari.
Qualunque sia l’origine del pasticcio e delle incomprensioni tra Lombardia e governo centrale sulla questione della zona rossa, è però chiaro che la vicenda ha messo in luce la macchinosità e l’inefficienza del sistema delle regioni a colori inventato dal governo. Infatti, la decisione della fascia in cui collocare una regione spetta al governo, ma sulla base di dati che provengono dalle regioni stesse.
Esistono fondati dubbi sull’omogeneità del metodo di raccolta dei dati tra le regioni, inoltre è chiaro che ogni regione, se desidera evitare le fasce con le maggior restrizioni, può fare qualche accomodamento. Ciò, per esempio, facendo meno tamponi o includendo nei dati un maggior numero di tamponi praticati a soggetti precedentemente positivi che si sono negativizzati.
Inoltre, i ben 21 criteri sui quali si basano le decisioni delle zone sono troppi, complicati e poco chiari. Infine, la strategia delle regioni a colori è fonte di apprensione per i cittadini e di danni all’economia e al commercio, poiché i continui passaggi tra zone gialle, arancioni e rosse, con restrizioni di diverso peso, provocano grande incertezza senza essere in grado di debellare la pandemia.
Questo perché appena si registra un miglioramento, si allentano le restrizioni, con il risultato di aumentare i contagi e di dover poi ritornare alla fascia più rigorosa. Un continuo e sfibrante stop and go che risponde all’ideologia dal “convivere con il virus” anziché debellarlo radicalmente.
La riprova è che da settimane il numero dei contagi, il tasso di positività e la quantità di decessi subiscono solo piccoli scostamenti e non cali significativi.
Tornando alla Lombardia, che tornerà in arancione da domenica 24, la situazione resta comunque a rischio di peggioramenti incontrollabili. Il tasso di occupazione dei posti in ospedale è ancora al di sopra del limite di guardia (tra 1500 e 2000 casi al giorno, con 60-90 decessi in regione), i trasporti sono troppo affollati, le aziende non sempre rispettano i parametri di sicurezza, il telelavoro è troppo poco sviluppato, è quasi impossibile ottenere tamponi, anche rapidi.
Quanto alle scuole, siamo ormai alla staffetta tra i licei nell’occupare le diverse sedi e la lista delle scuole in agitazione si allunga ogni giorno. Nell’ultima settimana a Milano sono stati occupati il Cremona, lo Zappa, il Berchet, l’Albe Steiner e infine, venerdì 22, in coincidenza con lo sciopero della didattica a distanza, Einstein e Virgilio, quest’ultimo il più grosso liceo cittadino con i suoi 2000 iscritti.
Gli studenti chiedono semplicemente di poter tornare in aula, ma in sicurezza, e che quindi siano presi provvedimenti atti a garantirla, che però nessuno sembra in grado di assumere..
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa