Nel Recovery Plan non c’è futuro per le nuove generazioni
Prepariamo la piattaforma della #NextGenerationInLotta
SABATO 10 LUGLIO – H.10 BOLOGNA Assemblea nazionale
Sono i giovani lo strumento per abbassare ulteriormente il livello dei diritti sul lavoro e dei diritti sociali nel Paese. L’attacco forsennato condotto dagli imprenditori al reddito di cittadinanza che starebbe riducendo la disponibilità a lavorare di migliaia di giovani, dimostra che l’obiettivo è quello di abbassare salari e tutele per tutti.
Proprio dove il lavoro costa meno e dove è più diffuso il lavoro nero e grigio, dalla ristorazione al commercio, dal settore turistico all’agricoltura fino al mondo dello sport e dello spettacolo, si impone la logica dello sfruttamento selvaggio, del lavoro pagato pochi euro l’ora e senza garanzie.
La pandemia ha rappresentato l’occasione per un nuovo attacco ai diritti. Invece di cogliere il dato eclatante di una diffusa condizione di assenza di tutele per milioni di lavoratori, scopertisi totalmente indifesi di fronte alla chiusura delle attività, e correre ai ripari introducendo nuove garanzie, oggi il governo Draghi si muove in direzione esattamente contraria.
Il futuro per chi si affaccia al mondo del lavoro si sta facendo più cupo. Non solo si prepara un allargamento della disoccupazione ma ciò viene utilizzato per imporre condizioni di maggior sfruttamento.
Diventa sempre più normale lavorare con una minima copertura contrattuale, sufficiente ad eludere gli scarsi controlli. Senza alcuna considerazione delle ore di straordinario, del lavoro di notte, dei riposi, della malattia, della maternità.
Quando si dispone di un contratto allora si lavora per lo più in appalto, in modo che i diritti restino perennemente sospesi e la condizione di lavoro sia di precarietà cronica. Il lavoro torna indietro di almeno un secolo.
Se per un lavoratore di mezza età esiste ancora uno spettro di soluzioni diverse, per i giovani questa è la normalità. Una lunga fase della propria vita si è destinati a passarla in condizioni di assenza di diritti, mettendo assieme più lavori per comporre una parvenza di salario mensile.
La parte più grande del reddito se la mangia poi il costo dell’abitazione, sia esso un affitto o un mutuo, senza alcuna proporzione tra salario e prezzo di dove si vive. E questo non solo rende più complicato andar via di casa ma aggiunge precarietà di vita alla precarietà del lavoro.
Dopo almeno due decenni di blocco del turnover nella Pubblica Amministrazione, che ha causato una voragine negli organici dei servizi pubblici, sembrava ripartire una stagione di assunzioni, con il molteplice effetto di ridurre la disoccupazione, creare lavoro stabile e di qualità e rilanciare i servizi.
Invece ora il ministro Brunetta propone una logica di classe nella selezione del personale, introducendo meccanismi di valutazione dei titoli che sono destinati a tagliar fuori la gran parte di chi non può permettersi lunghi anni di studi.
Invitiamo i/le giovani/e attivisti/e e lavoratrici e lavoratori a ragionare insieme su una piattaforma comune e strumenti di lotta per conquistare diritti, salario e futuro!
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