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Ma il ritorno a scuola è proprio sicuro?

Dal 7 aprile le scuole dell’infanzia, primarie e in parte le secondarie inferiori (se solo le prime o tutte le classi dipende dal grottesco gioco dei colori delle regioni) torneranno in aula. Lo strombazzamento dei giornali di regime è, in proposito, imbarazzante, poiché si tenta di far credere che solo le scuole riapriranno mentre le altre attività resteranno ferme.

Tutto ciò a dispetto dell’evidenza che tutte le attività industriali e manifatturiere, anche in zona rossa, lavorano a pieno ritmo (con i conseguenti contagi) e gli unici luoghi sinora chiusi sono la scuola, i teatri e cinema (che resteranno chiusi). Tuttavia, il ritorno alla scuola in presenza sarebbe una buona notizia, se si potesse essere certi della sicurezza di tale rientro.

Il ministro Speranza ha dichiarato che il governo, avendo a disposizione un “tesoretto”, termine di difficile interpretazione, ha deciso di utilizzarlo per riaprire le scuole. Vediamo però la situazione concreta, al di là dei “tesoretti” di Speranza.

Siamo ormai a tredici mesi dall’inizio della pandemia, e ancora dobbiamo registrare da 400 a 500 decessi al giorno, i contagi quotidiani sono sempre oltre 20.000, le vaccinazioni vanno a rilento e solo lo 0,87% del personale scolastico risulta vaccinato.

Questa è la catastrofe prodotta da due governi, il Conte 2 e ora quello di Draghi. Mentre in un primo momento si parlava di tamponi rapidi al rientro e poi con cadenza settimanale per tutti gli alunni e gli insegnanti, oppure di test salivari per i più piccoli, già ora si ridimensiona il tutto abolendo l’effettuazione dei test “se non in alcuni casi e dove sarà possibile”. In pratica, io speriamo che me la cavo…

Tra l’altro, parlare di test salivari è stato un grande imbroglio, poiché gli stessi non sono stati ancora autorizzati dall’Agenzia Italiana del Farmaco, quindi al momento non si possono usare. La questione dei test e del tracciamento è decisiva, in quanto se è vero che il contagio sembra diffondersi poco nelle scuole tra bambini e ragazzi (ma la variante inglese potrebbe cambiare la situazione) è perché tali soggetti, anche se positivi, sono in gran parte asintomatici, quindi non rilevati in mancanza di screening adeguati.

Purtroppo, questa situazione ha portato al fatto che gli insegnanti si siano contagiati a un ritmo doppio del resto della popolazione. Si tratta quindi di un rischio elevato ed evidente, anche a fronte delle basse percentuali di vaccinazioni effettuate tra il personale scolastico.

Per contro, gli studenti delle superiori dovranno accontentarsi della didattica a distanza, magari al massimo con il 50% di presenza in classe, perché – dice Draghi – i trasporti non sono sicuri. Cosa vera e gravissima, ma anche perché, diciamo noi, non si è fatto e non si fa niente per diminuire il numero di studenti per classe e ampliare i luoghi della didattica.

Guardando a tale situazione forse tutto si fa più chiaro. Mandare a scuola i bambini e i ragazzi più piccoli non risponde, in realtà, alla volontà di riprendere una vera didattica in sicurezza, bensì a sollevare i genitori dalla custodia domestica e il governo dal dover dispensare onerosi contributi a loro dovuti per dover rimanere a casa con i propri bambini. I genitori devono andare a lavorare, essere “produttivi”, e i costi diminuire; questa è l’unica cosa che interessa al governo.

La stessa logica che viene applicata per i vaccini, con l’esito che dopo tre mesi gli ultraottantenni che hanno ricevuto il siero sono meno di un quarto del loro totale, perché molte regioni hanno privilegiato le categorie “produttive” .

In questo quadro, appaiono sospette anche le voci che circolano da qualche settimana su un possibile prolungamento dell’apertura delle scuola durante l’estate. Fatto salvo che, per come stanno andando le cose, non si è in grado di immaginare se la situazione epidemiologica lo consentirà, non si capisce come qualche genio del Ministero possa immaginare di prolungare oltre i limiti naturali un anno scolastico già cosi tormentato e devastante per studenti e insegnanti che arriveranno a giugno stremati.

Su tale questione, si può commentare che da anni ormai, da diverse parti politiche, soprattutto ma non solo di destra, è in atto una campagna contro gli insegnanti lazzaroni che avrebbero tre mesi di vacanze all’anno (cosa palesemente non vera) e che non vorrebbero lavorare durante l’estate. Sfruttare l’emergenza pandemica per ridurre drasticamente il periodo di riposo degli insegnanti può essere un calcolo che a qualcuno può venire in mente.

Tuttavia, vediamo cosa dice il ministro Bianchi su una possibile apertura estiva delle scuole. Il ministro ha dichiarato che l’apertura estiva delle scuole dovrebbe essere dedicata alla realizzazione di “laboratori” facoltativi. Di conseguenza, durante l’estate non si svolgerebbero recuperi didattici relativi alle materie curricolari, bensì attività molto più libere, non riferite alle discipline scolastiche. A

parte la generale fatiscenza delle scuole italiane, che le rende inadatte ad attività estive, ci chiediamo a quali laboratori pensi il ministro, dato che le dotazioni di attrezzature per fare musica, arte, teatro, falegnameria, cucina ecc. sono notoriamente carenti se non assenti in un elevato numero di scuole.

E gli insegnanti, negli ultimi anni, sono stati oppressi all’inverosimile con corsi di aggiornamento sulla valutazione, le competenze e gli aspetti “manageriali” della scuola, dimenticando completamente la formazione alle attività espressive, prima tra tutte il teatro, ormai reietto dalle scuole italiane.

Proprio per questo, la proposta di Bianchi appare destinata alla custodia estiva dei bambini e dei ragazzi piuttosto che al loro recupero scolastico o a un progetto educativo anche se più libero. È evidente che, per i genitori, può essere un problema la custodia dei figli nel periodo delle vacanze scolastiche, ma non è la scuola che deve essere deputata a risolverlo.

La scuola è un’istituzione educativa, non di custodia.

Purtroppo, se si propone invece che la scuola sia istituzione di custodia è a causa della politica di taglio della spesa pubblica che tutti i governi hanno seguito negli ultimi decenni. Tale politica ha fatto sparire ogni idea di servizio sociale che affiancasse la scuola, lasciandola sola ad affrontare una serie di problemi e di situazioni che non le competerebbero.

Lo sanno bene gli insegnanti costretti a improvvisarsi assistenti sociali, assistenti sanitari, accompagnatori di disabili, animatori ecc. Tuttavia, si tratta di una politica miope che chiede alla scuola di vicariare attività e competenze che non sono sue e che non può adempiere con efficacia. L’invenzione dei “laboratori” estivi sembra l’ultima in tal senso.

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