“E se i partiti slittano, da vecchio uno si trova ad essere più rivoluzionario… nominalmente. Io ci ho un figlio… extraparlamentare. Non beve, gente seria, che non scazza. Ecco, se rimanesse lì… DP… quella roba lì… tra tre o quattro anni … partito di centro!… ssvvtt!… Capito lo scivolo? Bisognerebbe saltare sempre, come la lepre… E chi ce la fa? Perché vede, uno si mette qui, in una fatta… sarebbe la buca della lepre… Ecco, io sono qui, a sinistra. Quell’altro… lì… un’altra buca, più a destra. Giusto, è il suo posto, ci si trova bene. Dopo, i partiti… ssvvtt!… Tutti nella stessa buca. Un troiaio. Viva!”
Giorgio Gaber, dal monologo “I partiti” in “Libertà obbligatoria”, 1976.
Nel 1976 nasce il governo “di solidarietà nazionale” guidato da Giulio Andreotti, monocolore DC grazie all’astensione attiva di PCI, Psi, Psdi, Pri. Il Governo Andreotti III è il trentatreesimo governo della Repubblica Italiana ed il primo della VII legislatura e rimane in carica dal 30 luglio 1976 al 13 marzo 1978, per un totale di 591 giorni, ovvero 1 anno, 7 mesi e 13 giorni.
Con l’ingresso del più grande partito comunista di tutto l’occidente nell’area di governo, il quadro politico è definitivamente bloccato. Da lì parte la repressione violenta e la criminalizzazione di ogni residua forma di opposizione politica e sociale resa possibile dall’approvazione della famigerata “legge Reale”.
È la Legge 152 del 22 maggio 1975 recante “Disposizioni a tutela dell’ordine pubblico” che trasforma il conflitto sociale in un problema, per l’appunto, di “ordine pubblico”. Quella legge porta il nome del suo principale promotore, Oronzo Reale, ministro della giustizia del IV governo guidato da Aldo Moro, tra il novembre del 1974 e il febbraio del 1976.
Dopo le grandi lotte della seconda metà degli anni sessanta e della prima metà degli anni settanta, che tante conquiste sociali e politiche avevano prodotto, la borghesia ha sete di vendetta e sta per riprendersi tutto e con gli interessi.
La Legge Reale, approvata dal IV governo Moro, aveva sancito il diritto delle forze dell’ordine a utilizzare armi da fuoco “quando strettamente necessario”. Concetto talmente elastico al punto che, nel periodo della vigenza della legge, fino al giugno 1989, si contano ben 625 colpiti da arma da fuoco delle forze dell’ordine, di cui 254 uccisi e 371 gravemente feriti. Nel 90% dei casi le vittime non possedevano alcun arma: omicidi preventivi.
Dal macabro conteggio sono esclusi tutti i manifestanti feriti dai colpi delle forze dell’ordine che non si sono recati negli ospedali, onde evitare conseguenze penali. Si, perché l’altro cardine della legge Reale è il ricorso massiccio ed indiscriminato all’istituto della “custodia preventiva” (misura cautelare prevista in caso di pericolo di fuga, possibile reiterazione del reato o turbamento delle indagini) che viene estesa dalla Legge Reale anche in assenza di flagranza di reato.
La norma, in totale spregio dei principi fondamentali dello Stato di Diritto, consente un ricorso all’istituto della custodia cautelare praticamente senza più alcun limite. Ed è così che, durante i 591 giorni del terzo governo Andreotti, con l’avallo e la complicità organica del Partito Comunista Italiano guidato da Enrico Berlinguer, inizia la repressione feroce del più grande movimento di classe di tutto l’occidente.
Alla legge Reale si aggiungerà, nel 1977, un pacchetto di «leggi eccezionali» che inaspriscono ulteriormente il quadro repressivo. E così migliaia di militanti politici e semplici attivisti di movimento passeranno lunghi periodi di carcerazione preventiva (in molti casi per un numero considerevole di anni) privati del diritto di difesa, senza un processo e subendo, spesso, durante la detenzione, torture, abusi, violenze e deprivazioni di ogni genere con il fine ultimo di indurli alla delazione nei confronti dei propri compagni, alla dissociazione dalle proprie idee e percorsi politici quando non all’abiura ed al “pentimento” come in una qualsiasi inquisizione del basso medioevo.
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