Intervista a Bianca Tedone candidata sindaco a Milano per Potere al Popolo.
Ormai siamo alla batture conclusive della campagna per le elezioni comunali anche a Milano. Che bilancio fai e fate della campagna elettorale di Potere al Popolo?
Estremamente positivo: candidarci in una grande città come Milano e soprattutto riuscire a far emergere nella campagna politico-elettorale una visione radicalmente alternativa di città, non era per niente scontato.
Non è infatti un elemento secondario che Milano sia narrata a reti unificate come la “locomotiva del paese”, come città “smart” e all’avanguardia, efficiente e favorevole agli affari ma attenta ai diritti civili, e così via…
Una falsità puramente ideologica portata avanti da tutta la classe dirigente, imprenditoriale e politica nazionale, dai media ad ogni livello, e costruita negli anni dalle giunte del centro-destra e poi da Pisapia e dal sindaco-manager Beppe Sala.
Abbiamo verificato però, in questa battaglia per la “Milano città pubblica”, quanto questa narrazione si stia sgretolando, facendo emergere la realtà di una città unica nel paese per il livello delle diseguaglianze, dove le istituzioni e la politica cittadina sono piegate alle esigenze dei profitti privati: insomma, quella che abbiamo definito la città “parco giochi per ricchi”, che nel migliore dei casi schiaccia ed espelle chi ci lavora e la abita.
L’abbiamo sentito e visto con le persone e con le realtà cittadine che abbiamo incontrato nei mercati rionali, nei dibattiti, nelle iniziative pubbliche, nel riscontro positivo alle denunce e alle proposte che abbiamo fatto.
Con quali settori sociali è stata più facile e con quali più difficile l’interlocuzione sulla proposta di Città Pubblica?
Abbiamo avuto riscontri positivi anche inaspettati: non solo nei quartieri popolari dove siamo più radicati (soprattutto nella zona sud-est nei Municipi 3 e 4), come potevamo aspettarci, ma anche in altre zone popolari come il Giambellino, via Padova e Gratosoglio; fra i giovani, specialmente impegnati nel “lavoro mentale” e qualificato, come il settore della comunicazione, dell’architettura e così via.
Insomma, una platea a cui era stata spacciata una città dalle mille opportunità, ma che appena arrivata la pandemia è stata scaricata e ricattata. Per fare un esempio clamoroso: lo studio di archistar pluripremiati che costringe i propri giovani “collaboratori a P.IVA” a versare allo studio i 600€ dei ristori del governo…
Sulle interlocuzioni difficili, oltre a quelle scontate, direi specialmente con quello strato di “intellettualità” che quando non supporta apertamente Sala e il PD, esprime posizioni tutte legate a una certa etichetta “di sinistra” fatta di elemosine ai poveri e panchine arcobaleno, di proclami antirazzisti e ammirazione per i vari “boschi verticali-ecologici”.
Nella tua città che significato ha mettere in campo la visione alternativa di una Città Pubblica? Con quali interessi materiali entra in aperto conflitto?
Milano è la città di Assolombarda, della borsa-valori, degli “headquarters” delle grandi banche e gruppi nazionali e multinazionali, dei grattacieli e dell’EXPO.
Insomma una città che ha subìto lo smantellamento, l’esternalizzazione e l’asservimento totale del pubblico agli interessi e ai profitti privati.
È chiaro che la “Città Pubblica” non può che smascherare le contraddizioni di tutto questo.
Abbiamo registrato le consuete lamentele sul fatto che non si è fatta una lista “unica” della sinistra per le elezioni comunali. Perché non è stato possibile?
Potere al popolo! nasce dalla consapevolezza della necessità di “fare tutto al contrario” e di rimettersi su un piano di “corpo a corpo” con le classi popolari per proporsi come alternativa credibile al modello oggi dominante. Abbiamo constatato che anche in occasione di queste elezioni amministrative si è parlato di unità solamente in funzione della presenza nelle istituzioni, anche a costo di circostanziare l’opposizione al modello sul quale è la città costruita.
Finite le elezioni arriva uno sciopero generale, quello dell’11 ottobre. Come hanno interagito nella vostra azione politica queste due scadenze?
È evidente che il “modello Milano” al quale ci opponiamo si è potuto costruire grazie a un attacco generalizzato ai lavoratori e alle condizioni di vita della popolazione. Questo attacco prosegue oggi con il “governo dei migliori” di Draghi attorno a cui si stringono tutte le forze politiche, e che ha visto nello sblocco dei licenziamenti una delle sue più feroci manifestazioni.
Non abbiamo esitato quindi a uscire dal dibattito puramente elettorale in questi mesi per portare la nostra solidarietà per esempio ai lavoratori della Giannetti Ruote, i primi colpiti dai licenziamenti di massa via email. Allo stesso modo abbiamo cercato di interagire con tutte quelle realtà sociali e sindacali che hanno sollecitato una presa di posizione da parte delle forze politiche in campo.
Lavorare alla riuscita dello sciopero generale dell’11 ottobre va nella direzione della costruzione di una alternativa politica come quella che abbiamo voluto rappresentare anche a Milano in queste amministrative.
A tuo avviso che cosa lascia questa esperienza elettorale sul piano della sedimentazione sociale di Potere al Popolo sul vostro territorio?
Aver declinato il passaggio elettorale come generale campagna politica aveva per noi la funzione anche di arrivare a interloquire con più ampi settori sociali e andare oltre l’attività che normalmente siamo in grado di mettere in campo. Segnali in questo senso ne abbiamo avuti diversi, grazie ai numerosi contatti spontanei che abbiamo avuto da parte di associazioni, singoli cittadini, gruppi di lavoratori.
Il compito che si apre passati il 3 e 4 ottobre è quello di raccogliere quello che abbiamo coltivato e utilizzarlo per approfondire ulteriormente il nostro radicamento in città.
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