La vicenda vaccini offre uno spaccato della società, non solo nostra ma del mondo, prona alle logiche di mercato. Dopo un anno di pandemia contiamo i morti a milioni; paese più, paese meno, nell’area capitalista i contagiati e i morti si moltiplicano grazie a cosiddette misure di prevenzione che, in ossequio al principio secondo cui la produzione viene prima della salute, non impediscono minimamente il proliferare del virus e dei contagi.
È in questo scenario che la vicenda dei vaccini straccia i veli e l’ipocrisia del modello di società che si vuole continuare a mantenere, nonostante l’evidenza dei fatti e dei risultati che produce. Non c’è alla base dei criteri adottati nella distribuzione dei vaccini quello di fare il massimo sforzo per garantire tutte e tutti dalla pandemia e di arrivare nel minor tempo possibile a sconfiggere il proliferare del contagio e quindi dei morti.
C’è invece l’interesse commerciale, la volontà, esplicita, di approfittare della pandemia per accumulare denaro e potere, di favorire una guerra commerciale senza esclusione di colpi per accaparrarsi le maggiori quantità possibili di vaccino, partecipando ad un’asta che inevitabilmente favorisce i paesi economicamente o politicamente più forti.
Nessuna disponibilità a rendere disponibili gratuitamente i vaccini per le popolazioni di quei paesi che politicamente e economicamente forti non sono e in cui il Covid-19 miete ugualmente vittime. Il brevetto è sacro, non si può derogare in alcun modo alle feroci leggi del mercato e della concorrenza, neanche quando a farne le spese è la salute della gente. “È il capitalismo bellezza!”, verrebbe da dire.
Ma i governi cosa ci stanno a fare? Non dovrebbero avere al primo posto della propria mission la tutela della salute dei propri cittadini? Non dovrebbero adoperarsi in ogni modo per assicurarla?
Non dovrebbero prendere ogni provvedimento necessario a garantirla? E allora perché in Italia il governo, anche attraverso tutte le proprie strutture, non ha ingaggiato per tempo una battaglia di civiltà e di garanzia pretendendo di avere le forniture di vaccini necessarie a un paese che ha già dato un tributo enorme alla pandemia?
Perché non ha assicurato per tempo una produzione pubblica dei vaccini? Perché non utilizza a tal fine tutte le armi che la Costituzione italiana mette a disposizione, tra cui ovviamente la nazionalizzazione delle imprese necessarie a garantire la sicurezza nazionale di fronte ad un evento drammatico come quello in corso?
Le risposte a queste domande dobbiamo pretenderle, anche se già sappiamo che non potranno essere convincenti. La litania dell’inviolabilità del mercato, della libertà di impresa tornerà a risuonare con parole altisonanti per coprire una semplice, inaccettabile verità: della salute della gente ci si occupa solo se questa nell’immediato mette in pericolo gli affari, la produzione, gli utili di impresa.
Già, perché i padroni e i capitalisti sono anche stupidi e non vedono più in là del loro naso e dei loro interessi immanenti, per cui niente programmazione, niente pianificazione, nulla che faccia capire che non si ha a cuore solo il proprio portafoglio ma il futuro dell’umanità. La vicenda vaccini sta assumendo i contorni di una battaglia di civiltà e di trasformazione sociale a cui USB vuole e deve partecipare.
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