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Un anno di pandemia e 86.000 morti: la strage che non ha insegnato nulla

Dopo un anno di pandemia, una cosa mi appare oltremodo chiara: molti tra gli 86.000 esseri umani che hanno perso la vita, fino ad oggi, nel nostro paese potevano essere curati e sopravvivere.

Con il plasma, con gli anticorpi monoclonali, con altri farmaci attualmente impiegati per contrastare gli effetti della malattia indotta da SARS-CoV-2 e che rientrano principalmente in 4 categorie:

antivirali: impediscono al virus di replicarsi nelle cellule e sono efficaci nelle fasi precoci della malattia;

immunostimolanti: supportano l’azione del sistema immunitario contro il virus;

anti-coagulanti: riducono il rischio di eventi trombotici;

immunomodulanti con attività antinfiammatoria: per le forme di malattia con iper attivazione del sistema immunitario e sindrome da rilascio citochinico.

Ma tutti questi farmaci sono efficaci solo nella fase precoce della malattia.

E invece, a causa dello smantellamento della medicina territoriale e delle strutture sanitarie pubbliche perpetrati/e da tutti i governi nazionali e regionali nel corso dell’ultimo decennio, tantissine delle 86.000 persone colpite dal Covid sono morte in casa o attaccate ad un tubo dopo un ricovero tardivo.

Quelle erano cure costose? E le terapie intensive quanto costano? E la vita di ognuno di noi quanto vale davvero? Poco, anzi, nulla.

Il Recovery Plan (Piano Nazionale di “Ripresa e Resilienza”) approvato in Consiglio dei Ministri il 12 gennaio 2021 prevede che solo 5 dei 209 miliardi del Recovery fund potranno essere spesi per la “medicina territoriale”.

Ma non è dato sapere né a chi (quanto ai privati?), né quando saranno davvero disponibili questi fondi che, sebbene vengano ossessivamente indicati all’unisono dai grandi mezzi di comunicazione come “incondizionati” ed “a fondo perduto”, sono in realtà il grimaldello dell’Unione Europea per avviare una nuova stagione di austerity dopo la temporanea sospensione dei vincoli, resa necessaria dall’emergenza epidemiologica: le tanto invocate “riforme strutturali” basate su tagli alla spesa sociale e un nuovo round di privatizzazioni.

Intanto, l’unica certezza è che il livello del fabbisogno sanitario nazionale fissato per il triennio 2019-2021 è di 114.439 milioni di euro nel 2019 (successivamente rideterminato a 113.810 milioni), con successivi incrementi programmati pari a 2.000 milioni per il 2020 (quindi 116.439 milioni) e ulteriori 1.500 milioni per il 2021 (117.939 milioni).

E per l’emergenza epidemiologica (DEF 2020), il Governo ha incrementato il fabbisogno sanitario standard a 119.556 milioni nel 2020 cui si aggiungeranno, per l’appunto, i 1.500 milioni già previsti per il 2021. Tutto qui? Si, come se la pandemia non ci fosse mai stata.

Servirebbe un altro lockdown come a marzo 2020. “Sì. Un lockdown vero di tre o quattro settimane”, ha detto a Radio Popolare il professor Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute Speranza.

Un appello caduto nel vuoto: sia il ministro Speranza che il Comitato Tecnico Scientifico non lo hanno raccolto. Il motivo? La Confindustria, che ha usato il cavallo di troia Renzi per far cadere il governo Conte bis, non vuole il lockdown e spinge per un “governo di salvezza nazionale” . Ma “salvezza” di chi?

Il potere, quello reale, piega sempre il significato delle parole ai suoi fini: chi manovra dietro le quinte vuole solo “salvare” privilegi e profitti. Soprattutto, vuole gestire direttamente la questione del recovery plan mettendo a capo del nuovo governo un suo uomo di fiducia in grado di garantirgli un accesso immediato e senza ostacoli a tutte le risorse disponibili. E poco importa se moriranno altre migliaia di persone. Il capitale prima di tutto!

D’altronde, “loro”, i padroni, sono in guerra da sempre e con tutto il genere umano: chiunque non sia più “necessario allo sforzo produttivo” perché anziano, malato o obsoleto, può andarsene tranquillamente al creatore. E cosi sia.

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1 Commento


  • Alfredo Ciano

    Niente di nuovo sotto il Sole : il Vero Volto del Capitalismo…

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