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43 anni fa a Cinisi la mafia assassinava il comunista Peppino Impastato

La famiglia di Peppino Impastato era una famiglia mafiosa: il padre Luigi e lo zio e altri parenti erano mafiosi e il cognato del padre era il capomafia Cesare Manzella, ucciso con un’autobomba nel 1963.

Ma il giovane comunista Peppino, in rottura con il padre, nel 1965 fondava il giornale “L’Idea Socialista” e aderiva al Psiup.

Nel 1968 è con i contadini nelle lotte contro gli espropri per la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Palermo, in territorio di Cinisi. Nel 1975 costituiva il gruppo “Musica e cultura”, che svolgerà attività culturali: cineforum, musica, teatro, dibattiti.

Il 1976 è l’anno della nascita di “Radio Aut”, una radio autofinanziata, con cui Peppino denunciava quotidianamente i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, e in primo luogo del capomafia Gaetano Badalamenti, che avevano un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell’aeroporto.

Il programma più seguito era “Onda pazza”, trasmissione satirica con cui sbeffeggiava mafiosi e politici.
– Nel 1978 si candidava nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali. Condannato a morte dalla mafia, venne assassinato nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978, nel corso della campagna elettorale, con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia. Gli elettori di Cinisi votarono il suo nome, riuscendo ad eleggerlo al Consiglio comunale.
Stampa, forze dell’ordine e magistratura parlarono di “atto terroristico” in cui l’attentatore sarebbe rimasto vittima e, dopo la scoperta di una lettera scritta molti mesi prima, addirittura, di suicidio.
Grazie all’attività del fratello Giovanni e della madre Felicia Bartolotta Impastato, che hanno rotto pubblicamente con la parentela mafiosa, dei compagni di militanza e del Centro siciliano di documentazione di Palermo, venne individuata la matrice mafiosa del delitto e sulla base della documentazione raccolta e delle denunce presentate è stata riaperta l’inchiesta giudiziaria.

Il 9 maggio del 1979 il Centro siciliano di documentazione organizza, con Democrazia Proletaria, la prima manifestazione nazionale contro la mafia della storia d’Italia, a cui parteciparono 2000 persone provenienti da tutto il Paese.
– Nel maggio del 1984 l’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni del Consigliere Istruttore Rocco Chinnici, che aveva avviato il lavoro del primo pool antimafia ed era stato assassinato nel luglio del 1983, emette una sentenza, firmata dal Consigliere Istruttore Antonino Caponnetto, in cui si riconosce la matrice mafiosa del delitto, attribuito però ad ignoti.

Il Centro Impastato pubblica nel 1986 la storia di vita della madre di Giuseppe Impastato, nel volume “La mafia in casa mia”, e il dossier ” Notissimi ignoti”, indicando come mandante del delitto il boss Gaetano Badalamenti, nel frattempo condannato a 45 anni di reclusione per traffico di droga dalla Corte di New York, nel processo alla “Pizza Connection”.
– La madre rivelava un episodio che sarà decisivo: il viaggio negli Stati Uniti del marito Luigi, dopo un incontro con Badalamenti in seguito alla diffusione di un volantino particolarmente duro di Peppino. Durante il viaggio Luigi dice a una parente: “Prima di uccidere Peppino devono uccidere me”: morirà nel settembre del 1977 in un incidente stradale.
– Nel gennaio 1988 il Tribunale di Palermo inviava una comunicazione giudiziaria a Badalamenti. Nel maggio del 1992 il Tribunale di Palermo decise l’archiviazione del “caso Impastato”, ribadendo la matrice mafiosa del delitto ma escludendo la possibilità di individuare i colpevoli e ipotizzando la possibile responsabilità dei mafiosi di Cinisi alleati dei “corleonesi”.

Nel maggio del 1994 il Centro Impastato presentava un’istanza per la riapertura dell’inchiesta, accompagnata da una petizione popolare, chiedendo che venisse interrogato sul delitto Impastato il nuovo collaboratore della giustizia Salvatore Palazzolo, affiliato alla mafia di Cinisi.

Nel marzo del 1996 la madre, il fratello e il Centro Impastato presentano un esposto in cui chiedevano di indagare su episodi non chiariti, riguardanti in particolare il comportamento dei carabinieri subito dopo il delitto. Nel giugno del 1996, in seguito alle dichiarazioni di Salvatore Palazzolo, che indicava in Badalamenti il mandante dell’omicidio assieme al suo vice Vito Palazzolo, l’inchiesta veniva formalmente riaperta.
– Nel novembre del 1997 veniva emesso un ordine di cattura per Badalamenti, incriminato come mandante del delitto.
Il 10 marzo 1999 si svolgeva l’udienza preliminare del processo contro Vito Palazzolo, mentre la posizione di Badalamenti veniva stralciata, mentre i familiari, il Centro Impastato, Rifondazione comunista, il Comune di Cinisi e l’Ordine dei giornalisti chiedevano di costituirsi parte civile e la loro richiesta è stata accolta.
– Il 23 novembre 1999 Gaetano Badalamenti rinunciava alla udienza preliminare chiedendo il giudizio immediato. Nell’udienza del 26 gennaio 2000 la difesa di Vito Palazzolo chiedeva che si procedesse con il rito abbreviato, mentre il processo contro Gaetano Badalamenti si svolgerà con il rito normale e in video-conferenza.
– Il 4 maggio, nel procedimento contro Palazzolo, e il 21 settembre, nel processo contro Badalamenti, venivano respinte le richieste di costituzione di parte civile del Centro Impastato, di Rifondazione comunista e dell’Ordine dei giornalisti.
– Nel 1998 la Commissione parlamentare antimafia costituiva un Comitato sul caso Impastato e il 6 dicembre 2000 veniva approvata una relazione sulle responsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini.
– Il 5 marzo 2001 la Corte d’assise riconosceva Vito Palazzolo colpevole condannandolo a 30 anni di reclusione.
L’11 aprile 2002, finalmente, Gaetano Badalamenti veniva condannato all’ergastolo. Badalamenti e Palazzolo sono successivamente deceduti.
– Due anni dopo la condanna degli assassini di Peppino, moriva mamma Felicia. Aveva lottato, senza tregua, per la verità. Per rendere giustizia a quel figlio ammazzato dalla mafia. Per denunciare il depistaggio messo in atto da parte di chi rappresentava lo Stato.
“CCA!”, per Peppino
CCA!
Cca vogghiu ristari…
unni lu mari spacca li scogghi
unni la lava abbrucia lu ferru
unni l’erva rumpi la pici
unni lu Cristu è ancora ‘ncruci.
Cca vogghiu ristari…
comu a Cristu, ‘ncruci,
ma cca!
(Orazio Vasta, 9 maggio 1995)”.

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