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Il 24 settembre in piazza per la giustizia climatica e sociale

Il governo si prepara a risolvere con i nostri soldi i problemi creati dalle multinazionali dell’energia che, invece, continuano a fare profitti sfruttando la crisi economica ed ecologica in cui siamo immersi.

Nell’arco di una settimana, in rapida sequenza Cingolani dichiara “Lo scorso trimestre la bolletta elettrica è aumentata del 20%, il prossimo trimestre aumenta del 40%” mentre Giorgetti rincara “sarà un problema del domani, perché penso che la transizione ambientale ed energetica avrà un costo. Vogliamo un mondo più pulito, ed è giusto che sia così, poi però qualcuno dovrà pagarne i costi” e Draghi conclude “Dobbiamo considerare che una transizione ecologica così grande e rapida comporta anche costi economici e sociali immensi”. Insomma, come previsto il Green New Deal europeo non è passato senza conseguenze.

Il Ministro della Transizione Ecologica inquadra la questione: “Succede perché il prezzo del gas a livello internazionale aumenta, succede perché aumenta anche il prezzo della CO2 prodotta”.

In particolare, fa riferimento a due fenomeni: l’aumento del prezzo delle materie prime (seguito alla ripresa post-pandemica delle attività economiche) e l’aumento del prezzo per tonnellata di CO2 emessa, regolato dall’asta europea di compravendita di quote di carbonio – ETS (Emission Trading Scheme).

Insomma, la governance nazionale ed europea legittima il fatto che le aziende produttrici di energia invece di pagare di tasca propria il disastro di cui sono responsabili alzino i prezzi a chi acquista l’elettricità: questo succede usando la logica per cui ogni misura dev’essere economicamente “sostenibile” per le aziende coinvolte, anzi la transizione non può prescindere dell’ulteriore profitto dei fornitori energetici. Per questo secondo il governo è inevitabile che le conseguenze della necessità di decarbonizzare l’economia ricadano sulla popolazione.

Il futuro che ci prospettano, prima di essere invivibile dal punto di vista climatico, rischia di gettare ancora di più nel baratro dell’incertezza una generazione (la nostra) che è cresciuta in una crisi senza fine.

Sono quindi le scelte politiche che stabiliscono delle priorità per questa transizione: queste manovre non sono obbligate (come ci raccontano i “tecnici”), ma hanno un’alternativa in un sistema in cui le priorità sono invertite.

In un certo senso, lo stesso Giorgetti lo ammette dicendo: “C’è poi il tema su che energia produrre, quanta produrne e come consumarla, che riguarda le grandi scelte che abbiamo assunto in Europa. Dobbiamo essere coscienti che tali tipo di scelte hanno un costo e decidere come distribuirlo. Come si produce energia non è una questione banale”.

È chiaro che le loro priorità le hanno stabilite, e le scelte sono state prese. Da parte nostra non staremo a guardare, soprattutto nel momento in cui oltre a farci pagare una transizione che andrà tutta a svantaggio delle fasce popolari cercano anche di illuderci che i ritorni al passato o i salti nel vuoto possano giovare in qualche modo. È il caso dei continui ammiccamenti al ritorno del nucleare: dopo le dichiarazioni di Cingolani che abbiamo più volte contestato è il turno di Giorgetti, secondo cui “Paradossalmente la disgrazia dell’aumento delle bollette ci consente di aprire gli occhi e vedere che la transazione ambientale ha un prezzo. Sulla bolletta confluiscono tutta una scelta di politiche economiche ed energetiche, per esempio anche quella di non possedere il nucleare per l’approvvigionamento di energia”. Tradotto: colpa nostra che abbiamo votato per l’abolizione del nucleare.

Senza entrare nuovamente nel merito della polemica in sé ci limitiamo a far notare che tra le soluzioni proposte dal governo per “ammortizzare” la stangata che arriverà in bolletta c’è quella di “fiscalizzare” (togliere dalla bolletta e trasferire allo Stato) quelle voci che risultano come “oneri aggiuntivi” e tra cui figurano, tra tutti, proprio i costi per lo smantellamento delle centrali nucleari esauste! In pratica a distanza di trent’anni dal primo No stiamo ancora pagando cara (1,796 miliardi di euro solo dal 2012 al 2016) la scelta del nucleare, ma la classe dirigente tenta ancora una volta di colpevolizzare una popolazione che non si è voluta affidare alla fissione per produrre energia.

“Siamo determinati a proteggere specialmente i più deboli dai costi sociali che, come abbiamo visto ora con l’aumento delle bollette, potrebbero essere veramente significativi” dice Draghi, ma abbiamo visto chi è il bersaglio di queste politiche, e i giovani che dovranno fare i conti con le loro scelte sono al centro del mirino.

Alla minaccia diretta al nostro futuro risponderemo organizzandoci a prescindere dai contentini che metteranno in campo nel tentativo di mantenere la pace sociale.

L’esperienza francese del forte movimento dei gilet gialli è nata proprio contro l’aumento del prezzo della benzina per disincentivare l’uso delle auto ossia contro un’operazione atta a far pagare la transizione ecologica alle fasce deboli della popolazione.

Noi, qui, sappiamo che dobbiamo organizzarci contro una falsa transizione ecologica che ha come unico obiettivo lo sfruttamento di questa crisi economica per aumentare i profitti delle grandi aziende private che speculano sulle spalle dalla maggior parte della popolazione, senza fornire alcuna reale soluzione alla crisi ecologica.

È con queste parole d’ordine che saremo nelle piazze venerdì 24 settembre durante la giornata di sciopero globale per il clima. Sappiamo bene che al governo Draghi non dobbiamo chiedere niente perché sono loro i principali responsabili della falsa transizione ecologica che dobbiamo combattere, organizzando la nostra forza.

I Gilet Gialli ce lo hanno insegnato: la transizione ecologica non la pagheremo noi!

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