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Il sistema è marcio non qualche mela

Il massacro a Santa Maria Capua Vetere è diventato un pubblico orrore perché è stato filmato e diffuso sui mass media. Senza quelle immagini oggi i torturatori in divisa sarebbero ancora liberi e pronti alle prossime imprese; e con il consenso di tutto il palazzo respingerebbero sdegnosamente ogni accusa.

Invece abbiamo visto l’orrore della rinnovata macelleria messicana della Diaz, e abbiamo tutti capito che nulla in esso era “spontaneo”, ma tutto scrupolosamente organizzato.

Abbiamo visto il solerte aguzzino con manganello ed emetto adempiere al “dovere suo” passando quasi con noncuranza il manganello sul corpo di un uomo in carrozzella.

Abbiamo visto ciò che è stato fatto nel carcere in Campania e non quanto è avvenuto a Modena e in altre prigioni, dove 13 detenuti sono morti durante le proteste. Tutti, secondo la versione ufficiale accettata anche dalla magistratura, per “cause naturali” o “overdose”. Come ci si può credere, onestamente?

Quanto è avvenuto a Santa Maria Capua Vetere non è una “deviazione” del sistema, ma il sistema.

Un sistema che ha fatto della brutalità poliziesca una sua componente strutturale, che poco a poco è diventata normalità. E ovunque questa normalità è stata coperta e, quando emergeva nella sua mostruosità, ridotta a caso isolato, alle “mele marce” in un sistema sano; quando la realtà è l’esatto opposto.

Salvini e Meloni solidarizzano con i torturatori, ma così loro confermano solo il proprio fascismo di fondo, per altro in sintonia con quanto sta dilagando nelle varie forze di polizia. La realtà è che la copertura alla brutalità poliziesca è molto più vasta e diffusa.

Come poteva il ministro della giustizia Bonafede non sapere? E il ministro degli interni Lamorgese, con tutti i suoi strumenti investigativi, e il Presidente del Consiglio Conte formalmente a capo dei servizi, e gli altri ministri e alleati di governo…

Nessuno sapeva nessuno chiedeva? E Draghi ed i suoi migliori anch’essi all’oscuro di tutto? O tutti complici e colpevoli, o tutti clamorosamente inetti.

Tutta la classe politica è responsabile politicamente e moralmente del dilagare della violenza di Stato e della brutalità poliziesca. E non a caso gran parte di essa governa assieme, chi solidarizza con i picchiatori in divisa e chi ipocritamente ora si indigna.

La violenza di Stato nelle carceri è parte di un degrado complessivo della democrazia, per questo è giunto il momento di mettere sotto accusa non solo gli squadristi con le stellette, ma tutta la catena delle protezioni, delle complicità, delle viltà istituzionali e politiche.

Altrimenti la prossima volta fermeranno le videocamere.

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