Come certamente saprete, ci avviciniamo a passi lunghi e ben distesi al momento del 730, uno dei più attesi dagli italiani, soprattutto in anni in cui ad abbondare è giusto la crisi. Siccome i soldi non sono mai abbastanza, in particolare per chi già ne ha, l’associazionismo di ogni ordine, grado, prestigio e utilità, pubblicizza la possibilità di donare l’8 o il 5 per mille alle proprie casse. I più scandalosi questuanti sono certamente i religiosi, cui per fortuna s’affiancano tanti soggetti fattivamente utili come Emergency, ma anche enti pubblici o che svolgono funzioni presuntamente tali come la conservazione dei beni artistici o la ricerca scientifica.
E’ il caso dell’IIT, fondazione di diritto privato creata a fine 2003 su idea della coppia Tremonti – Moratti per dare concretezza alla battaglia che il governo Berlusconi d’allora sbandierava in merito al ritorno dei cervelli e all’innovazione.
Al netto di tutti i ragionamenti che andrebbero fatti su questo ente per contestualizzarne l’esistenza nel “sistema Italia” al fine di trarre un bilancio oggettivo della sua esistenza – in particolare in rapporto col resto della ricerca nazionale – vista “da fuori”, l’iniziativa di donare il 5×1000 alla Fondazione non può che apparire lodevole e meritevole di supporto.
Lo scenario, tuttavia, cambia tonalità se capita d’avere conoscenza delle dinamiche interne all’Istituto. Il suggerimento a devolvere il proprio 5×1000, infatti, è ovviamente rivolto anche ed in prima battuta a ricercatori e dipendenti che dell’IIT sono la spina dorsale.
Non ci sarebbe nulla di male in tutto questo se non fosse che:
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il “futuro creato dai giovani ricercatori” è la quintessenza del precariato per questi ultimi, e il paradiso del blocco salariale per i dipendenti, che vengono assunti con contratto individuale – si, avete letto bene, niente CCNL di qualsivoglia categoria e nemmeno un contratto aziendale – e retribuzioni che spesso sfondano la soglia del ridicolo considerando l’ambiente di riferimento – qui si possono trovare figure professionali retribuite per 20 mila € lordi l’anno -;
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la Fondazione, da documentazione contabile ufficiale e pubblica inviata alla Corte dei Conti, non avesse (al 2012) una disponibilità liquida bancaria pari a quasi 408 milioni di euro…
Tutto ciò assume toni ancor più farseschi proprio in queste settimane in cui, a seguito della mobilitazione – per altro scomposta – dei dipendenti, il comitato esecutivo e la dirigenza della Fondazione hanno posto in essere un piano d’aumenti salariali per la dipendenza che ha tutto il sapore della “contabilità creativa”, chi ha memoria della finanza tremontiana può ben immaginare le briciole che andranno effettivamente a finire nella busta paga degli interessati dal provvedimento.
In breve “ci pisciano in testa e ci dicono che piove” come ebbe a dire in una delle sue migliori uscite il Travaglio in piena contestazione della “casta”.
Ricordatevene nel momento in cui andrete dal vostro commercialista o CAF di fiducia, ammesso che siate ancora qualcuno dei fortunati (ed onesti) che ha qualcosa da denunciare al fisco…
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