In questi anni Milano è stata raccontata come città vetrina, internazionale e competitiva, l’unica che in Italia riesce ad essere “vicina all’Europa”.
Come Potere al Popolo pensiamo che questa rappresentazione, ormai dilagante non solo nella comunicazione istituzionale ma anche nella narrazione mediatica e giornalistica nazionale, è falsata e funzionale a riprodurre un modello di città che da un lato accentra le ricchezze nelle mani della speculazione privata finanziaria, dall’altro crea lavoro povero e precario lasciando la maggioranza impoverita, sempre più priva di servizi pubblici accessibili, il territorio devastato e l’aria irrespirabile.
Questa precarietà riguarda tanto il lavoro sfruttato del terziario e dei servizi quanto le professioni intellettuali, in cui è diffuso il fenomeno delle false partite IVA o comunque del sotto inquadramento, sempre al fine di comprimere il costo del lavoro.
È certamente vero che Milano è la città che più di tutte in Italia cerca di rimanere agganciata all’asse produttivo e commerciale franco – tedesco, attraendo capitali e imprese e costituendo un punto di riferimento nei rapporti commerciali che legano sempre più il sistema produttivo del nostro paese a quello della Germania.
Ma in questa interconnessione il rapporto rimane comunque di sudditanza e subalternità alla Germania, rispetto alla quale Milano rimane sempre dietro in termini di crescita e produttività.
D’altro canto, questa “vicinanza all’Europa”, che farebbe di Milano un polo forte e competitivo, non sottrae in realtà la città dall’essere centro di attuazione di quelle politiche di austerità che, con l’inserimento del principio del pareggio di bilancio in costituzione e l’entrata in vigore del Fiscal Compact, hanno determinato una stretta sul bilancio dello stato e degli enti locali.
La conseguenza di tutto questo sono stati tagli ai servizi pubblici, privatizzazioni ed esternalizzazioni degli stessi servizi, non meno che nelle altre aree metropolitane del paese.
Questo avviene soprattutto tramite il sistema di appalti e subappalti al ribasso tra cooperative che di mutualistico non hanno più nulla e che servono solo a schiacciare al minimo il costo del lavoro, oltre che tramite il ricorso all’associazionismo del terzo settore.
Tutto questo non fa altro che produrre servizi scadenti da un lato e lavoro precario dall’altro, andando ad acuire disuguaglianze, esclusione e marginalizzazione delle fasce più deboli sempre più impoverite.
Le contraddizioni di questo sistema sono esplose durante la pandemia, che ha dimostrato tutti i limiti di un modello che ha tagliato sempre più il welfare, appoggiandosi per lo più sull’associazionismo del terzo settore e che presenta settori enormi di lavoro povero e precario.
Le stesse logiche di taglio del servizio e aumento dei costi sulla pelle degli utenti si ritrovano nella gestione del trasporto pubblico di Atm, un baraccone che viene descritto come fiore all’occhiello del trasporto ma che solo nell’ultimo anno è stato al centro di scandali per appalti truccati e tangenti, morti sul lavoro nei cantieri della M4, nonché vari crolli sempre nei cantieri della metropolitana.
Per finire, Sala sta portando avanti l’operazione di privatizzazione di Atm che passerà nelle mani del consorzio di imprese Milano Next, dando così la possibilità ai colossi delle telecomunicazioni, dell’energia e della pubblicità di speculare ulteriormente sul servizio pubblico.
L’altra faccia del “modello Milano”, tutto piegato agli interessi della speculazione privata è rappresentata dalle politiche urbanistiche, di cui è emblematico l’ultimo piano di governo del territorio, che di fatto certifica la rinuncia dell’amministrazione ad indirizzare lo sviluppo della città in funzione degli interessi della collettività, lasciando invece mano libera alla speculazione dei privati, in perfetta continuità con i PGT precedenti.
In relazione alla situazione abitativa, a fronte di una vera e propria emergenza, visto anche che gli affitti a Milano sono tra i più alti d’Europa, il Comune tramite MM lascia sfitti 3400 alloggi popolari e 700 inagibili; numeri che da soli potrebbero portare ad una parziale risoluzione dell’emergenza.
Invece nel PGT non si prevede alcun piano per l’edilizia pubblica, ma si parla solo di social housing ed edilizia agevolata di carattere privato, che non ha prezzi accessibili alle fasce più povere della popolazione e porta ulteriore cementificazione.
Nel frattempo, gli sgomberi non si sono del tutto fermati neanche in tempo di Covid19. Anche gli studenti e i lavoratori, più o meno giovani, che vengono a Milano a lavorare, devono sostenere costi di vita altissimi, il più delle volte non in linea con il reddito percepito.
Anche su questo fronte la retorica è tanta: si sente parlare della “generazione dei coinquilini” come se fosse una scelta di vita alla moda, quando il più delle volte è una costrizione data dalle condizioni economiche.
Anche sul fronte del consumo di suolo e della tutela dell’ambiente, per quanto questa amministrazione si sia sempre dichiarata attenta alle tematiche ambientali, non si va al di là delle sterili dichiarazioni di principio e della propaganda: l’indice di edificabilità non è stato modificato e anzi può essere superato negli ambiti cosiddetti di rigenerazione, dove la speculazione immobiliare può fare gli affari migliori; progetti edilizi, come quello del nuovo Stadio o quello degli scali ferroviari, che porteranno un’ondata di cementificazione senza precedenti e su cui sono pronti a speculare i soliti giganti dell’immobiliare.
La scusa per cementificare è spesso anche quella dei “grandi eventi”, come Expo e le Olimpiadi, che rappresentano ormai un meccanismo rodato per far affluire grandi capitali, sia pubblici che privati, a solo vantaggio degli investitori privati e senza lasciare alla collettività infrastrutture, ma solo ecomostri e colate di cemento, spesso in spregio alle normative in materia di verde, che sono ormai lettera morta, come dimostrano i numerosi ricorsi pendenti da parte di comitati di cittadini.
Non ci si può stupire allora, se in questa situazione i livelli di inquinamento dell’aria a Milano sono stabilmente oltre i limiti di legge.
D’altra parte, il modello di sviluppo basato sui grandi eventi produce sacche enormi di lavoro precario e sottopagato – se non proprio gratuito, come dimostrano i 18.000 volontari di Expo – che si potrebbe invece assorbire con un serio piano di investimenti e assunzioni nel pubblico.
Infine, non si può che ricordare che i giganteschi flussi di denaro che caratterizzano queste manifestazioni, invece che produrre infrastrutture per il territorio e lavoro di qualità, vanno ad alimentare i circuiti della criminalità organizzata e in particolare della ‘ndrangheta, che a Milano controlla buona parte della filiera del cemento, come hanno dimostrato da ultimo, anche le numerose inchieste che hanno interessato gli appalti di Expo.
Come Assemblea di Potere al Popolo in questi anni abbiamo cercato più volte di denunciare e portare all’attenzione questa situazione di degrado e disprezzo degli interessi della collettività da parte dell’attuale giunta comunale. Lo abbiamo fatto con azioni di mobilitazione collettiva, presidi e assemblee, oltre che con documenti di analisi e proposta politica:
https://poterealpopolo.org/milano-le-lunghe-mani-smart-sulla-citta/ https://poterealpopolo.org/modello-milano-costruzione-fake-green-di-citta-escludente-a-misura-di-ricchi/).
E abbiamo sempre sostenuto che questa giunta si muova in continuità con le precedenti amministrazioni e che a dispetto della nomea progressista è totalmente asservita agli interessi speculativi privati, in ossequio ai peggiori diktat neoliberisti dell’Unione Europea, e non ha neanche provato a invertire la rotta verso un modello di sviluppo più equo e sostenibile.
Tutte queste contraddizioni sono esplose con la pandemia, che ha dimostrato ancora di più quanto manchino in questa città servizi pubblici adeguati, welfare e lavoro stabile e di qualità, che sappia dare continuità di reddito e non lasci le famiglie sul lastrico da un giorno all’altro.
Come Potere al Popolo, pensiamo che questo modello vada rovesciato completamente e non semplicemente aggiustato, rompendo ogni compatibilità dalle fondamenta con un sistema che è vecchio e marcio, a dispetto della propaganda con cui i media lo abbelliscono quotidianamente.
Per questo abbiamo deciso che saremo presenti alle prossime elezioni amministrative. Ci candideremo con l’obiettivo di costruire un modello di città radicalmente diverso dall’esistente, per costruire un’alternativa al modello di sviluppo escludente e iniquo che il modello Milano rappresenta.
Ci candideremo in maniera autonoma, mettendo al centro la parola d’ordine “Milano città pubblica“, con l’obiettivo di costruire uno strumento di rappresentanza delle classi subalterne di questa città. Riteniamo a questo scopo che l’unica strada sia l’autonomia dal centrosinistra di Sala e la rottura di qualsiasi ambiguità nel rapporto con esso.
La nostra candidatura non può che partire da queste proposte minime:
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Reinternalizzazione di tutti i servizi, piano di assunzioni nel pubblico, in particolare nei servizi socio-assistenziali ed educativi, cultura, politiche abitative, mobilità, ambiente, per migliorare i servizi e creare lavoro stabile e di qualità, andando ad assorbire le sacche di lavorio precario e mal pagato tipico di un modello di sviluppo basato sui “grandi eventi”.
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Potenziamento del servizio ordinario del TPL, non solo su linee convergenti verso il centro ma anche tra aree periferiche. Reinternalizzazione di tutto il personale in appalto. Stop alla privatizzazione dell’ATM sotto la forma del progetto MilanoNext.
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Piano di investimento pubblico per il diritto all’abitare e per fronteggiare l’emergenza abitativa: ristrutturazione e assegnazione immediata delle 3.400 case popolari vuote e sfitte e dei 700 alloggi inagibili di MM, piano di recupero del patrimonio immobiliare pubblico e privato da destinare esclusivamente a case popolari e servizi pubblici o infrastrutture verdi.
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Messa in sicurezza del territorio e delle infrastrutture esistenti e rafforzamento delle infrastrutture verdi per favorire l’ossigenazione dell’aria. Mettere fine ai progetti di cementificazione in corso, cominciare un processo di decementificazione delle aree dismesse.
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Stop al modello dei grandi eventi che arricchiscono solo la speculazione immobiliare e finanziaria creando lavoro precario, sfruttato o addirittura non pagato e non lasciando infrastrutture utili alla collettività.
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